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sabato 31 marzo 2012

Il lucernario

Visto che oggi è sabato, facciamo un break con gli scrittori latino-americani e andiamocene a teatro, parlando di un'opera che merita senz'altro una citazione in questo blog, "El tragaluz" ("il lucernario") di Antonio Buero Vallejo.
Da un lontano futuro, due investigatori, viaggiando nel tempo, tornano al XX secolo per studiare le sofferenze di una famiglia vissuta durante la guerra civile spagnola (l'autore partecipò alla guerra civile dalla parte dei repubblicani).
Al di là delle tragedie che questa famiglia  affronta in quegli anni, l'elemento centrale e più drammatico è la separazione del figlio maggiore dal resto dei componenti: quasi alla fine del conflitto, infatti, Vicente riesce a salire sul treno e a fuggire.
Da quel momento, il suo cammino si separerà da quello del resto della sua famiglia: Vicente riuscirà a raggiungere un certo benessere e ad integrarsi nella società, mentre il fratello Mario vivrà, insieme al padre divenuto pazzo e alla madre ormai rassegnata, in condizioni di povertà.
Già, non a caso, si dice "prendere il treno" per significare il "saper cogliere le occasioni che ci si presentano" (anche se, al giorno d'oggi, bisognerebbe come minimo prendere l'aereo) e Vicente rappresenta l'azione, il "sapersi rimboccare le maniche" quando ci sono delle difficoltà, mentre Mario rappresenta la "contemplazione", il non volersi integrare in una società che si disprezza (siamo negli anni della dittatura di Franco).
Certo, è Mario ad attirare le simpatie del pubblico, tuttavia lo scopo dell'opera non è esprimere un giudizio ed individuare buoni o cattivi: l'obiettivo del viaggio nel tempo è quello di analizzare il passato per superarlo e liberarci delle sue ossessioni (in questo caso, "il giorno in cui Vicente salì sul treno...").


giovedì 29 marzo 2012

Cent'anni di solitudine

Della generazione del '98,  merita una menzione anche Juan Ramón Jiménez, premio Nobel per la letteratura nel 1956. Come avevo anticipato, questo però  è il periodo d'oro per la letteratura latino-americana e tra le tante opere mi sento di segnalare la raccolta di poesie "Libertad bajo palabra"  ("Libertà sotto parola") di Octavio Paz e, soprattutto, "Cien años de soledad", il romanzo di un altro premio Nobel per la letteratura, Gabriel García Márquez.
Nel fantastico villaggio di Macondo, si snodano le vicende della famiglia Buendía , in un viaggio di 7 generazioni  per arrivare alla conclusione finale che la solitudine è il destino di ogni uomo e che ogni tentativo di evoluzione è destinato al fracasso. Tra i mitici personaggi di questa saga, restano sicuramente impressi il colonnello Aureliano Buendía, che prese parte a 32 tentativi di insurrezione, tutti falliti, e scampò a qualcosa come 4 attentati, 73 imboscate, un plotone d'esecuzione e un tentativo di suicidio, nonchè Remedios la bella che, essendo troppo bella per questo mondo, un bel giorno sarà rapita dal cielo lasciando a bocca aperta tutto il villaggio.
Anche Macondo, alla fine sparirà, cancellato da un uragano, insieme a tutti i sogni, le speranze e le passioni dei suoi abitanti.

P.S. Alcune canzoni dell'album "Terra e libertà", dei Modena City Ramblers, sono dedicate al romanzo di Márquez.

martedì 27 marzo 2012

Accadde in America

Spostiamoci negli States, dove la seconda metà del XX secolo è alquanto movimentata. Oltre agli anni della guerra del Vietnam, che si concluderà con la sconfitta degli Americani che saranno costretti al ritiro,  e del movimento di protesta studentesco, questi sono gli anni delle grandi battaglie per i diritti civili. 
Le tensioni che ne scaturirono produrranno degli omicidi illustri; nel 1963 viene ucciso John Kennedy, nel 1965 Malcom X, nel 1968 Robert Kennedy e Martin Luther King.
Ma non mancarono altri gesti clamorosi; Cassius Clay (poi, convertitosi alla fede musulmana, cambierà il nome in Muhammad Alì), già medaglia d'oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, divenuto campione del mondo si vide ritirare la licenza in quanto rifiutò di combattere in Vietnam:

Non ho niente contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato "negro"

