Sarà perchè poco tempo fa mi hanno regalato un libro sul tema, comunque questa volta ho voglia di raccontare la seconda parte delle avventure di Dedalo (la prima, la trovate qui : Il filo di Arianna ): architetto, ingegnere, artigiano o, più semplicemente, padre.
Postquam Theseus
Minotaurum interfecit, Daedalus Atheniensis a Minoe rege in
labyrintho cum filio Icaro coniectus est, quia civi auxilium non
negaverat. Sic artifex operis sui muris a patria arcebatur neque
insulam Cretam longumque exilium usquam tolerabat : "Tenet Minos
terras, -inquit- tenet etiam pelagus altum. At coelum liberum patet:
nos per coelum e carcere effugiemus". Dixit et novae arti se
dedit: postquam pennas in ordine posuit, tum medias lino, imas ceris
alligat atque parvo curvamine flectit. Filium deinde monuit: “Medio
caelo curre, Icare, quia pennae infra maris unda gravari, supra solis
igni arduri possunt; dum filio praecepta tradit umerisque alas
accomodat, lacrimis maduere senis genae, tremuere patris manus. Dedit
oscula nato et uterque pennis volavit in altum. Et iam laeva parte
Samos insula erat, sacra Iunoni, dextra Lebinthos , cum puer ducem
deseruit caelique cupidine nimis altum egit iter: rapidus sol
odoratas ceras, pennarum vincula, mollivit: ergo, ut primum tabuerunt
cerae, puer in mare praecipitavit.
Dopo che Teseo ebbe ucciso il
Minotauro, Dedalo l'Ateniese fu imprigionato con il figlio Icaro nel
labirinto dal re Minosse, poiché non aveva negato aiuto al
suo concittadino. Così l'artigiano era amareggiato dalla privazione
della patria attraverso i muri della sua opera e non sopportava più
l'isola di Creta né il lungo esilio:
“Minosse è il padrone
della terra- disse- e domina anche il mare profondo. Ma il cielo si
estende libero: noi fuggiremo dalla prigione attraverso il cielo.”.
Così disse e si dedicò
ad una nuova arte: dopo che ebbe disposto le penne in ordine, allora legò
quelle centrali con il lino, quelle più basse con la cera e le
piegò con una lieve curvatura.
Poi ammonì il figlio:
"Vola nel mezzo del cielo, o Icaro, poiché, sotto, le penne possono
essere indebolite dall'onda del mare e , sopra, possono essere
bruciate dai raggi del sole"; mentre trasmetteva i precetti al figlio e
gli sistemava le ali sulle spalle, le anziane gote venivano bagnate
dalle lacrime, la mano paterna tremava. Diede dei baci al figlio ed
entrambi volarono in alto con le ali di penne.
E già c'era sul lato
sinistro l'isola di Samo, sacra a Giunone, e sul lato destro quella
di Lebinto, quando il ragazzo abbandonò la sua guida e per brama di
cielo intraprese un itinerario troppo alto; rapido il sole, la cera
profumata, collante delle penne, rese molle; così, appena la cera
si sciolse, il ragazzo precipitò in mare.
Già, il cielo è la via di fuga per eccellenza, normale che Dedalo ci abbia pensato. Vedremo però, la prossima volta, che Minosse non molla facilmente.
Nessun commento:
Posta un commento