Si avvicinano le vacanze
e probabilmente saranno molti quelli che sceglieranno la Sicilia.
Sapevate che i Greci situavano il paese dei Ciclopi ai piedi
dell'Etna.... Ve l'immaginate?
-Qualcuno ha visto
Polifemo?
Già, provando a chiedere
qua e là, a parte Omero, sono molti quelli che raccontano storie su
di lui e tra questi anche delle nostre vecchie conoscenze, come
Virgilio, Euripide e Ovidio.
Il mito di oggi è
quello, però, di “Polifemo innamorato”, a dimostrazione che
comunque “Il Magnifico” si sbagliava quando scriveva “non
può fare a Amor riparo se non gente rozze e ingrate “: perfino il brutale e ottuso Polifemo è inerme di fronte alle frecce di
Cupido.
E andiamo dunque a
ripercorrere la favola di Polifemo e Galatea attraverso i versi
eleganti di Luis de Góngora, poeta e drammaturgo spagnolo del
Secolo d'Oro, nonché bersaglio preferito degli strali di un'altra
nostra conoscenza, Don Francisco Quevedo che lo copriva di ogni sorta
di improperi (credevate forse che l'invettiva poetica fosse
circoscritta al XIII e XIV secolo nonchè all'Umbria e alla
Toscana?), così ripariamo ad una grandissima ingiustizia perché se
da un lato è naturale che Don Francisco, con “toda su mala leche”
(il suo caratteraccio) , si attiri le nostre simpatie, dall'altro
bisogna riconoscere che lo stile di Góngora è davvero raffinato.
Polifemo, colpito dalla
bellezza della ninfa Galatea, prova nel suo cuore una tenerezza
assolutamente insospettabile e darebbe anche la vita per lei. Ma
Galatea ama il pastore Acis e …
No a las palomas
concedió Cupido
juntar de sus dos
picos los rubíes,
cuando al clavel el
joven atrevido
las dos hojas le chupa
carmesíes.
Cuantas produce Pafo,
engendra Gnido,
negras vïolas,
blancos alhelíes,
llueven sobre el que
Amor quiere que sea
tálamo de Acis ya y
de Galatea.
Appena ai
colombi concesse Cupido
di unire
dei due becchi i rubini
quando al
garofano il giovane audace
le due
foglie succhia cremisi,
Tutto
quello che Pafo dona, genera Gnido,
nere
viole, bianchi gladioli,
piovono
sopra quello che Amore vuole che sia
il talamo
di Acis e di Galatea.
A questo punto, Polifemo
non ci vede più....
Su aliento humo, sus
relinchos fuego,
si bien su freno
espumas, ilustraba
las columnas Etón que
erigió el griego,
do el carro de la luz
sus ruedas lava,
cuando, de amor el
fiero jayán ciego,
la cerviz oprimió a
una roca brava,
que a la playa, de
escollos no desnuda,
linterna es ciega y
atalaya muda.
Il suo
respiro fumo, i suoi nitriti fuoco,
così
bene il suo freno le schiume, illustrava
Etone le
colonne che eresse il greco,
dove il
carro della luce lava le sue ruote,
quando,
cieco d'amore il feroce gigante,
schiacciò
la nuca contro una roccia selvaggia,
che alla
spiaggia, di scogli non nuda,
lanterna
è cieca e torre di guardia muta.
*dalla
Favola di Polifemo e Galatea – L.de Góngora
Polifemo uccide Acis
tirandogli un macigno e Acis viene convertito in un fiume, le cui
placide acque bagnano l'isola.