E se da un lato la guerra del Vietnam sarà di ispirazione per cineasti (su tutti,  a mio avviso, "Il cacciatore" di Michael Cimino e "Platoon" di Oliver Stone, ma ce ne sono molti), cantanti (come si può prescindere da "Blowin' in the Wind", di Bob Dylan?) e opere teatrali (ricordo un "Miss Saigon" visto a Londra molti anni fa, un musical che ebbe un enorme successo), spenderei ancora qualche parola sul tema della discriminazione razziale.
Nel 1966 veniva accusato ingiustamente di omicidio e condannato all'ergastolo il pugile Rubin Carter, noto al mondo con il soprannome di "Hurricane" ("Uragano", e da quel poco che ho visto attraverso vecchi filmati, effettivamente il soprannome era meritato: i suoi avversari li tempestava di colpi; sì,  avrebbe potuto essere "il campione del mondo").
Sarà riabilitato e scarcerato solo nel 1985; Bob Dylan, che forse meglio di ogni altro ha cantato tutti i mali di questo nostro mondo, dedicò una canzone alla sua vicenda. 

lunedì 26 marzo 2012

Pido la paz y la palabra

Restiamo in Spagna, per parlare sempre della generazione del '36 e di un altro dei suoi esponenti più noti, Blas de Otero.
Appartenente alla corrente de los desarraígados ("gli sradicati"), che aveva come tema predominante l'angustia esistenzialista, le sue opere poi si evolsero verso una poesia più sociale.
Di questa sua seconda fase, vi riporto la poesia dalla quale è tratto il titolo del post odierno, "Pido la paz y la palabra" ("Chiedo la pace e la parola").


Escribo
en defensa del reino
del hombre y su justicia. Pido
la paz
y la palabra. He dicho
«silencio»,
«sombra»,
«vacío»
etcétera.
Digo
«del hombre y su justicia»,
«océano pacífico»,
lo que me dejan.
Pido
la paz y la palabra.

Scrivo
in difesa del regno
dell'uomo e della sua giustizia. Chiedo
la pace e la parola. Ho detto
"silenzio",
"ombra",
"vuoto",
eccetera.
Dico
"dell'uomo e della sua giustizia",
"oceano pacifico",
"quello che mi lasciano".
Chiedo
la pace e la parola.


In breve, ci invita a non smettere mai di credere nella forza delle parole (la raccolta dalla quale è tratta questa poesia fu scritta in piena dittatura franchista).

domenica 25 marzo 2012

L'alveare

Torniamo nella nostra Europa letteraria e vediamo cosa succede nella Spagna franchista. Il libro che ho scelto, per raccontarlo, è "La colmena" (l'alveare) di Camilo José Cela. 
L'opera fu pubblicata in Argentina, in quanto il regime la censurò per i suoi riferimenti ai temi della sessualità e dell'omosessualità.
E' una storia aperta, senza inizio nè fine, di un'infinità di personaggi, appartenenti per lo più alla piccola borghesia,  i cui progetti quotidiani terminano sempre senza uno sbocco in una Madrid poco umana e poco accogliente (l'alveare). Si tratta di personaggi molto spesso gretti, volgari, spietati, ossessionati in un modo o nell'altro dal denaro. 
E' l'eterno dramma dell'incertezza, della difficoltà del mestiere di vivere, che divengono ancora più acute sotto la luce oscura di una dittatura: le dittature esaltano le qualità di pochi e incarogniscono i più. 
Tuttavia, dirà Cela:

La vida, al lado de la abyección, siempre sabe dar cabida a la misericordía
La vita, a fianco dell'abiezione, sa sempre fare spazio alla misericordia

E, far prevalere la pietà, è quanto di meglio possiamo fare.

