Editore di Directory Italia - http://directory-italia.blogspot.com/

sabato 29 dicembre 2012

Il Cenone è servito!

Vi state preparando al Cenone? E qual é,  in ogni liceo classico, la più famosa delle cene? Naturalmente quella di Trimalcione, parte centrale del Satyricon di Petronio.
Beh, ogni cena che si rispetti deve iniziare dagli antipasti e vediamo allora cosa serviva il munifico Trimalcione ai suoi ospiti...(dal capitolo XXXI)

 Tandem ergo discubuimus, pueris Alexandrinis aquam in manus nivatam infundentibus, aliisque insequentibus ad pedes ac paronychia cum ingenti subtilitate tollentibus. Ac ne in hoc quidem tam molesto tacebant officio, sed obiter cantabant. Ego experiri volui an tota familia cantaret, itaque potionem poposci. Paratissimus puer non minus me acido cantico excepit, et quisquis aliquid rogatus erat ut daret. Pantomimi chorum, non patris familiae triclinium crederes.
Allata est tamen gustatio valde lauta; nam iam omnes discubuerant praeter ipsum Trimachionem, cui locus novo more primus servabatur. Ceterum in promulsidari asellus erat Corinthius cum bisaccio positus, qui habebat olivas in altera parte albas, in altera nigras. Tegebant asellum duae lances, in quarum marginibus nomen Trimalchionis inscriptum erat et argenti pondus. Ponticuli etiam ferruminati sustinebant glires melle ac papavere sparsos. Fuerunt et tomacula supra craticulam argenteam ferventia posita et infra craticulam Syriaca pruna cum granis Punici mali.
Così finalmente ci sdraiammo a tavola, con fanciulli di Alessandria che versavano acqua ghiacciata sulle mani, e altri che li seguivano ai piedi e con grande sottigliezza toglievano le pipite.
E neppure in questo lavoro tanto molesto tacevano ma nel frattempo cantavano.
Io volli scoprire se tutta la servitù cantasse e chiesi allora qualcosa da bere.
Un giovane servo immediatamente mi assecondò con un canto non meno stridulo, e così ogni altro a cui veniva richiesto di dare qualcosa.
Lo avresti creduto un coro di pantomima, non il triclinio di un padre di famiglia.
Fu portato comunque un antipasto molto lauto, infatti tutti ormai erano a tavola, all'infuori di Trimalcione stesso, al quale in nuova usanza era riservato il primo posto.
Nel vassoio era posto un asinello corinzio con una bisaccia, che aveva olive bianche in una parte, nere nell'altra.
Coprivano l'asinello due piatti, sui cui margini era scritto  il nome di Trimalcione e il peso dell'argento. E  inoltre dei ponticelli saldati reggevano ghiri cosparsi di miele e papavero.
E dei salsicciotti furono posti a cuocersi su una graticola d'argento, e sotto la graticola susine di Siria con chicchi di melagrana punica.

Prometto che torneremo molto presto a parlare della satira, visto che ormai l'abbiamo introdotta attraverso il maestro Petronio...Per il momento, buon 2013 a tutti!

martedì 25 dicembre 2012

Se...

Natale con i tuoi, Natale di tombole e panettoni, di giocattoli e cartoni animati Disney....
Beh, se devo scegliere un cartone animato tra quelli più classici, scelgo questa volta "Il libro della Jungla", dato in TV in questi giorni e ispirato al romanzo di Kipling, così ho il pretesto per inserire in questo blog la celebre poesia di questo scrittore, "If" (Se).

