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giovedì 31 gennaio 2013

Quando vennero..

Ogni tanto mi capita di arrivare in ritardo (devo ancora capire se lo faccio di proposito oppure no..), comunque visto che qualche giorno fa si celebrava il giorno della memoria, è giusto dedicare un momento di riflessione sulle pagine di questo blog.
Cos'è che rese possibile tanto orrore? E cos'è che rende possibile tante ingiustizie, piccole o grandi (ma in realtà anche le ingiustizie "piccole" sono enormi per chi le subisce)?
La risposta è semplice: la maledetta indifferenza, magistralmente denunciata da Gramsci negli "Scritti giovanili".
Vediamo come ci ammonisce Martin Niemöller, pastore protestante, con la sua celebre poesia che ha il pregio di essere semplice, oltre che bella e indimenticabile (la lessi quando avevo 19 anni, ossia anni luce fa, e ancora me la ricordo...), così posso tradurla malgrado il mio cattivissimo tedesco.
Ve ne sono più versioni, leggermente diverse tra loro : vi riporto quella più diffusa.

Als die Nazis die Kommunisten holten,
habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.

Als sie die Sozialdemokraten einsperrten,
habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Sozialdemokrat.

Als sie die Gewerkschafter holten,
habe ich nicht protestiert;
ich war ja kein Gewerkschafter.

Als sie die Juden holten,
habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Jude.

Als sie mich holten,
gab es keinen mehr,
der protestieren konnte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti,
non ho detto nulla;
non ero comunista.

Quando rinchiusero i socialdemocratici,
sono rimasto in silenzio;
non ero socialdemocratico.

Quando vennero per i sindacalisti,
non ho protestato;
non ero sindacalista.

Quando vennero per gli ebrei,
non ho fiatato;
non ero ebreo.

Quando vennero per me,
non c'era più nessuno,
che potesse protestare.


Post collegati:Gramsci Primo Levi

martedì 29 gennaio 2013

Continuavano a chiamarli spaghetti...

Beh, visto che nel post precedente abbiamo parlato della California e che nelle sale stanno proiettando in questi giorni Django Unchained, di Quentin Tarantino , un omaggio al "Django" del 1966 di Sergio Corbucci (e interpretato da Franco Nero), approfittiamone per rendere i dovuti onori agli  "spaghetti western", genere a cui deve molto il nostro cinema.
Gli anni '60 e '70 sono infatti il periodo d'oro del western all'italiana e sono tantissimi i film di qualità che vengono prodotti e che riscuotono un notevole successo sia in Italia che all'estero.
Oltre ovviamente ai capolavori del maestro Sergio Leone, i cui film entrarono a tutti gli effetti nella storia del cinema ( e chi se li scorda "C'era una volta il West", "Il buono, il brutto e il cattivo", "Giù la testa" [e tutti gli altri]?)  divennero molto popolari anche all'estero (Spagna e Germania soprattutto)  i film della coppia Terence Hill e Bud Spencer, un'intelligente ed originale parodia del western "all'americana".
"Lo chiamavano Trinità" e "Continuavano a chiamarlo Trinità", di Enzo Barboni, sono probabilmente  inarrivabili (se mai qualcuno in futuro vorrà cimentarsi in questo genere cinematografico...): i nostri eroi furono campioni di incassi al cinema e quando iniziarono a trasmetterli sul piccolo schermo polverizzarono i record di ascolto e di ripetizioni ( e non solo in Italia). 
Ma oltre alla genialità dei film di Hill e Spencer, ci furono molti altri  lavori apprezzati dalla critica e che varcarono le frontiere..Vorrei citare, fra i tanti, il più "politico" di tutti ( Steve Della Casa scrisse, a riguardo: "Il film che ha sancito l'ingresso del '68 al cinema"), "Vamos a matar compañeros", di Sergio Corbucci e con Franco Nero e Tomas Milian nel bel mezzo di una rivoluzione messicana.
E parte integrante del successo degli spaghetti western furono le indimenticabili colonne sonore del maestro Ennio Morricone: guardate quante ne ha fatte:  Colonne sonore di Morricone

