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mercoledì 21 giugno 2017

Certi parenti

Non è per niente facile avere un parente straordinario...Coloro che non intuiscono subito i pericoli di quella che sembrerebbe una benedizione piovuta sulla propria casa e non corrono, per tempo, ai ripari, finiscono, spesso, per vivere la propria vita all'ombra dell'illustre familiare.
Se poi ci si rende conto, con il passare del tempo, che la “grandezza” alla quale si sono sacrificati i propri anni è più percepita che reale, i rimpianti, allora, si moltiplicano.
Certo, a volte si tratta di scelte di comodo, ma anche il retaggio culturale gioca la sua parte: il punto di equilibrio tra il senso di appartenenza (e la conseguente lealtà verso il proprio sistema familiare), da un lato, ed il diritto all'autorealizzazione personale, dall'altro, è diverso a seconda dell'ambiente in cui si vive.
E, allora, passiamo da Sorel a Čechov ed al suo “Zio Vanja”, uno studio minuzioso sull'inerzia della vita borghese e sugli inganni del tempo.
Facciamo prima, però, un breve riepilogo per chi l'opera non l'ha letta.
L'anziano professor Serebrijakov, accompagnato dalla seconda moglie, la bellissima Elena, giunge alla sua tenuta di campagna.
In tutti questi anni, mentre l'illustre accademico si dedicava ai suoi studi e riceveva le sue gratificazioni, sono stati suo cognato Ivan Petrovič Vojnicki, lo “zio Vanja”, fratello della sua prima moglie, e Sonja, la figlia nata dal primo matrimonio, a mandare avanti l'azienda agricola ed a fare sacrifici affinché il luminare potesse vivere secondo lo stile che gli conveniva.
Ma adesso il professore è un vecchio uggioso e malandato mentre sua moglie, invece, è troppo giovane e bella per non ridestare le passioni ed i risentimenti che covano nell'animo degli altri protagonisti.
Cominciamo proprio da lui, lo zio Vanja: resosi conto di esser giunto ad un'età alla quale brusche virate sono impossibili e di aver sempre vissuto guidato dal senso del dovere e soffocando le sue aspirazioni, invidia il professor Serebrijakov per tutto quello che ha e che, a suo avviso, non merita;si innamora di Elena ma, ovviamente, non è corrisposto.
L'altro pilastro dell'azienda agricola, Sonja, è una ragazza virtuosa ma bruttina: è innamorata del dottor Astrov, un medico di campagna che, però, è innamorato, tanto per cambiare, anche lui di Elena. Naturalmente, il dottor Astrov non fa eccezione ed è insoddisfatto della propria vita ma, almeno, riesce a guardarla con una certa lucidità.
E Elena? Ha sposato il professore per la sua posizione e per la sua rispettabilità..Astrov non le è indifferente, si sente infelice ma vuole restare a fianco del suo sposo, in perfetta malafede.
Ed infine lui, il professor Serebrijakov, forse il personaggio principale del dramma, se non altro per quello che, più apertamente di altri, incarna: l'egoismo.
Quando il professor Serebrijakov comunica agli altri la sua intenzione di vendere la tenuta per comprare delle azioni ed una villa in Finlandia per sé e per Elena, succede il “finimondo”: lo zio Vanja rinfaccia al professore tutti i sacrifici che ha fatto, lo incolpa del fallimento della propria vita e poi, armatosi di pistola, gli spara..... mancandolo!
Elena, sconvolta per l'accaduto, ed il professore decidono, quindi, di partire.
Successivamente, zio Vanja ruberà anche una fiala di morfina dalla borsa del dottor Astrov, probabilmente al fine di suicidarsi ma, poi, la restituirà.
La “burrasca”, in fin dei conti, è solo un temporale passeggero e tutto riprenderà come prima, con zio Vanja e Sonja ad occuparsi dell'azienda.
Zio Vanja, in effetti, è l'unico, nell'inerzia generale, ad agire, ma lo fa in modo goffo, cadendo nel ridicolo; per il resto, ogni personaggio rimane prigioniero della propria idea.
A non essere messe alla “gogna” dall'autore, tutto sommato, sono soltanto l'etica del lavoro e la cristiana rassegnazione di Sonja.
Certo, non “vivrà per sempre felice e contenta” ma, comunque, vivrà.

domenica 11 giugno 2017

I tribuni

Publio Clodio Pulcro era effettivamente soltanto un agitatore senza principi ?
A mio avviso, no: come politico, era dotato di una certa lungimiranza.
Non meno odiati e temuti furono, del resto, i Gracchi: anche loro furono accusati di mirare alla dittatura e di portare la Repubblica alla rovina.
Rileggiamoci questo stralcio di un famoso e appassionato discorso di Tiberio (da ”Vita di Tiberio Gracco”, di Plutarco).