sabato 24 marzo 2012

Nel frattempo a est

Facciamo adesso un breve resoconto degli avvenimenti storici che seguirono la fine della seconda guerra mondiale. Nel 1949 viene creata la NATO e nel 1950 inizia la guerra di Corea. Questo conflitto, che durò tre anni e che fece milioni di morti, è stato meno celebrato dal mondo del cinema rispetto alla guerra del Vietnam, di cui parleremo successivamente, ma tenne effettivamente il mondo con il fiato sospeso per il timore di un nuovo ed ancora più devastante conflitto mondiale. Stati Uniti da un lato e Cina (la Russia si limitò a fornire aiuti) dall'altro, si impegnarono direttamente e si fronteggiarono duramente in questa guerra che ebbe vicende alterne, per giungere infine, quando i contendenti erano ormai stremati, ad una stabilizzazione e alla firma di un armistizio che riconosceva di fatto la situazione iniziale, ossia 2 stati separati con l'unica variante della creazione di una zona neutrale. Nel 1953, inoltre, Tito diviene presidente della Yugoslavia; tra i fondatori del partito comunista yugoslavo, si distinse per l'organizzazione della guerriglia antifascista durante la seconda guerra mondiale, riuscendo a cacciare i nazisti dal territorio yugoslavo, ma rendendosi anche responsabile (sia durante che dopo la guerra) di numerosi massacri a sfondo etnico. Sebbene sia stato uno dei fondatori del Comintern, non volle fare della Yugoslavia un paese allineato al blocco sovietico e riuscì così a ritagliarsi un'immagine di "unificatore" delle genti di questo paese  e di governante indipendente da Mosca, acquisendo quindi un peso geopolitico nella "guerra fredda" tra USA e URSS, anche se al suo interno mise in atto una feroce repressione nei confronti degli oppositori politici. Da un punto di vista di politica interna, bisogna riconoscere tuttavia che durante la lunga dittatura di Tito le diverse etnie presenti nella ormai ex-Yugoslavia ebbero una convivenza più o meno pacifica: quello che è avvenuto negli anni successivi alla sua morte lo abbiamo visto tutti.

giovedì 22 marzo 2012

Il signore dei no

Oggi parleremo invece dell'ultimo dei grandi "Maîtres à penser", Jean Paul Sartre.
Due dei suoi libri che ho letto, "Il muro" e "La nausea", sono infatti pubblicati in questo periodo.
"Il muro" è la raccolta di 5 racconti, piuttosto crudi, che mettono in luce l'inutilità di ogni tentativo di riscatto dell'essere umano: contro il muro, materiale o invisibile, si infrangono tutte le velleità di rivolta dei protagonisti ed effettivamente mi vengono in mente tante storie vere di persone a me vicine i cui sforzi sono poi andati a sbattere contro un qualche muro (di pietra o di gomma).
"La nausea", dal canto suo, si incentra sulla mancanza di un senso in questa vita: solo l'arte può regalare qualche momento di evasione e far dimenticare la nausea di vivere.
Ma Sartre è anche il teorico del "on a raison de se révolter" (ribellarsi è giusto), da interpretare come la necessità di una svolta nella vita democratica che dia maggior peso alle istanze che vengono dal basso, per far sì che la democrazia rappresentativa faccia spazio ad una democrazia più diretta.
Dicevano  gli studenti francesi che "era meglio aver torto con Sartre che ragione con Aron", ma alla luce di tutti gli anni che sono passati dai suoi scritti, come si può dargli torto su questo?
I social network stanno fortemente mettendo in discussione le gerarchie sociali e si può facilmente immaginare che in un prossimo futuro i cittadini vorranno far contare le loro opinioni sulle decisioni che verranno prese e vorranno controllare di più l'amministrazione della "cosa pubblica". 

P.S. Il titolo prende spunto dal fatto che Sartre rifiutò sia il premio Nobel che la Legion d'onore

Post collegati: La Comune

mercoledì 21 marzo 2012

La condanna all'assurdo

Oggi vi parlerò di un libro letto alcuni anni fa, "L'Étranger" ("lo Straniero"), di Albert Camus, sia perchè viene pubblicato nel periodo che stiamo trattando, sia perchè l'assurdo che la fa da padrone nei romanzi di Camus è purtroppo sempre attuale, quasi fosse una condanna della società moderna.
Il protagonista del romanzo uccide, più o meno per legittima difesa, un uomo. Nel dibattito del processo che ne segue, in sostanza, di tutto si parla tranne che della dinamica dell'omicidio: l'argomento che più interessa è il perchè l'imputato non ha pianto al funerale della madre e non mancano testimonianze altrettanto "naif " come quella in suo favore fatta dal padrone di un cane al quale il protagonista aveva fatto una volta un complimento (quindi, se vedete un cane al guinzaglio del suo padrone, o viceversa, fate sempre un complimento alla bestiola, può tornare utile..). Alla fine Meursault, questo è il nome del nostro eroe, sarà condannato alla ghigliottina.
E l'assurdo (perchè, alla fine, assurda è la diffidenza, assurdo è il pettegolezzo, assurdo è il sospetto a priori così come la simpatia a priori), che spesso caratterizza le nostre relazioni sociali, fa si che alla fine "stranieri" (nel senso di "estranei") ci si senta un po' tutti: a chi non è capitato (o a chi non capiterà, prima o poi) di andare in un luogo per la prima volta e di avere la sensazione che lì la gente ci conosca meglio che il nostro abituale "entourage"?
Prendendo a prestito una frase di Henrich Boll (l'omonimo libro, comunque, è interessante), verrebbe voglia di chiedersi: Perchè la città si è fatta straniera? Probabilmente perchè ci siamo così abituati a vestire i panni dell'assurdo da pensare che questa sia la normalità