domenica 27 gennaio 2013

Perle e Tortillas

Approfitto delle mie ultime letture per ricollegarmi ad una nostra vecchia conoscenza, John Steinbeck, che tra l'altro è uno dei miei scrittori preferiti.
Inizierò con il suo romanzo "La perla", che racconta la storia di Kino, un pescatore messicano che un giorno trova una perla gigantesca in fondo al mare. Su questa perla Kino costruisce tutti i suoi sogni di riscatto e tutte le sue speranze di una vita migliore per il suo bambino, ma la perla suscita molti appetiti e cercheranno in tutti i modi di sottrargliela. Kino lotterà con tutte le  forze per difendere questa unica opportunità che la sorte gli ha offerto, ma sarà tutto vano: diventerà un assassino e perderà anche l'unico bene che aveva, la serenità della sua famiglia.
Avventura avvincente, ricorda un poco la lotta contro l'ineluttabilità del destino de "Il vecchio e il mare" di Hemingway e contiene una dura denuncia della prepotenza e del disprezzo con cui i bianchi trattavano la popolazione indigena.
Ma ancora più interessante è "Pian della Tortilla", romanzo picaresco nel quale Steinbeck si cimenta  con  risultati straordinari: è veramente un'opera maestra nel suo genere, che non ha nulla da invidiare a quelle di chi la novella picaresca l'ha inventata: gli Spagnoli.
Pian della Tortilla è un quartiere di Monterey, dove si snodano le avventure di Pilon, Danny, Jesus Maria, il Pirata e molti altri.  Furti, corteggiamenti, inganni e atti di straordinaria generosità si susseguono in un piccolo mondo dove il lavoro è considerato proprio l'ultimo dei rimedi possibili per far fronte all'esigenza primaria, ossia sbronzarsi e mettere qualcosa sotto i denti. Questi personaggi, in tutte le loro disavventure, mantengono inalterata la loro dignità e in fin dei conti, pur passandone di tutti i colori [ prigione inclusa,come ogni buon picaro che si rispetti ],  vivono felici. Ed in fin dei conti, che cosa ci può dare più soddisfazione di compiere qualche piccola marachella per altruismo? Pilon, poi, è dotato di una logica che metterebbe alle strette persino Aristotele: qualsiasi atto compia, trova sempre una giustificazione morale di fronte alla quale non si può che assentire..Tutto sommato, è un'anima superiore che sembra intuire meglio di chiunque altro il male che si racchiude in quello che secondo la morale comune è "Il Bene", ed il bene che invece si nasconde in quello si tende a classificare come "Il Male".

Post collegati: L'uva dell'ira  Noi siamo i Picari

domenica 13 gennaio 2013

Te lo do io l'e-learning!

I nostri giorni sono caratterizzati dal fiorire di università telematiche e di corsi di formazione on-line, perciò rendiamo omaggio a chi l'apprendimento a distanza l'ha portato nel nostro Paese, il maestro Alberto Manzi.
Educatore presso una struttura carceraria prima e maestro elementare in seguito, divenne noto in quanto fu il presentatore della trasmissione televisiva "Non è mai troppo tardi", una vera e propria scuola serale a distanza che andò in onda per molti anni (1960-1968) e fu un vero e proprio strumento di lotta contro la piaga dell'analfabetismo nel nostro Paese. Furono moltissimi gli italiani che riuscirono ad ottenere la licenza elementare grazie alle lezioni del maestro Manzi.
Il maestro Manzi divenne in seguito di nuovo protagonista delle cronache  in quanto fu sospeso dell'insegnamento: perchè? Quelli della mia generazione ricordano bene il passaggio dal sistema di valutazione basato sul voto a quello basato sul giudizio, nella scuola elementare e media inferiore..Ebbene, il maestro Manzi si rifiutò di redigere le valutazioni con questo sistema, in quanto riteneva ingiusto bollare un ragazzo con un giudizio. In proposito, devo dire che la valutazione attraverso i giudizi non mi piaceva quando ero studente e non mi piace nemmeno ora..Capisco che un 4 o un 2 possono avere un aspetto terribile e che un 8 o un 9 possano inorgoglire un po' troppo, tuttavia credo che il giudizio abbia un'intrinseca carica di violenza psicologica che il voto, nella sua crudezza di numero, non ha. E' la parola stessa, "giudizio", a non piacermi, ricorda troppo "il Giudizio Universale" o comunque "il giudizio davanti ad un Tribunale".  Il voto può essere un pungolo, il giudizio può diventare un'etichetta che poi è difficile togliersi. Comunque, al di là del parere del sottoscritto che conta ben poco, il maestro Manzi non cambiò opinione nonostante le pressioni ("L'obbedienza non è più una virtù" scriveva Don Milani in quegli stessi anni..).
Inoltre il maestro Manzi scrisse anche alcuni libri, frutto dei suoi viaggi e delle sue esperienze, e probabilmente il più famoso è "Orzowei", una favola intelligente e "politically correct" che poi divenne uno sceneggiato della TV dei ragazzi che ci appassionò nella nostra infanzia/adolescenza.

