Ricordate Peekay, il
bambino inglese che, crescendo in pieno apartheid e sperimentando
personalmente la crudeltà dei boeri, decide di diventare, al tempo
stesso, un pugile ed un avvocato?
Beh, come vi avevo
anticipato tempo fa, il romanzo "The power of one" (
Bryce Courtenay) ha un
seguito, “Tandia”
(N.D.R. : è disponibile solo in lingua inglese, ma la lettura è
coinvolgente, quindi coraggio!!!) , che alla fine sono riuscito a
procurarmi e che sarà quindi l'oggetto del post odierno.
Ricapitolando,
Peekay ha due sogni nel cassetto: diventare campione del mondo di
pugilato e laurearsi in legge ad Oxford, per poi tornare in Sud
Africa e difendere i diritti civili delle altre etnie. Ci riuscirà,
mettendo su uno studio di "Avvocati Veramente Speciali" (praticamente
lavoravano quasi gratis), insieme al suo inseparabile amico Hymie e
a Tandia,una ragazza afro-indiana. A questo
punto una parentesi ci vuole perché, un po' prima dell'arco
temporale durante il quale si snodano le vicende dei protagonisti ,
un altro “Avvocato Veramente Speciale” si dedicò effettivamente
alla difesa dei diritti civili degli immigrati indiani in Sud
Africa... Esatto, proprio lui, Gandhi,
a dimostrazione che anche un sogno, se diviene contagioso, si può
realizzare, con buona pace degli azzeccagarbugli che preferiscono
stare sempre dalla parte dei potenti ( e dei prepotenti). Già,
questi avvocati sono veri e propri medici che curano la società dai
malanni dell'ingiustizia e se un campione di boxe può mettere facilmente al tappeto i cattivi, un “AVS” può aiutare un popolo,
i cui diritti vengono sistematicamente calpestati, a rialzarsi.
Ma
torniamo al romanzo e alle riflessioni che ci suggerisce... Uno dei
temi portanti è la descrizione, molto presente tra le pagine del
libro, del sentimento di odio che l'oppressore nutre per le sue
vittime.
E'
un sentimento che lo fa sentire forte, praticamente onnipotente, ma è
anche un sentimento egoista, che reclama per sé tutto lo spazio fino
a diventare mania e a privarlo di qualsiasi gioia.
Mentre
Peekay, Hymie e Tandia soffrono ma conoscono anche la felicità e la
speranza, il cattivissimo Geldenhuis si tormenta tutto il
tempo e le sue soddisfazioni sono ben misere: i riconoscimenti di
carriera che ottiene ed il male che fa non riescono mai a
soddisfarlo.
Naturalmente
anche le sue vittime, soprattutto Tandia, lo odiano ma quest'odio non
arriva mai ad un punto di non-ritorno. Giustamente, Courtenay
scrive:
But
he should have known, hate cannot live in a good man's hands for
long, hate has to find the fingers it knows
Ma
[Peekay] avrebbe dovuto saperlo, l'odio non può vivere a lungo nelle
mani di un uomo buono, l'odio deve trovare delle dita che conosce
bene.
Quale
che sia l'evento catalizzatore che fa sì che alcuni divengano anfitrioni perfetti per questo sentimento, francamente, poco importa: una volta che ha messo
radici, può rimanere latente, ma estirparlo è difficile.
Beh,
la trama non ve la svelo più, leggetelo (prima leggete, però, “The
Power of one”), ma il messaggio finale è questo: se non ci faremo
corrompere, avremo comunque una vita bellissima.
P.S. : Visto che uno dei nostri ultimi filoni aperti è quello degli imperi che crollano, colgo l'occasione per riportare questo esempio che Gandhi utilizzava per sottolineare l'importanza della scelta dei mezzi anche quando si tratta di conquistare la propria libertà:
If I pay for your watch, it becomes my own property; If I fight for your watch, it becomes stolen property; If I plead for your watch, it becomes a donation.
Se pago per il tuo orologio, diviene di mia proprietà; se prendo con la forza il tuo orologio, diviene un bene rubato; se faccio richiesta per il tuo orologio, diviene una donazione.
Macchiavelli può andare in soffitta.
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