ὡς τὰ μὲν θηρία τὰ τὴν Ἰταλίαν νεμόμενα καὶ φωλεὸν ἔχει καὶ κοιταῖόν ἐστιν αὐτῶν ἑκάστῳ καὶ καταδύσεις, τοῖς δὲ ὑπὲρ τῆς Ἰταλίας μαχομένοις καὶ ἀποθνῄσκουσιν ἀέρος καὶ φωτός, ἄλλου δὲ οὐδενὸς μέτεστιν, ἀλλ᾽ ἄοικοι καὶ ἀνίδρυτοι μετὰ τέκνων πλανῶνται καὶ γυναικῶν, οἱ δὲ αὐτοκράτορες ψεύδονται τοὺς στρατιώτας ἐν ταῖς μάχαις παρακαλοῦντες ὑπὲρ τάφων καὶ ἱερῶν ἀμύνεσθαι τοὺς πολεμίους: οὐδενὶ γάρ ἐστιν οὐ βωμὸς πατρῷος, οὐκ ἠρίον προγονικὸν τῶν τοσούτων ' Ῥωμαίων, ἀλλ᾽ ὑπὲρ ἀλλοτρίας τρυφῆς καὶ πλούτου πολεμοῦσι καὶ ἀποθνῄσκουσι, κύριοι τῆς οἰκουμένης εἶναι λεγόμενοι, μίαν δὲ βῶλον ἰδίαν οὐκ ἔχοντες.

Perfino gli animali selvaggi che vivono in Italia hanno ciascuno una tana e un rifugio mentre quelli che per l’Italia combattono e muoiono non hanno nient’altro che aria e luce, ed errano con i figli e le mogli come vagabondi senza casa; i generali mentono quando, nelle battaglie, esortano i soldati a combattere i nemici in difesa delle tombe e dei templi poiché, tra tanti Romani, nessuno ha un altare di famiglia né un sepolcro degli antenati, ma combattono e muoiono per il lusso e la ricchezza altrui e, mentre vengono chiamati padroni del mondo, non posseggono nemmeno una sola zolla di terra.

In estrema sintesi, le guerre avevano concentrato la ricchezza nelle mani delle famiglie nobili mentre i contadini, dovendo partire per le campagne militari e non potendo, quindi, più occuparsi dei terreni, erano costretti a venderli; le famiglie, poi, si spostavano nell'Urbe nella speranza di trovare un impiego e finivano per ingrossare le fila del “proletariato urbano”.
Già, proprio così....Proletarius era colui che non avendo altra ricchezza oltre ai figli, poteva trascrivere, nei registri censuari, soltanto la prole.
Da un lato, quindi, vi erano “delle grandi aziende latifondiste”, che utilizzavano gli schiavi come manodopera, e dall'altra, invece, un numero sempre maggiore di sbandati.
La disgregazione del tessuto sociale era, però, enormemente pericolosa...Non dimentichiamo che l'arruolamento, tra i Romani, avveniva sulla base del censo: il soldato doveva provvedere al suo equipaggiamento e quindi, se non aveva mezzi, l'ex contadino non poteva arruolarsi.
Vi era, di fatto, il serio rischio che l'esercito non riuscisse a completare i reparti di fanteria.
Spesso, l'ex-contadino ed ex-soldato finiva poi per delinquere o per divenire manovalanza priva di scrupoli al servizio di uomini ambiziosi.
Le riforme di Tiberio e Caio Gracco miravano, quindi, a ricostruire la società romana ed a salvaguardare la Repubblica.
Al di là, perciò, delle considerazioni relative alle ambizioni ed ai rancori personali che possono sicuramente influenzare l'agire umano, è innegabile che la corruzione dilagante, l'impoverimento crescente delle classi meno abbienti, il ricorso alla violenza come strumento di cambiamento o di mantenimento dello “status quo”, portarono alla fine dell'esperienza repubblicana.
Mi è venuto in mente, nel frattempo, George Sorel e devo ammettere che comparare il suo “sindacalismo rivoluzionario” con i Gracchi e Clodio, anche se azzardato, un po' mi intriga...
Le sue teorie, del resto, influenzeranno i grandi “tribuni", sia di destra che di sinistra, degli altrettanto caotici inizi del Novecento.
Sorel contrappone al revisionismo di Bernstein la violenza purificatrice e salvifica delle masse, l'unica in grado di liberare la creatività e l'immaginazione e di spazzare via il razionalismo borghese. Per spingere le masse all'azione c'era bisogno, però, di grandi miti e lo sciopero generale era, per Sorel, il mito sul quale fondare una nuova società.
Ma quando le masse seguono i miti, le catastrofi sono dietro l'angolo...Il pensiero di Sorel sarà sconfitto dalla Storia, mentre il riformismo di Bernstein, nonostante le feroci critiche degli ambienti marxisti ortodossi (la SPD rinuncerà, ufficialmente, al marxismo solo nel 1959) , si imporrà in tutti i paesi avanzati.