Non è per niente facile
avere un parente straordinario...Coloro che non intuiscono subito i
pericoli di quella che sembrerebbe una benedizione piovuta sulla
propria casa e non corrono, per tempo, ai ripari, finiscono, spesso,
per vivere la propria vita all'ombra dell'illustre familiare.
Se poi ci si rende conto,
con il passare del tempo, che la “grandezza” alla quale si sono
sacrificati i propri anni è più percepita che reale, i rimpianti,
allora, si moltiplicano.
Certo, a volte si tratta
di scelte di comodo, ma anche il retaggio culturale gioca la sua
parte: il punto di equilibrio tra il senso di appartenenza (e la
conseguente lealtà verso il proprio sistema familiare), da un lato,
ed il diritto all'autorealizzazione personale, dall'altro, è diverso
a seconda dell'ambiente in cui si vive.
E, allora, passiamo da
Sorel a Čechov ed al suo “Zio Vanja”, uno studio minuzioso
sull'inerzia della vita borghese e sugli inganni del tempo.
Facciamo prima, però, un
breve riepilogo per chi l'opera non l'ha letta.
L'anziano professor
Serebrijakov, accompagnato dalla seconda moglie, la bellissima Elena,
giunge alla sua tenuta di campagna.
In tutti questi anni,
mentre l'illustre accademico si dedicava ai suoi studi e riceveva le
sue gratificazioni, sono stati suo cognato Ivan Petrovič Vojnicki,
lo “zio Vanja”, fratello della sua prima moglie, e Sonja, la
figlia nata dal primo matrimonio, a mandare avanti l'azienda agricola
ed a fare sacrifici affinché il luminare potesse vivere secondo lo
stile che gli conveniva.
Ma adesso il professore è
un vecchio uggioso e malandato mentre sua moglie, invece, è troppo
giovane e bella per non ridestare le passioni ed i risentimenti che
covano nell'animo degli altri protagonisti.
Cominciamo proprio da
lui, lo zio Vanja: resosi conto di esser giunto ad un'età alla quale
brusche virate sono impossibili e di aver sempre vissuto guidato dal
senso del dovere e soffocando le sue aspirazioni, invidia il
professor Serebrijakov per tutto quello che ha e che, a suo avviso,
non merita;si innamora di Elena ma, ovviamente, non è corrisposto.
L'altro pilastro
dell'azienda agricola, Sonja, è una ragazza virtuosa ma bruttina: è
innamorata del dottor Astrov, un medico di campagna che, però, è
innamorato, tanto per cambiare, anche lui di Elena. Naturalmente, il
dottor Astrov non fa eccezione ed è insoddisfatto della propria vita
ma, almeno, riesce a guardarla con una certa lucidità.
E Elena? Ha sposato il
professore per la sua posizione e per la sua rispettabilità..Astrov
non le è indifferente, si sente infelice ma vuole restare a fianco
del suo sposo, in perfetta malafede.
Ed infine lui, il
professor Serebrijakov, forse il personaggio principale del dramma,
se non altro per quello che, più apertamente di altri, incarna:
l'egoismo.
Quando il professor
Serebrijakov comunica agli altri la sua intenzione di vendere la
tenuta per comprare delle azioni ed una villa in Finlandia per sé e
per Elena, succede il “finimondo”: lo zio Vanja rinfaccia al
professore tutti i sacrifici che ha fatto, lo incolpa del fallimento
della propria vita e poi, armatosi di pistola, gli spara.....
mancandolo!
Elena, sconvolta per
l'accaduto, ed il professore decidono, quindi, di partire.
Successivamente, zio
Vanja ruberà anche una fiala di morfina dalla borsa del dottor
Astrov, probabilmente al fine di suicidarsi ma, poi, la restituirà.
La “burrasca”, in fin
dei conti, è solo un temporale passeggero e tutto riprenderà come
prima, con zio Vanja e Sonja ad occuparsi dell'azienda.
Zio Vanja, in effetti, è
l'unico, nell'inerzia generale, ad agire, ma lo fa in modo goffo,
cadendo nel ridicolo; per il resto, ogni personaggio rimane
prigioniero della propria idea.
A non essere messe alla
“gogna” dall'autore, tutto sommato, sono soltanto l'etica del
lavoro e la cristiana rassegnazione di Sonja.
Certo, non “vivrà per
sempre felice e contenta” ma, comunque, vivrà.