If you can keep your head when all about you
Are losing theirs and blaming it on you;
If you can trust yourself when all men doubt you,
But make allowance for their doubting too:
If you can wait and not be tired by waiting,
Or being lied about, don't deal in lies,
Or being hated, don't give way to hating,
And yet don't look too good, nor talk too wise;

If you can dream—and not make dreams your master;
If you can think—and not make thoughts your aim,
If you can meet with Triumph and Disaster
And treat those two impostors just the same:
If you can bear to hear the truth you've spoken
Twisted by knaves to make a trap for fools,
Or watch the things you gave your life to, broken,
And stoop and build 'em up with worn-out tools;

If you can make one heap of all your winnings
And risk it on one turn of pitch-and-toss,
And lose, and start again at your beginnings
And never breathe a word about your loss:
If you can force your heart and nerve and sinew
To serve your turn long after they are gone,
And so hold on when there is nothing in you
Except the Will which says to them: "Hold on!"

If you can talk with crowds and keep your virtue,
Or walk with Kings—nor lose the common touch,
If neither foes nor loving friends can hurt you,
If all men count with you, but none too much:
If you can fill the unforgiving minute
With sixty seconds' worth of distance run,
Yours is the Earth and everything that's in it,
And—which is more—you'll be a Man, my son!

Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te
L'hanno persa e danno la colpa a te,
Se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te,
Ma prendi in considerazione i loro dubbi.
Se sai aspettare e non stancarti dell'attesa,
O essendo calunniato, non ricambiare con calunnie,
O essendo odiato, non dare spazio all'odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio;

Se puoi sognare e non fare dei sogni il tuo padrone;
Se puoi pensare, senza fare dei pensieri il tuo obiettivo,
Se sai incontrarti con il Trionfo ed il Disastro
E trattare questi due impostori allo stesso modo.
Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli stupidi,
O guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con strumenti usurati.

Se puoi fare un solo mucchio di tutte le tue conquiste
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare dal principio
e non dire mai una parola sulla tua perdita.
Se sai costringere il tuo cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo andati,
E a resistere quando in te non c'è più nulla
Tranne la Volontà che dice loro: "Resistete!"

Se riesci a parlare alle folle e conservare la tua virtù,
O passeggiare con i Re, senza perdere il contatto con la gente comune,
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici cari,
Se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo.
Se riesci a riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — cosa più importante — sarai un Uomo, figlio mio!


Buon Natale!

domenica 23 dicembre 2012

Lessico famigliare

Lasciamo adesso per un po' da parte Esopo (ed i politici) e dato che Natale è per definizione la festa della famiglia andiamo a vedere cosa ha da dire in proposito Natalia Ginzburg (tra l'altro, anche il suo nome cade a fagiolo!). E poi, comunque, non rimetteremo Esopo in soffita, perchè uno dei protagonisti di questo romanzo predilegeva, come il sottoscritto, Esopo ed Omero...
"Lessico famigliare" è sicuramente il romanzo più importante della Ginzburg e racconta, come molti di voi sapranno, la storia della sua famiglia, di ebrei antifascisti. Una galleria di personaggi straordinari che hanno avuto molta influenza sulla nostra storia e sulla nostra cultura si affacciano nelle pagine di questo libro, da Filippo Turati e Anna Kuliscioff agli Olivetti e a Pajetta, da Balbo a Pavese e a Leone Ginzburg e le loro vicende personali si intrecciano e si fondono con quelle della famiglia d'origine della scrittrice. Ma se ho scelto di inserire "Lessico famigliare" tra i post natalizi è perchè riprende uno dei temi a me cari, quello del legame tra le parole (e i modismi) e l'unità della famiglia.
Scrive la Ginzburg: 
Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti.Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia.Ci basta dire “Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna” o “De cosa spussa l’acido solfidrico”, per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole.Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l’uno con l’altro, noi fratelli, nel buio d’una grotta, fra milioni di persone.
Ed è vero, le parole sono una parte importante della nostra identità: ciascuno di noi ha in mente le sue, che spesso sono poi quelle del familiare o dell'amico (anche gli amici fanno parte della famiglia!)  che non c'è più e del quale abbiamo a volte nostalgia.
E visto che questo è il post in cui si ribadisce la centralità delle parole, vediamo cosa dice, sempre in questo libro, la Ginzburg a monito sia dei professionisti della scrittura che dei "professionisti del mestiere di vivere" (e quindi di tutti):
Pavese commetteva errori più gravi dei nostri. Perché i nostri errori erano generati da impulso, imprudenza, stupidità e candore; e invece gli errori di Pavese nascevano dalla prudenza, dall’astuzia, dal calcolo e dall’intelligenza. Nulla è pericoloso come questa sorta di errori. Possono essere, come lo furono per lui, mortali; perchè dalle strade che si sbagliano per astuzia, è difficile ritornare. Gli errori che si commettono per astuzia, ci avviluppano strettamente: l’astuzia mette in noi radici più ferme che non l’avventatezza o l’imprudenza: come sciogliersi da quei legami così tenaci, così stretti, così profondi? La prudenza, il calcolo, l’astuzia hanno il volto della ragione: il volto, la voce amara della ragione, che argomenta con i suoi argomenti infallibili, ai quali non c’è nulla da rispondere, non c’è che assentire..