lunedì 19 marzo 2012

Mare mare

Prendiamo al volo l'occasione che ci presenta perchè nel 1952 viene pubblicato  "Il  vecchio e il mare" di Hemingway e possiamo così porre rimedio ad un'altra ingiustizia commessa in questo blog, l'aver dimenticato uno dei grandi romanzi della letteratura americana, "Moby Dick" di Melville.
Fortunatamente io l'ho letto, quindi non corro il rischio di incappare nelle disavventure del protagonista del film "Zelig" (a mio avviso, uno dei migliori di W. Allen): se l'avete visto e ve lo ricordate, tutto cominciò perchè il protagonista da bambino non aveva letto "Moby Dick" e quindi, per non sembrare da meno degli altri, finse di averlo letto; a partire da quel giorno iniziò la sua metamorfosi in uomo-camaleonte.
Che la caccia alla balena da parte del capitano Achab si presti a simboleggiare le nostre ossessioni è indubbio..Mi chiedo quando si arriva al punto di rottura, qual è quell'evento che fa si che nella nostra testa scatti quel meccanismo per cui decidiamo di avere un solo scopo nella vita. Certo è difficile dirlo, sicuramente è soggettivo, ma se dovessi tirare ad indovinare direi che quella molla scatta più probabilmente quando si smette di amare (o quando non si ama più nessuno da molto tempo).
"Il vecchio ed il mare" tratta invece dell'eterna lotta tra l'uomo e la natura; sebbene si batta con tenacia, il "vecchio" Santiago (da giovane lo chiamavano "Santiago il campione", per aver sconfitto, in un epico "braccio di ferro", un vero colosso) ne uscirà sconfitto: una lettura imperdibile per gli amanti del genere.
Auguri a tutti i papà.

Post collegati: Woody Allen Hemingway

domenica 18 marzo 2012

La condizione umana

Spostiamoci oggi in Oriente ed andiamo a riassumere gli eventi che porteranno la Cina a far parte delle grandi potenze mondiali.
Questo paese, che pure aveva una gloriosissima tradizione culturale, era rimasto per secoli confinato nel suo sistema feudale. Qualcosa però comincia a muoversi e nel 1900 assistiamo alla famosa "rivolta dei Boxer", nata dall'insofferenza per le continue ingerenze delle potenze europee negli affari interni della Cina, rivolta che poi fu duramente repressa (il mondo del cinema provò a raccontare quegli avvenimenti con il film "55 giorni a Pechino").
Negli anni a seguire, dominati dai "signori della guerra", l'evento dirompente è la rottura dell'alleanza tra il Kuomintang di Chang Kai-shek e il partito comunista cinese, raccontato da Malraux nel libro "La condizione umana". "La condizione umana" non è però principalmente un romanzo storico e neppure un resoconto giornalistico (nella prima parte della sua vita, Malraux fu un giornalista di primissimo piano ed un grande conoscitore del mondo orientale, che in quegli anni veniva attraversato da grandi cambiamenti), ma piuttosto una ricerca, attraverso i personaggi, del senso della vita; ognuno dei protagonisti, Cen, Kyo e Katov, infatti, ha una diversa filosofia.
Ma se lo studio della condizione umana è interdisciplinare (sociologia, filosofia, psicologia, ecc.), per me in questo caso significa la condizione di estrema miseria in cui versavano milioni di cinesi in quegli anni di devastazioni (che comunque Malraux descrive nei suoi articoli), condizione che poi porterà alla vittoria di Mao; dalla rottura dell'alleanza con il Kuomintang inizierà la "Lunga marcia" dell'esercito comunista per sottrarsi all'accerchiamento da parte delle ingenti forze di Chang Kai-shek e sarà proprio attraverso la "Lunga marcia" che le idee maoiste troveranno tereno fertile per la loro diffusione: la gente dei villaggi, abituata da sempre alle continue angherie dei "signori della guerra" verrà alfabetizzata ed aiutata nei lavori agricoli dall'esercito comunista in ritirata. Mao guidò poi la resistenza comunista contro i giapponesi nel corso della seconda guerra mondiale, prima di sbaragliare, nel 1949 l'esercito di Chang Kai-shek. Nasce così la Repubblica Popolare Cinese, che diventerà la terza grande superpotenza.