sabato 5 gennaio 2013

I musicanti di Brema

Iniziamo il nuovo anno con una favola benaugurante: I musicanti di Brema. Anche se non sapevo spiegare il perchè, era la mia favola preferita tra quelle dei Fratelli Grimm; ripassandola dopo quarant'anni, mi rendo conto che effettivamente gli ingredienti buoni ci sono tutti.
Questa favola non promette improbabili principi azzurri alle biancanevi e cenerentole di ogni età, non ci sono streghe cattive e casette di marzapane: come saprete, è la storia di 4 animali (un asino, un cane, un gatto e un gallo) che, una volta invecchiati, vengono maltrattati dai loro padroni e così decidono di abbandonare le loro fattorie.
C'è quindi, per iniziare, il tema dello sfruttamento e dell'umiliazione del lavoro, nonchè un altro tema a me caro che è quello della fuga: di fronte all'ingiustizia o la si combatte o la si fugge (e spesso fuggire è meglio), come riportato in un altro post.
Ma i 4 amici hanno anche un piano ardito: recarsi a Brema e diventare musicisti, per vivere liberi e senza padroni...Chissà quanti gruppi rock sono nati così? Magari l'idea gliela hanno data proprio i fratelli Grimm....Ed effettivamente chi può giurare di non aver mai sognato di diventare un cantante ricco e famoso? E quanto è stretto il legame tra canto e libertà? E' molto stretto, quasi indissolubile a parer mio e c'è poco da fare: questi musicanti di Brema sono proprio simpatici.
Ma ecco che lungo il cammino la fame si fa sentire ed allora che cosa fanno i nostri eroi? Scovata una casa abitata dai briganti, predispongono un accurato piano per cacciarli via: si dispongono a piramide, l'uno sopra la schiena dell'altro ed iniziano ad emettere ciascuno il proprio verso...I briganti vengono spaventati da questo improbabile concerto e fuggono via, lasciando la casa all'ingegnoso quartetto. E qui abbiamo la celebrazione della "fantasia al potere" oltre che la constatazione che anche chi è più forte e più cattivo di noi ha paura, soprattutto di ciò che non conosce: l'imprevedibilità è la carta vincente.
I briganti però vorrebbero riprendere possesso della casa e allora mandano in avanscoperta uno di loro..Ma il malcapitato verrà conciato per le feste e i briganti fuggiranno via terrorizzati e non torneranno più. A volte, quindi, non c'è via di uscita e siamo obbligati a combattere: quando ci tocca, facciamoci onore. 
Infine, i Musicanti di Brema resteranno nella casa e vivranno felici lì per il resto della loro vita. E anche qui c'è della morale: i sogni sono belli ma non tutti sono tagliati per fare i musicisti, quindi, un po' di concretezza non guasta. 
Accontentiamoci dell'amicizia, che è una delle cose che ci allieta la vita e continuiamo a sognare.

I Musicanti di Brema (a Brema)