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giovedì 27 ottobre 2016

A stormy night

Come avrete intuito, ho una certa passione per la letteratura internazionale e qualche giorno fa, cercando di mettere un po' d'ordine tra gli scaffali, ho ritrovato un libro di letteratura romena.
E poiché, di solito, la letteratura romena non trova spazio nei programmi scolastici, cercherò, in qualche modo, di porvi riparo, provando, come al solito, a non annoiarvi.
Cominciamo, quindi, dall'inizio.. Come saprete, Traiano conquistò la Dacia a seguito di due guerre (101-102 e 105-106) ed i Daci furono, rapidamente, “romanizzati”. Nel 271, Aureliano dovette cedere la Dacia ai Goti, ma né i Goti né i successivi invasori riuscirono a sradicare la lingua romena.
Naturalmente, il romeno fu, per molto tempo, esclusivamente lingua “parlata” ed iniziò a divenire lingua anche “scritta” solo nel XVI secolo, con la traduzione di alcuni testi religiosi.
Nel XVII secolo viene redatta la prima Storia della Romania e, dopo il periodo “fanariota” e la scuola “latinista”, con l'avvento dell'Illuminismo, nasce la letteratura romena moderna grazie, soprattutto, al lavoro di Gheorghe Asachi e Ioan Heliade Radulescu.
Il 1840 è l'anno della pubblicazione della rivista “Dacia literară”, ed il periodo che va dal 1840 al 1860 è caratterizzato dal tradizionalismo e dal nazionalismo come reazione all'Illuminismo e al classicismo di Asachi e Heliade; il maggior esponente di questa corrente letteraria fu il poeta e drammaturgo Vasile Alecsandri.
Il periodo successivo al 1860 è quello di Junimea, ossia “l'arte per l'arte”; il suo maggior teorico fu Titu Maiorescu, ma per Junimea passarono, tra gli altri, anche Mihai Eminescu e Ion Luca Caragiale.
Fermiamoci (e soffermiamoci) quindi, per oggi, su quest'ultimo e sulla sua commedia “O noapte furtunoasă” (“Una notte tempestosa”).
Un ricco uomo d'affari, il signor Dumitrache, sospetta di adulterio la moglie Veta e mette alle costole del presunto rivale, il giovane Rică , il suo fedele commesso Chiriac.
In realtà, l'amante della moglie è proprio Chiriac, mentre Rică è innamorato di Ziţa, la sorella della moglie di Dumitrache. Per errore, Rică entra nella stanza di Veta e dopo una rocambolesca fuga dalla finestra, viene catturato, con l'aiuto di Chiriac e di un maresciallo, da Dumitrache.
Ziţa, però, chiarisce l'equivoco e Rică chiede, ufficialmente, la sua mano.
Così Dumitrache, che sospettava Rică perché era invidioso della sua gioventù e della sua eleganza, finisce per abbracciare l'ex presunto rivale e tutto lascia presagire che Veta continuerà, tranquillamente, a tradirlo con Chiriac.
Il bersaglio degli strali di Caragiale non sono, però, gli istituti borghesi, ma gli appartenenti alla borghesia e la loro vanità. Venute meno le differenze sociali sostanziali, si instaura una competizione feroce e, a tratti, folle tra gli individui che impedisce, di fatto, che la libertà e l'uguaglianza, sancite dalla Carta Costituzionale delle democrazie liberali, vengano pienamente godute.
Dumitrache, quando Rică manifesta la sua intenzione di sposare Ziţa, mostra qual è il vero male che lo affligge: 

-Ci onorerebbe molto...La dote non è grande, e Lei, sa, è qualche gradino più su...noi siamo commercianti...

-Cittadino,-taglia corto Rică- siamo in un regime liberale: uno non può essere al di sopra di un altro, la Costituzione non lo permette.
 
Rică, tuttavia, non è diverso da Dumitrache (anzi, direi che Dumitrache è una proiezione di Rică: anche quest'ultimo si sentirà, prima o poi, qualche gradino al di sotto di qualcuno, anche lui sarà geloso e anche lui coltiverà le sue segrete ambizioni): per questo, sono destinati ad intendersi.

POST COLLEGATI: Parte II  Parte III

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