Editore di Directory Italia - http://directory-italia.blogspot.com/

mercoledì 24 aprile 2013

Oltre il ponte

Lo so, molti di voi la conoscono, anche grazie ai MCR che l'hanno messa in musica (Oltre il ponte), ma Calvino è tra i miei autori preferiti (è doveroso ricordare il bellissimo “Il sentiero dei nidi di ragno”, già ospite di un post precedente) e nonostante sulla Resistenza e sui partigiani abbiano scritto poesie i migliori (Quasimodo, Rodari, Pasolini, Ungaretti,ecc.) , “Oltre il ponte” ha, a mio avviso, qualcosa in più.
Visto che la conoscete, ve ne riporto solo uno stralcio....
…..
Silenziosa sugli aghi di pino
su spinosi ricci di castagna
una squadra nel buio mattino
discendeva l'oscura montagna.

La speranza era nostra compagna
a assaltar caposaldi nemici
conquistandoci l'armi in battaglia
scalzi e laceri eppure felici.
…....
Non è detto che fossimo santi
l'eroismo non è sovrumano
corri, abbassati, dai corri avanti!
ogni passo che fai non è vano.

Vedevamo a portata di mano
oltre il tronco il cespuglio il canneto
l'avvenire di un giorno più umano
e più giusto più libero e lieto.
…...

Questi versi, senza toni solenni, ci trasmettono quella miscela di felicità e di entusiasmo nel mettersi in gioco per un'idea che è propria dei giovani .
E infatti, molti partigiani erano poco più che ragazzi, anzi tantissime furono le ragazze ed tantissimi i bambini che contribuirono alla Resistenza portando messaggi, cibo e aiuti a chi aveva preso la strada della montagna.
Inoltre, la speranza che ci viene partecipata non è tanto la cacciata dei nazifascisti né il riscatto della Patria, ma qualcosa di più semplice e che valga per tutti (anche per chi combatteva dall'altra parte): un domani di libertà e giustizia, in cui ciascuno abbia la sua parte di felicità.

Buon 25 Aprile!

martedì 16 aprile 2013

Il diavolo a quattro

Facciamo un break e parliamo di cinema. Per l'occasione, ho scelto di tirar fuori dalla mia videoteca il primo lungometraggio di François Truffaut, "Les Quatre Cents Coups", che inizierà la cosidetta "Nouvelle Vague". Premessa doverosa, in questo caso non possiamo adoperare la traduzione letterale ("I quattrocento colpi") : "faire les 400 coups" si può rendere in italiano in "fare il diavolo a 4" ed è più o meno quello che fa, in senso "buono",  il giovanissimo protagonista, Antoine Doinel.
Più Pinocchio che Gian Burrasca, Antoine inventa una bugia enorme per giustificare la "sega" a scuola, raccontando al professore che sua madre è morta, poi scappa da casa, "plagia" Balzac in un tema e finisce per rubare una macchina da scrivere dall'ufficio di suo padre (che in realtà lo è solo di nome), salvo poi farsi "beccare" mentre la restituisce.
Finisce così in un "Centre d'observation" (non so perchè, ma mi viene automaticamente la rima con "prison") dal quale comunque alla fine evaderà con una bella, liberatoria e indimenticabile corsa.
Ma chi è Antoine Doinel e perchè si comporta così? E' un normalissimo adolescente, un sognatore,  che cresce in una famiglia che non gli presta l'attenzione necessaria e che alla fine non ne vuole più sapere di lui. Prova a comportarsi bene, ma i suoi tentativi falliscono tutti maldestramente: è talmente devoto di Balzac da costruirgli una sorta di altare in un armadietto, con tanto di candela, rischiando di mandare a fuoco la casa. Mente in continuazione, ma se non mentisse sarebbe la stessa cosa perchè la verità ed il suo disagio non interessano a nessuno. E quali sono, poi, i suoi modelli? La madre tradisce il suo padre "legale" mentre quest'ultimo sembra un buon diavolo ma in realtà si disinteressa completamente di lui e il suo unico scopo nella vita è l'organizzazione di corse automobilistiche.
Il maestro, la polizia, l'educatore del riformatorio rappresentano poi  quel tipo di società verso la quale un adolescente non può che ribellarsi; il suo unico conforto in un mondo completamente ostile è il suo compagno di marachelle, René ( NDR: ci vuole sempre un "Lucignolo").
Antoine è decisamente un "puro", paga il prezzo anche di marachelle non sue (e questa è una cosa che ho spesso notato: le marachelle dei "chirichetti" le pagano quasi sempre le "pecore nere" che  lo fanno con quella dignità che manca ai primi), è un ingenuo (racconta tutto alla psicologa del riformatorio, con la conseguenza che i suoi genitori decidono di tagliare definitivamente i ponti con lui) e ha coraggio, quindi sembra inevitabilmente destinato alla sconfitta. Verrà sconfitto definitivamente? Non lo credo, con la sua fuga continua la rincorsa verso una nuova moralità che si basi più sulla sensibilità che sulla fermezza.