sabato 17 marzo 2012

Finzioni

Da un argentino ad un altro...Ieri abbiamo lasciato Ernesto Che Guevara e oggi parleremo di Jorge Luis Borges.
"Finzioni" è una raccolta di racconti scritti tra il 1935 e 1944;  per questo scrittore tutto il mondo del sapere è contenuto in un libro infinito, l'Universo stesso è un numero immenso di parole, la "Biblioteca".
La Biblioteca è anche un "labirinto" che non basta tutta la vita a percorrere.
In Borges non c'è alcuna relazione con il realismo; egli si serve della sua arte per reinventare la realtà.
"Noi siamo imprigionati nel tempo e nello spazio" dice Borges, quindi è inutile entusiasmarci per i cambiamenti: la Storia non esiste, perchè ogni uomo segue un percorso unico, quindi la Storia è la storia di un unico uomo che si ripete all'infinito.
Borges sente il bisogno di  fuggire da un mondo crudele, perchè l'uomo è crudele:

Gli specchi, e la copula, sono abominevoli, perché moltiplicano il numero degli uomini.

Le storie di "Finzioni", a metà tra il saggio critico (e "mistificante") ed il giallo poliziesco all'europea, vengono pubblicate poco prima che Perón prendesse il potere.
E, restando in America Latina, c'è da ricordare che nel 1945 Gabriela Mistral , una poetessa cilena, vince il premio Nobel per la letteratura. Fu la prima donna sudamericana ad avere questo riconoscimento, ma assisteremo tra poco ad un vero e proprio boom di questo continente nel campo letterario.


venerdì 16 marzo 2012

L'importanza di chiamarsi Ernesto

Lo so che è un bel salto in avanti nella cronologia degli avvenimenti, ma visto che ieri ho citato Oscar Wilde, anche lui ingiustamente trascurato in questo blog, mi ricollego alla sua brillante commedia per introdurre uno dei protagonisti della rivoluzione cubana (1953-1959), Ernesto "Che" Guevara.
L'epopea della rivoluzione cubana conquistò l'appoggio di molti intellettuali latino-americani; Fidel Castro, Ernesto Guevara e Camilo Cienfuegos divennero estremamente popolari in tutto il mondo e la minuscola Cuba assunse un ruolo centrale nella geopolitica di quegli anni (sotto qualche aspetto, ricorda un po' la Mompracem dei romanzi di Salgari, che sfidava, da sola, l'impero britannico).
Nel 1961 ci fu anche un tentativo da parte degli esuli di Miami, appoggiati dagli USA, di rovesciare il governo rivoluzionario, con il famoso sbarco nella Baia dei Porci; in quegli anni, però, il popolo cubano credeva che Castro stesse dalla parte della ragione e gli invasori furono ributtati in mare.
Ma torniamo al protagonista di oggi, Ernesto Guevara, la cui morte fece sì che la sua immagine non subisse deterioramenti e che si convertisse in mito (così come fu anche per Camilo Cienfuegos, meno famoso all'estero di Guevara  ma anche lui amatissimo a Cuba; c'è da dire che entrambi erano, effettivamente, molto apprezzati dal popolo per la loro semplicità); probabilmente "Latinoamericana" è  il libro (oltre ad essere il testo base del film "I diari della motocicletta" ) che oggi tutti noi, al di là delle nostre convinzioni politiche o ideologiche (ammesso che ancora ne abbiamo!), possiamo goderci: il racconto di un viaggio indimenticabile e un inno ai valori dell'amicizia, della solidarietà e dell'umiltà.

giovedì 15 marzo 2012

Il sogno americano

Spostiamoci negli States perchè nel 1949 vede la luce "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller.
Il dramma è un duro atto di accusa nei confronti del sogno americano, del mito del self-made man e della società statunitense, che se da un lato sembra porre al suo centro l'individuo ed i suoi sogni, dall'altro non lo sostiene quando questi è in difficoltà e non lo tollera quando è divenuto improduttivo.
Il protagonista, alla fine, si suiciderà per consentire alla famiglia di incassare il premio dell'assicurazione. 
Se il contesto dell'opera è la società americana dell'immediato dopoguerra, il dramma mantiene tutta la sua attualità: una società che pone al centro dei suoi valori il denaro ed il successo a tutti i costi, è una società che uccide in modo vile. 
Scriveva Oscar Wilde in proposito:

Eppure ogni uomo uccide le cose che ama,
fate che tutti sappiano questo,
qualcuno lo fa con uno sguardo amaro,
qualcuno con una parola adulatrice,
il vile lo fa con un bacio,
il prode con una spada.