Alla prossima.

venerdì 14 dicembre 2012

Gli invidiosi

Altra caratteristica dell'agone politico è l'invidia per quanto di buono fatto dagli avversari: che si riducano le tasse o si migliorino i servizi offerti, che si entri nell'euro o si riduca lo spread, che si facciano passi avanti sul fronte dei diritti civili o si facciano queste fantomatiche riforme necessarie al Paese, difficilmente l'opposizione riconoscerà i meriti del governo. L'invidia però è un sentimento alquanto umano e lo possiamo ritrovare nei parenti, nei vicini di casa, nei colleghi, nei turisti...Qualsiasi cosa facciamo, non va mai bene oppure loro la farebbero meglio..Come al solito, ricorriamo allora al nostro amico Esopo:
Esopo: Zeus, Prometeo, Atena e Momo
Zeus, Prometeo, Atena e Momo

Zeus, Prometeo e Atena, dopo aver modellato, il primo un toro, il secondo un uomo, la terza una casa, scelsero Momo come giudice. Questi, invidioso delle opere, per cominciare disse che Zeus aveva sbagliato a non mettere gli occhi del toro sulle corna affinchè vedesse dove colpiva; e così Prometeo poichè non aveva appeso il cuore dell'uomo all'esterno, affinchè i malvagi non si nascondessero e fosse manifesto quello che ciascuno ha in animo; e per terzo disse che Atena avrebbe dovuto fare la casa con le ruote affinchè, se un malvagio si fosse stabilito come vicino, si potesse spostare facilmente. E Zeus, arrabbiandosi per la sua invidia, lo cacciò dall'Olimpo. La favola insegna che nulla è così perfetto da non esporsi a qualche critica.

Che dire? Fermo restando che probabilmente non ci libereremo mai dell'invidia, tutto sommato a me Momo sta simpatico... In fin dei conti, se i cornuti (che abbiano 2 o 4 zampe poco importa!) avessero gli occhi sulle corna, eviterebbero di andare a sbattere o di rimanere incastrati... E se fosse possibile vedere il cuore della gente, ci risparmieremmo molte delusioni...Infine, la casa con le ruote è davvero un colpo di genio: è Momo il profeta della roulotte, dovrebbe chiedere il brevetto! In sostanza: se proprio dovete essere invidiosi, almeno siate acuti come Momo!

mercoledì 12 dicembre 2012

Dibattiti ....

Passiamo quindi ai classici dibattiti elettorali, spesso ormai più simili a risse tra automobilisti che ad un confronto sulle proposte. La strategia di non far parlare la controparte attraverso l'interruzione sistematica o addirittura l'insulto è sempre più diffusa e alla fine, se c'è un vincitore (ammesso che tale vittoria meriti di essere celebrata), è colui che ha ridicolizzato maggiormente l'avversario o ha saputo replicare più efficacemente ad attacchi sempre più diretti alla persona che alle proposte. Vediamo cosa ci racconta Esopo in proposito:
Esopo - La scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda

La scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda
Una scrofa ed una cagna si insultavano a vicenda. La scrofa giurava per Afrodite che avrebbe fatto a pezzi la cagna con i denti.
Al che la cagna disse ironicamente:
-Fai bene a giurare su Afrodite; è ovvio che da questa soprattutto sei amata, visto che assolutamente non ammette al tempio colui che ha assaggiato le tue carni impure. 
E la scrofa:
-Al contrario, è una prova ulteriore che la dea mi ama: infatti disprezza assolutamente chi mi uccide o mi maltratta in altro modo; tu, comunque, puzzi sia da viva che da morta.
La favola mostra che gli oratori assennati cambiano con facilità in lode gli insulti degli avversari.
Un bell'esempio, vero?

domenica 9 dicembre 2012

Promesse..

Continuiamo il nostro viaggio nei mali quotidiani (che spesso poi, come abbiamo visto,  sono mali che esistono dall'alba dei tempi) e continuiamo con il "buon" Esopo (buono si fa per dire, perchè nelle favole di Esopo non ce n'è per nessuno: animali, uomini, Dei, oggetti...tutti vengono prima o poi colpiti dai suoi strali).
Visto che tira aria di elezioni e quindi è facile prospettare dibattiti televisivi e trasmissioni di "approfondimento" a iosa, cominciamo a parlare delle "facili promesse" con questa breve favola:
Esopo: Il lupo e la vecchia

Il lupo e la vecchia
Un lupo affamato vagabondava cercando cibo.
Giunto in un luogo, sentì un bambino che piangeva e una vecchia che gli diceva:
-Smetti di piangere, se no ti darò subito al lupo.
Il lupo, credendo che la vecchia dicesse per davvero, rimase ad aspettare per molto tempo.
Quando invece giunse la sera, sentì di nuovo la vecchia che vezzeggiava il bambino e gli diceva:
-Se viene il lupo, figliolo, lo uccideremo.
Avendo udito ciò il lupo se ne andò, dicendo:
-Da queste parti dicono una cosa ma ne fanno un'altra.
La favola è per quegli uomini che non hanno le azioni uguali alle parole.


Alla prossima.

martedì 4 dicembre 2012

Le rane che chiedevano un re

Visto che ci stiamo avvicinando al Natale, cominciamo a raccontare qualche fiaba e il re delle favole, in un liceo classico, è sicuramente Esopo.
Ho scelto per voi una favola un po' anarchica, tanto per restare a tema...

Le rane che chiedevano un re.
Le rane, stanche dell'anarchia in cui si trovavano, inviarono degli ambasciatori a Zeus, chiedendo di assegnare loro un re.
Questi, rendendosi conto della loro stupidità gettò nel pantano un pezzo di legno.
E le rane, dapprima spaventandosi per il rumore, si rifugiarono nelle profondità dello stagno.
Successivamente, poic il pezzo di legno era immobile, come riemersero giunsero ad un tale disprezzo verso di lui da arrampicarvisi sedendovisi sopra.
Avvilite per avere un tale re, si recarono la seconda volta da Zeus e lo pregarono di dar loro un altro sovrano; il primo infatti era molto pigro.
E Zeus, adiratosi, inviò loro un serpente marino che si mise a catturarle e a mangiarle. La favola insegna che è meglio avere sovrani lenti ma buoni piuttosto che sempre in movimento e perfidi.


E' davvero sorprendente l'attualità di Esopo, tenendo conto del contesto storico in cui viveva. Il potere è sempre violenza, quindi deve essere il più lieve possibile e questo Esopo l'aveva già capito.

