Riprendiamo il discorso
da dove l'avevamo lasciato, ossia da quell'incontentabilità che
sembra non darci requie.
Qualcuno di voi avrà già
indovinato, oggi parleremo dell'ultimo romanzo di uno dei miei autori
preferiti, John Steinbeck: “L'inverno del nostro
scontento” (1961).
Ethan discende da una
famiglia molto importante di Long Island. La sua eredità, però, è
davvero pesante: un codice d'onore, passato di generazione in
generazione, un'ottima educazione e una grande sensibilità. Già,
perché essere onesti è più
difficile quando si è poveri ed il padre di Ethan ha dilapidato il
patrimonio della famiglia in un investimento sbagliato, così adesso
lui deve lavorare come commesso in un negozio per mantenere i suoi:
la moglie Mary ed i due figli, Allen e Helen.
In verità, a lui la sua
attuale condizione sociale non peserebbe: Ethan è intelligente,
spiritoso, colto, innamorato e l'onestà, la lealtà e l'amicizia per
lui valgono molto di più del denaro.
Ai suoi familiari, però,
dover rinunciare a quello che altri invece hanno, pesa ogni giorno di
più...
E così, l'ambizione e il
codice d'onore vengono presto ai ferri corti e, alla vigilia di Pasqua, inizia la “passione” anche di Ethan.
Fare soldi, con qualsiasi
mezzo, anche imbrogliando, perché “pecunia non olet” (il denaro
non ha odore)....Ethan sa, però, che la ricchezza porta con sé altre
compagne: l'avarizia, l'invidia e la paura.
Money does not change
the sickness, only the symptoms.”
Il denaro non guarisce la
malattia, ne cambia solo i sintomi.
Nonostante ciò, si
decide a “passare il Rubicone” . Se da un lato riesce a
raggiungere presto i suoi obiettivi, dall'altro si rende conto di
essere sprofondato in un'infelicità senza rimedio.
Perché non si
può tradire se stessi.
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