Prendiamo
a pretesto il fatto che abbiamo ormai superato le 100.000
visualizzazioni (N.D.R.: GRAZIE A TUTTI!!!) per parlare di una delle
più famose (e, a mio avviso, anche la più angosciante) opere di
Pirandello: Uno, nessuno e centomila.
Possiamo
così introdurre l'ennesimo dei problemi della nostra epoca, quello
della crisi di identità e della frammentazione dell'io attraverso le
amare riflessioni del protagonista, Vitangelo Moscarda.
Il
nostro eroe vive una vita placida finché un giorno la moglie gli fa
notare che il suo naso è leggermente storto e allora...ALLORA CAMBIA
TUTTO!!!
Si
rende conto, infatti, che gli altri lo vedono diversamente da come si
era visto lui fino a quel giorno e allora il suo obiettivo diventa
quello di scoprire effettivamente sé stesso.
Se
per gli altri non ero
quel che ora avevo creduto d'essere per me, chi ero io?
…......
E
mi fissai d'allora in poi in questo proposito disperato: d'andare
inseguendo quell'estraneo ch'era in me e che mi sfuggiva; che non
potevo fermare davanti a uno specchio perché subito diventava me
quale io mi conoscevo; quell'uno che viveva per gli altri e che io
non potevo conoscere; che gli altri vedevano vivere e io no. Lo
volevo vedere e conoscere anch'io così come gli altri lo vedevano e
conoscevano. Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo
estraneo: uno solo per tutti, come uno solo credevo d'esser io per
me.
Impresa
disperata, non c'è che dire....E se si seguisse quel consiglio che
ci hanno sempre dato, ossia “non ti curare di quello che la gente
pensa di te e lasciala dire...”? Anche per questo, Vitangelo ha una
risposta:
Attendete
a vivere per voi, e fate bene, senza darvi pensiero di ciò che
intanto possiate essere per gli altri; non già perché dell'altrui
giudizio non v'importi nulla, ché anzi ve ne importa moltissimo; ma
perché siete nella beata illusione che gli altri, da fuori, vi
debbano rappresentare in sé come voi a voi stessi vi rappresentate.
…......
Insomma,
se qualche volta appena appena avvertite di non essere per gli altri
quello stesso che per voi; che fate? (Siate sinceri). Nulla fate, o
ben poco. Ritenete al piú al piú, con bella e intera sicurezza di
voi stessi, che gli altri vi hanno mal compreso, mal giudicato; e
basta. Se vi preme, cercherete magari di raddrizzare quel giudizio,
dando schiarimenti, spiegazioni; se non vi preme, lascerete correre,
scrollerete le spalle esclamando: "Oh infine, ho la mia
coscienza e mi basta."
E
probabilmente è vero: nessuno è al 100% impermeabile ai giudizi
degli altri, anche se, effettivamente, la coscienza e l'orgoglio sono
un bel sostegno: ci si sente, in ogni caso, vittime di una
prevaricazione.
Va
beh, ma, al di là del nostro sentire, ci dovrà pur essere una
realtà...Macché!!!!!!
C'è
forse una realtà sola, una per tutti? Ma se abbiamo visto che non ce
n'è una neanche per ciascuno di noi, poiché in noi stessi la nostra
cangia di continuo! E allora?
….........
Perché,
se ci pensate bene, questo è il meno che possa seguire dalle tante
realtà insospettate che gli altri ci danno. Superficialmente, noi
sogliamo chiamarle false supposizioni, erronei giudizi, gratuite
attribuzioni. Ma tutto ciò che di noi si può immaginare è
realmente possibile, ancorché non sia vero per noi. Che per noi non
sia vero, gli altri se ne ridono. È vero per loro.
Naturalmente
l'autore condisce , come al solito, questi monologhi con una buona
dose di ironia, e invito, chi non l'ha letto, a leggere il testo....
Perché, al di là del fatto che forse dopo, probabilmente, avremo
una sacrosanta esitazione prima di lasciarci andare a frasi del
genere “Lei non sa chi sono IO” o, peggio ancora, “Mo' ti
faccio vedere IO”(non essendo più sicuri di quale IO vogliamo
intendere!!), il fatto che il cambiamento continuo sia insito nella
vita è una cosa bellissima: l'arte di costruirci (o di
ricostruirci) è qualcosa che si impara strada facendo e non dobbiamo
mai stancarci di perfezionarla. Cambiare è naturale e se qualcuno
intorno a voi pretende coerenza....Beh, nemmeno la coerenza è sempre
una virtù: a volte è un alibi, altre è idiozia.