venerdì 12 aprile 2013

Sono Toste Queste Troiane

Beh, dopo "bruttine stagionate" che si fanno valere, Ipazie straordinarie e donne tutte d'un pezzo come Lucinda Matlock, mi è venuta in mente la tragedia che portò all'esame di maturità l'ex ragazza di mio fratello, "Le Troiane" di Euripide (a me era toccata "Medea", altra tipetta da prendere con le molle...).
Ma veniamo alle Troiane...Dopo la vittoria dei Greci, Cassandra, Ecuba, Andromaca e Elena attendono il loro destino. La loro città è stata distrutta, i loro cari sono stati uccisi e per loro si profila un futuro da schiave: in estrema sintesi, hanno perso tutto ma non perdono la loro dignità.
Cominciamo da Cassandra: per una qualche ragione, Agamennone si è invaghito di lei e se la prende come concubina. Vediamo cosa dice ad Ecuba congedandosi, tanto per cominciare in bellezza:

..se infatti esiste l'Ambiguo (Apollo), sposa in me una moglie più funesta di Elena il celebrato condottiero degli Achei Agamennone: infatti lo ucciderò, distruggerò la sua casata portandogli il castigo per i miei fratelli e per mio padre. 

 Il successivo discorso di Cassandra contiene poi un ragionamento molto interessante: i Greci sono molto più disgraziati dei Troiani, in quanto in questi 10 anni di guerra hanno vissuto lontano dalle loro famiglie (e le loro famiglie lontano da loro), senza aver il conforto dell'abbraccio dei loro cari nei numerosi lutti che li hanno colpiti, senza avere la consolazione di esser morti per difendere la patria..La guerra, in effetti, non porta niente di buono, neanche a chi la vince.
Passiamo poi ad Andromaca, la moglie di Ettore: sarà schiava di Neottolemo, il figlio di Achille, ed il suo bambino, Astianatte, sarà ucciso (su consiglio di Ulisse, che ritiene che sia più prudente non far crescere il figlio di un eroe: anche l'uomo dal "multiforme ingegno" non fa una bella figura in questa tragedia).  Vediamo come risponde Andromaca al latore delle sue sciagure:








Dunque andate, portatelo via e gettatelo, se vi pare giusto precipitarlo; mangiatevi le sue carni, poichè dagli dei veniamo distrutti  e non potremmo evitare la morte a questo fanciullo; coprite il misero corpo e gettatelo sulle navi: verso un bell'imeneo mi avvio, avendo perso il mio proprio figlio.

E infine Ecuba (destinata invece come schiava a Ulisse), che vuole a tutti i costi che Elena paghi con la morte per essere stata la causa della rovina di Troia. Vediamo cosa dice a Menelao, quando Elena cerca di implorare perdono:







Ecuba: Ascoltala, non la privare in morte di questo desiderio, o Menelao, ma concedimi di rispondere alle sue parole; infatti non conosci nessuno dei mali che ha portato in Troia. Assemblando ogni parola la distruggerò così che non possa fuggire da nessuna parte.