sabato 1 dicembre 2012

Canzoni per la Repubblica

Prendiamo spunto dal fatto che nell'ultimo post abbiamo aperto una parentesi sulla musica ispanica impegnata e dal fatto che poco tempo fa' abbiamo parlato di Durruti per fare una breve carrellata delle canzoni della Guerra Civile Spagnola, tema per altro oggetto di vari post in questo blog.
La ragione di questa scelta è presto detta:queste canzoni rappresentano a mio avviso un bel quadro riassuntivo di quelle che furono le passioni e le speranze di coloro che difendevano la bandiera della Repubblica (e, N.D.R., "Repubblica" è davvero una gran bella parola!).
Premetto che su Internet troverete versioni diverse delle canzoni che vi proporrò, poichè effettivamente queste canzoni erano cantate in modo diverso a seconda della località.
Comunque, quante volte abbiamo visto sui muri delle nostre città la scritta "¡No pasarán!"? Ebbene, questa frase che poi divenne uno slogan di portata internazionale, fu pronunciata dalla "Pasionaria" Dolores Ibárruri Gómez, leader del partito comunista spagnolo allo scoppio della guerra civile.
E divenne poi anche una canzone anche se, delle tante canzoni che si rifanno al "no pasarán", mi piace riportare questa, conosciuta, ovviamente, con più titoli (El frente de Gandesa, Si me quieres escribir, Ya sabes mi paradero) :  El frente de Gandesa

Los moros que trajo Franco
en Madrid quieren entrar.
Mientras quede un miliciano
los moros no pasarán.

Si me quieres escribir
ya sabes mi paradero
Tercera Brigada Mixta,
primera línea de fuego.
..........


I "mori" che ha portato Franco
in Madrid vogliono entrare.
Fintanto che resti un miliziano
i mori non passeranno.

Se mi vuoi scrivere,
già conosci il mio recapito
Terza Brigata Mista,
prima linea di fuoco.
.......


La più famosa è, probabilmente, Ay Carmela , che celebrava una delle poche importanti vittorie dei repubblicani, quella della controffensiva  del Luglio 1938 sull'Ebro 


El furor de los traidores,
rumba, la rumba, la rumba, ba, ba
lo descarga su aviación,
¡Ay, Carmela! ¡Ay, Carmela!

Pero nada pueden bombas,
rumba, la rumba, la rumba, ba, ba
donde sobra corazón,
Ay, Carmela! ¡Ay, Carmela!


La rabbia dei traditori
rumba, la rumba, la rumba, ba,ba
la scarica la loro aviazione,
Ay, Carmela! Ay Carmela!

Pero nulla possono le bombe,
rumba, la rumba, la rumba, ba,ba
dove c'è coraggio da vendere,
Ay Carmela! Ay Carmela


E se la difesa di Madrid fu davvero eroica, dei 5 battaglioni che vi presero parte, il più  famoso fu sicuramente "El quinto regimiento", una milizia popolare di formazione comunista ma alla quale aderirono repubblicani di ogni estrazione ideologica e che si distingueva per la ferrea disciplina.
 All'interno del "Quinto Regimiento", i soldati potevano scegliere i loro sottoufficiali ed ufficiali di rango inferiore, il che la dice lunga sulla fesseria di tante teorie "dirigiste": consentire alle persone di partecipare alla selezione dei propri superiori diretti anzichè imporre i propri tirapiedi dall'alto costa sicuramente fatica ma alla lunga credo che dia buoni risultati (nell'esercito come in azienda come in politica): il "Quinto Regimiento" era veramente un reggimento di ferro e questo era il suo inno: El Quinto Regimiento
Con Líster, el Campesino,
con Galán y con Modesto
con el comandante Carlos
no hay miliciano con miedo.
.....
Con los cuatro batallones
que Madrid están defendiendo
se va lo mejor de España
la flor más roja del pueblo.


Con Lister, il Campesino,
con Galan e con Modesto,
con il comandate Carlos
non c'è un miliziano che abbia paura.
......
Con i 4 battaglioni
che stanno difendendo Madrid
va il meglio della Spagna
il fiore più rosso del popolo.


Beh, di canzoni ce ne furono molte, anche dall'altra parte della barricata; una raccolta completa che ebbe un notevole successo è quella del cantante cileno Rolando Alarcón Soto, "Canciones de la Guerra Civil Española". 

Alla prossima.

Post collegati: Guerra civile spagnola