Aggiungerei solo un ulteriore verso: 

una società ipocrita lo fa con l'esclusione

E allora cosa propongo?
Beh, dato che oggi siamo in America, facciamo un salto indietro nel tempo e andiamo a quei giorni nei quali in questo paese c'era ancora la "frontiera" (quello era, a mio avviso, il vero sogno americano: quello della libertà) e citiamo una delle mie "frasi del cinema" preferite:

Stavo pensando che di tutte le piste di questa vita, la piu' importante e' quella che conduce all'essere umano (da "Balla coi lupi").

Alla prossima.

mercoledì 14 marzo 2012

Un giornalista di nome Pereira

Anche il Portogallo, come la Spagna e l'Italia, conosce in questo periodo l'oscurità di una lunga dittatura (che durerà fino alla "Rivoluzione dei garofani" nel 1974).
Il libro del quale vi parlerò oggi, come avrete indovinato, è "Sostiene Pereira", di Tabucchi.
Lettura assolutamente gradevole, narra l'evoluzione di un giornalista apatico, dedito solo al ricordo della moglie morta da anni. Un giorno Pereira assume come suo collaboratore un giovane che invece qualche idea politica ce l'ha (in realtà, la più estremista è la fidanzata di questo giovane) e poco a poco comincia a scuotersi, a rendersi conto di quello che gli succede intorno e alla fine troverà il coraggio di beffare il regime salazarista, facendo pubblicare un articolo di denuncia, e di abbandonare il suo paese.
Interessante è il colloquio tra Pereira ed il suo medico: al giornalista, che gli confida che da un po' di tempo si sente turbato, il medico risponde esponendo una teoria dei medici-psicologi francesi, secondo la quale non abbiamo una sola anima ma una confederazione di anime, sulla quale domina quella egemone ma, a volte, può succedere che sia un'altra a prendere il sopravvento, con i turbamenti naturali che caratterizzano la metamorfosi che ne segue. C'è da augurarsi che come succede a Pereira, anche per altri giornalisti ed intellettuali ci sia un cambio nel "posto di comando" della confederazione delle anime e cominci una metamorfosi  "sociale".

martedì 13 marzo 2012

Stanotte la libertà

Prendo a prestito il titolo del best seller di Larry Collins  e Dominique Lapierre (è davvero una lettura avvincente) per parlare di un altro evento epocale che si consuma in questo periodo, la fine del grande impero britannico e l'indipendenza dell'India (nonchè la costituzione del Pakistan nelle aree a maggioranza musulmana) nel 1947. Poco dopo, Gandhi sarà assassinato.
Senza voler tacere le violenze (a volte veri e propri massacri) tra Indiani e Musulmani che pure ci furono in quei decenni, resta il fatto che la forma originalissima di lotta portata avanti con fede da Gandhi e dal suo popolo in questa prima metà del XIX secolo caratterizzata da 2 guerre mondiali, da milioni di morti, da città rase al suolo e dal lancio di 2 bombe atomiche, è un bel raggio di luce a notte fonda.
Disobbedienza civile, resistenza passiva, non-violenza sono divenuti poi degli slogan in Occidente, ma si sono probabilmente anche consumati in fretta (come spesso capita): troppo diverso il contesto storico e culturale.
Beh, riportare una delle massime di Gandhi è d'obbligo; questa una delle mie preferite:

Acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona solo quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealta' del nostro giudizio, e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato o rispettato. In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un'amorevole capacita', una chiara intuizione e un'assoluta tolleranza.

Ricordiamocene.

lunedì 12 marzo 2012

Zorba il greco

Vediamo cosa succede in questo periodo in quella terra che tanto aveva dato, in passato, alla filosofia occidentale.
Quando i nazifascisti, che avevano occupato la Grecia durante la seconda guerra mondiale cominciano a ritirarsi, si costituiscono 2 fazioni che saranno poi le protagoniste di una sanguinosa guerra civile: quella monarchica e quella marxista.
La sproporzione di forze e gli ingenti aiuti esterni da parte degli USA e della Gran Bretagna (oltre ai dissidi tra URSS e Yugoslavia) faranno sì che a vincere siano i monarchici.
Nel 1946, in pieno conflitto, viene pubblicato il capolavoro di Nikos Kazantzakis "Zorba il greco" (tra l'altro oggetto di una superba trasposizione cinematografica con Anthony Quinn nei panni del protagonista).
E' la storia dell'amicizia tra un giovane scrittore inglese ed un uomo maturo, Zorba, libero dai pregiudizi ed innamorato della vita. Il giovane viene affacinato dalla spregiudicatezza di Zorba, che diviene per lui una sorta di precettore che gli insegna, volta per volta, ad essere sempre all'altezza dei suoi giorni, tristi o felici che siano.
Ed, infine, l'indimenticabile Sirtaki di Anthony Quinn.






