Debito pubblico, debito privato, debito con la società, debito formativo, debito di riconoscenza e, se apparteniamo alla schiera degli inguaribili "dreamers", potremmo sicuramente contrarre anche qualche debito con la realtà.
Beh, il tema è terribilmente serio, però la tentazione di giocare un po' con le parole è forte, quindi prendiamolo come al solito alla lontana e alla leggera...Vi è mai capitato, da ragazzi, di prestare qualche migliaio di lire ad un amico o ad un compagno di scuola e che costui, al momento di restituire il dovuto, nicchiasse?
Cominciamo quindi da una nostra vecchia conoscenza, il carissimo Esopo, che ci racconta quello che succedeva ad Atene...
Esopo - il debitore Ateniese |
Ad Atene un debitore, essendogli stato richiesto dal creditore di restituire il prestito, dapprima lo pregava di accordargli una dilazione, dicendo che era in grande penuria. Giacchè non lo persuadeva, avendo condotto la sola scrofa che aveva, in sua presenza la mise in vendita. Essendo sopraggiunto un acquirente e avendo chiesto se la scrofa fosse fertile, quello rispose che essa non solo figliava, ma anche in modo stupefacente. Disse che ai misteri generava femmine e alle Panatenaiche maschi.Essendo quello rimasto impressionato per il discorso, il creditore disse:"Non ti meravigliare. Questa infatti per le Dionisiache ti genera anche capretti."
Il racconto ci mostra che molti per il proprio profitto non esitano a testimoniare il falso nemmeno su cose impossibili.
Certo, si tratta dei degni antenati de "il Gatto e la Volpe", comunque, quando i debiti non venivano pagati, ben pochi avevano il senso dell'umorismo di Esopo. I Romani, ad esempio, riservavano ai debitori insolventi un'amara sorte: vediamo cosa prevedevano le leggi delle XII tavole (Tabula III).
In caso di riconoscimento del debito o di condanna in giudizio, il debitore aveva un termine di 30 giorni per l'adempimento; trascorso tale termine, si procedeva alla cattura e veniva portato dinanzi al magistrato.
NI IUDICATUM FACIT AUT QUIS ENDO EO IN IURE VINDICIT, SECUM DUCITO, VINCITO AUT NERVO AUT COMPEDIBUS XV PONDO, NE MAIORE AUT SI VOLET MINORE VINCITO.
Se non adempie al giudicato o se nessuno presta garanzia per lui davanti al giudice, il creditore lo conduca con sè e lo leghi con catene o ceppi di 15 libbre, non più pesanti ma, se vuole, di peso minore.
Il debitore poteva alimentarsi a sue spese altrimenti era il creditore a doverlo nutrire. Nel frattempo si cercava un accordo tra le parti; se non si riusciva a trovarlo, il debitore rimaneva prigioniero del creditore per 60 giorni e condotto davanti al Pretore per tre giorni di mercato consecutivi: il terzo giorno veniva messo in vendita o ucciso.
TERTIIS NUNDINIS PARTIS SECANTO. SI PLUS MINUSVE SECUERUNT, SE FRAUDE ESTO.
Il terzo giorno venga tagliato in parti. Se ne tagliano di più o di meno, non costituisce frode.
Non c'è che dire....Anche Shakespeare, del resto, ci mette in guardia dal contrarre dei debiti: dall'Amleto, eccovi un pezzetto della benedizione di Polonio al figlio Laerte.
For loan oft loses both itself and friend,
And borrowing dulls the edge of husbandry.
This above all: to thine own self be true,
And it must follow, as the night the day,
Thou canst not then be false to any man.
Non dare nè prendere in prestito,
perchè il denaro prestato spesso perde sia sè stesso che l'amico,
ed il debito smussa il filo dell'economia.
E questo innanzitutto: sii sincero con te stesso,
e così deve necessariamente seguire, come la notte il giorno,
che non potrai essere falso con nessun altro uomo.
Beh, fin qui nulla di nuovo sotto il sole: Money makes the world go around..Eppure, qualcuno aveva provato a suggerirci un'indulgenza nuova..Dal Vangelo di Luca (7,41-42)
Duo debitores erant cuidam feneratori:unus debebat denarios quingentos,alius quinquaginta. Non habentibus illis, unde redderent,donavit utrisque.
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Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo quelli da dove restituire, condonò il debito a entrambi.
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E forse, condonare ogni tanto qualche debito , piccolo o grande che sia, è anche la cosa più saggia.