Beh, visto che l'ultimo
post ha avuto un discreto successo, continuiamo a parlare di poesia e
trattiamo, oggi, un poeta al di fuori della tradizione classica
nazionale, Dino Campana.
Seguendo la linea
editoriale di questo blog, lasceremo le valutazioni tecniche sulla
poesia ( e sulla prosa) di Campana alla critica e proporremo invece
alcune sue "pennellate", sperando, anche questa volta, di
riuscire a suscitare il vostro interesse. Iniziamo da Genova, città
di partenze...
Poi che la nube si fermò nei cieli
Lontano sulla tacita infinita
Marina chiusa nei lontani veli,
E ritornava l'anima partita
Che tutto a lei d'intorno era già
arcanamente
illustrato del giardino il verde
Sogno nell'apparenza sovrumana
De le corrusche sue statue superbe:
E udìi canto udìi voce di poeti
Ne le fonti e le sfingi sui frontoni
Benigne un primo oblìo parvero ai
proni
Umani ancor largire: dai segreti
Dedali uscìi: sorgeva un
torreggiare
Bianco nell'aria: innumeri dal mare
Parvero i bianchi sogni dei mattini
Lontano dileguando incatenare
Come un ignoto turbine di suono.
Tra le vele di spuma udivo il suono.
Pieno era il sole di Maggio.
[Genova]
Già, il mito di Genova
ha sempre avuto un posto d'onore nei sogni dei viaggiatori e quindi,
meritatamente, nella poesia.
Ma cambiamo tema ...
Tu sentirai le rime scivolare
In cadenza nel caldo della stanza
Sopra il guanciale pallida a sognare
Ti volgerai, di questa lenta danza
Magnetica il sussurro a respirare.
La luna stanca è andata a riposare
Gli ulivi taccion, solo un ubriaco
Che si stanca a cantare e ricantare:
Tu magra e sola con i tuoi capelli
Sei restata. Nel cielo a respirare
Stanno i tuoi sogni. Volgiti ed
ascolta
.....
[Una strana zingarella]
Bella, vero? Forse, visti
i tempi che corrono, è ancora più intrigante quest'immagine di
qualcuno che vuole offrire i suoi versi ad una zingarella.
E allora restiamo sul
"sociale" e parliamo di movimenti migratori e sbarchi..
Come sapete, moltissimi
nostri connazionali andarono a cercare fortuna in Argentina:
Il bastimento avanza lentamente
nel grigio del mattino tra la nebbia
sull'acqua gialla d'un mare fluviale
appare la città grigia e velata.
Si entra in un porto strano. Gli
emigranti
impazzano e inferocian accalcandosi
nell'aspra ebbrezza d'imminente
lotta.
Da un gruppo d'italiani ch'è
vestito
in un modo ridicolo alla moda
bonearense si gettano arance
ai paesani stralunati e urlanti.
Un ragazzo dal porto, leggerissimo,
prole di libertà, pronto allo
slancio
li guarda colle mani nella fascia
variopinta ed accenna ad un saluto.
Ma ringhiano feroci gli italiani.
[Buenos Aires]
Il merito di Campana, in
questo caso, è quello di riuscire a descrivere, meglio di quello che
potrebbe fare qualsiasi filmato, le emozioni di queste persone che,
lasciandosi dietro anni di miseria e di torti subiti, approdano, dopo
un viaggio "non proprio confortevole", in una terra nuova.
Dall'altro lato, ad
attenderli, c'è la comunità italiana, da quanto si evince, già ben
integrata.
Ma l'aria gioiosa di
quella che dovrebbe essere una festa di benvenuto diviene subito
pesante: i nuovi arrivati sono esasperati, diffidenti e aggressivi.
Inutile filosofeggiare
più di tanto: la sofferenza ci cambia, in meglio o in peggio; in
quest'ultimo caso, c'è bisogno di un grande lavoro di ricostruzione.
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