domenica 11 marzo 2012

C'era una volta un principe (piccolo)

Sono dell'idea che ogni tanto fare un break con una favola ci sta bene e quale favola è meglio in un blog letterario del poetico "Piccolo principe" di Saint-Exupéry?
Non voglio rovinare il piacere della lettura a chi il racconto non l'ha letto, tuttavia voglio riportare la frase che dice la volpe al piccolo principe, che poi è, di fatto,  un monito a tutti noi:

Non si vede bene che col cuore; l'essenziale è invisibile agli occhi

Il piccolo principe abitava sul suo asteroide solo con una rosa vanitosa, che diceva di essere l'unica nell'universo, e della quale il principino si prendeva cura; quando visita la Terra e vede che ci sono molte altre rose uguali, il piccolo principe lì per lì rimane deluso: la volpe gli spiega che ciò che in realtà rende unica la sua rosa, è l'amore e le cure che gli ha dedicato. 
L'apparenza è un inganno.

Post collegatiPierino e il lupo Faulkner

giovedì 8 marzo 2012

Questa è una città

Dopo un ventennio di dittatura fascista e le devastazioni della guerra, l'Italia era un paese da ricostruire sotto tutti i punti di vista. Oggi vi parlerò di uno dei padri della nostra Costituzione, Giorgio La Pira, per rendere omaggio al suo impegno civile a tutto campo.
Giorgio La Pira fu anche sindaco di Firenze; mi piace molto questo stralcio di un suo discorso, pronunciato mentre consegnava le chiavi ai primi inquilini di case frutto dell'edilizia pubblica,  e ve lo riporto con piacere.

“Amate questa città come parte integrante, per così dire, della vostra personalità . Voi siete piantati in essa e in essa saranno piantate le generazioni future che avranno in voi radice. È un patrimonio prezioso che voi siete tenuti a tramandare intatto, anzi migliorato ed accresciuto, alle generazioni che verranno. Ogni città racchiude in sé una vocazione ed un mistero: ognuna è nel tempo una immagine lontana della città eterna. Amatela dunque come si ama la casa comune destinata a voi e ai vostri figli. La città è una casa comune in cui tutti gli elementi che la compongono sono organicamente collegati; come l'officina è un elemento organico della città , così lo è la Cattedrale, la scuola, l'ospedale. Tutto fa parte di questa casa comune. Vi è dunque una pasta unica, un lievito unico, una responsabilità unica che è collegata ai comuni doveri.”

mercoledì 7 marzo 2012

Hiroshima mon amour

Parliamo oggi di un'altra delle grandi tragedie della seconda guerra mondiale e dell'incubo della guerra atomica attraverso le immagini e le parole del cinema, come talvolta facciamo.
Il film da cui prende il titolo il post odierno è del 1959 ed è basato su un soggetto di Marguerite Duras. E' una delle prime opere della Nouvelle Vague e attraverso un ampio utilizzo dei flashback fa emergere le ferite, mai guarite, della guerra. Un architetto giapponese ed un'attrice francese vivono una notte di passione, ed in questo incontro si mescolano il dolore di un popolo vinto (ed in che modo) ed il dolore individuale: l'attrice, in gioventù, ha amato un soldato tedesco che poi è stato ucciso dalla sua gente. Dirà la protagonista:

L'amour y est impardonnable. La faute, à Nevers, est d'amour. Le crime, à Nevers, est le bonheur. L'ennui y est une vertu tolérée.
L'amore, lì, è imperdonabile. La colpa, a Nevers, è quella dell'amore. Il crimine, a Nevers, è la felicità. La noia, lì, è una virtù tollerata.

Ella spera di riuscire ad alleviare, lì ad Hiroshima, dove si trova per girare un film, il proprio dolore, unendolo al dolore collettivo della città ma il suo tentativo è destinato a fallire.
Il messaggio che si riesce a cogliere è che alla fine, volenti o nolenti, dobbiamo affrontare da soli il nostro dolore e che al di là della retorica, il dolore che si prova per aver perso una guerra  e per la morte di decine di migliaia di persone non è grande quanto quello di perdere la persona amata.

martedì 6 marzo 2012

Il sentiero del partigiano

Continuiamo con la nostra rivisitazione letteraria degli eventi che hanno caratterizzato la seconda guerra mondiale. Dopo l'8 settembre e la firma dell'armistizio con gli Alleati, ci fu l'invasione del nostro paese da parte dell'esercito tedesco e la nascita di movimenti politici e militari che si opposero al nazifascismo (la "Resistenza").
La  Resistenza fu un fenomeno molto complesso che raccolse sotto la sua bandiera sensibilità diverse: per alcuni fu lotta di liberazione dall'invasore straniero, per altri fu guerra civile contro i fascisti.
Liberali, cattolici, militari, ma soprattutto comunisti e socialisti lottarono fianco a fianco, non senza dissidi, avendo in mente ciascuno un futuro diverso per l'Italia.
Oltre a citare Italo Calvino ed il suo bellissimo "Il sentiero dei nidi di ragno", vorrei soffermarmi un po' su quello che a mio avviso è lo scrittore delle guerre partigiane per eccellenza, Beppe Fenoglio.
Nei romanzi di Fenoglio (segnalo su tutti "Il partigiano Johnny", "Primavera di bellezza" e, il mio preferito, "Una questione privata"), il racconto della guerra, della resistenza e del mondo contadino (le "sue" Langhe) avviene senza il filtro dell'ideologia e della mitizzazione: tutto viene descritto in modo oggettivo, con uno stile molto personale e condito di anglicismi (Fenoglio amava la letteratura anglosassone), ben lungi dal linguaggio dei neorealisti.
Beh, se non li avete letti, non ve li perdete.
Riporto infine questo stralcio de "I sentieri dei nidi di ragno", di Calvino:

Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano.

lunedì 5 marzo 2012

Viaggio all'inferno

Purtroppo non è il viaggio immaginario che fece Dante, ma si tratta del calvario effettivamente passato da Primo Levi in uno dei tanti inferni che l'uomo è riuscito a creare su questo pianeta.
"Se questo è un uomo" è il resoconto di uno scienziato che analizza e descrive, con metodo e precisione, l'esperienza a cui, insieme ai suoi compagni, viene sottoposto.

......
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.

.....
Non c'è nè autocommiserazione nè retorica nel libro di Levi, ve lo assicuro: il suo obiettivo è quello di raccontare quello che sembra incredibile e lo fa in modo assolutamente asettico, come un osservatore esterno.
Era un chimico, ma difficilmente un sociologo avrebbe potuto fare di meglio.

domenica 4 marzo 2012

Attenti al lupo...

Ennesima parentesi, ma necessaria,  in questo blog per ricordare uno dei grandi cantautori che ha accompagnato la mia infanzia e la mia gioventù, Lucio Dalla.
Qual'è stata la sua canzone che ho amato di più? La scelta è difficilissima, tuttavia, lavorando di bisturi, alla fine scelgo, ad ex-equo, "Stella di mare" e "Balla balla ballerino".
Il  post odierno prende invece il titolo da una delle canzoni del periodo "maturo" di Lucio Dalla, perchè il caso ha voluto che sabato fossi a Madrid e che assistessi ad una rappresentazione della celebre fiaba "Pierino ed il lupo", di Sergej Prokof'ev (1936).
Come saprete, è una fiaba musicata, dove i personaggi sono accampagnati da un'orchestra (violini e strumenti a corda per Pierino, flauto per l'uccellino, oboe per l'anatra, clarinetto per il gatto, fagotto per il nonno, corni per il lupo e timpani per i cacciatori) e racconta come Pierino, con l'aiuto dei suoi amici animali, riesce ad aver la meglio sul feroce lupo del bosco, con tanto di marcia trionfale nel finale.
Se la morale della fiaba può essere riassunta nella massima di Seneca che "bisogna tentare"

"Multa non quia difficilia sunt audemus, sed quia non audemus sunt difficilia"
Molte cose non perchè siano difficili non osiamo farle, ma perchè non osiamo farle sono difficili.

ed infatti Pierino, con il suo coraggio, riesce a vincere il lupo, l'altro interrogativo che si pone è chi è veramente il lupo...Le nostre paure nascoste? Questo o quello spauracchio che ci si agita davanti a seconda della convenienza del momento per far leva sui nostri istinti meno nobili? Forse, ma se proprio devo raffigurarlo, non riesco ad immaginarmelo con il pelo irsuto e le zanne sporgenti..La maggior parte dei lupi che ho incontrato finora, almeno nell'accezione "homo homini lupus", indossava giacca e cravatta ed aveva un sorriso affabile.

Post collegati: Faulkner Il piccolo principe