E poi c'è chi non sostiene che il peggior nemico di una donna è un'altra donna..Elena comunque cerca di difendersi, facendo risalire l'inizio della sua disgrazia alle elezioni di Miss Olimpo che ebbero Paride come giudice, quello stesso Paride che Priamo non soppresse condannando così Troia, ma Ecuba non le lascia scampo. C'è da dire che, se vogliamo lasciar fuori gli dei, la colpa dovrebbe esser ripartita al 50% tra i due, ma erano altri tempi e quindi..
Nel complesso, la tragedia contiene una forte (e attualissima) denuncia contro la stupidità e gli orrori della guerra: i Greci, re ed eroi in prima fila, sono spietati e ottusi nella loro ferocia e nelle loro passioni, mentre le Troiane conservano, nella disgrazia, un certo decoro (Elena compresa).

Post collegati: Achille

lunedì 8 aprile 2013

L'antologia di S.River

E' ora di colmare una delle tante lacune che ha (e che avrà) questo blog, rendendo omaggio a Egdar Lee Masters, che era uno dei poeti preferiti da un mio compagno di scuola. Più precisamente, al vertice della sua classifica c'erano due poeti tra loro forse agli antipodi, l'americano Masters e il romano Trilussa, accomunabili però da quella schiettezza che probabilmente gli piaceva molto.
Ed è fuori di dubbio che sulla collina di Spoon River c'erano sepolte persone di tutti i tipi e che parlavano senza troppi peli sulla lingua, cosa che probabilmente non doveva piacere al fascismo cosicchè quando il libro fu pubblicato in Italia aveva come titolo, per l'appunto, "Antologia di S.River"  per beffare la censura. Per il momento ci riuscì, ma poco dopo la casa editrice venne confiscata e la traduttrice, Fernanda Pivano, pagherà con il carcere le sue traduzioni di libri "proibiti".
Passata la "nottata", il libro ebbe un grande successo. Probabilmente tutti avrete letto il "Suonatore Jones" , oppure conoscerete altri personaggi dell'opera grazie al lavoro di F.De Andrè "Non al denaro, non all'amore né al cielo", che si ispira per l'appunto all'Antologia di Spoon River...Per oggi scelgo invece, tra i tanti abitanti della collina,  una voce un po' fuori dal coro, quella di Lucinda Matlock:


I went to the dances at Chandlerville,     
And played snap-out at Winchester.     
One time we changed partners,     
Driving home in the moonlight of middle June,     
And then I found Davis.
We were married and lived together for seventy years,     
Enjoying, working, raising the twelve children,     
Eight of whom we lost     
Ere I had reached the age of sixty.     
I spun, I wove, I kept the house, I nursed the sick,  
I made the garden, and for holiday     
Rambled over the fields where sang the larks,     
And by Spoon River gathering many a shell,     
And many a flower and medicinal weed—     
Shouting to the wooded hills, singing to the green valleys.     
At ninety-six I had lived enough, that is all,     
And passed to a sweet repose.     
What is this I hear of sorrow and weariness,     
Anger, discontent and drooping hopes?     
Degenerate sons and daughters,     
Life is too strong for you—     
It takes life to love Life.

Andavo ai balli a Chandlerville
e giocavo alle carte a Winchester.
Una volta cambiammo compagni
tornando a casa con la luna di giugno,
e allora conobbi Davis.
Ci sposammo e vivemmo insieme per settant'anni
divertendoci, lavorando, crescendo i dodici figli
otto dei quali perdemmo
prima che avessi raggiunto i 60 anni
Filavo, tessevo, gestivo la casa, attendevo il malato
curavo il giardino e, per vacanza,
girovagavo per i campi dove cantavano le allodole,
e per lo Spoon River raccogliendo tante conchiglie,
e molti fiori e erba medicinale-
gridando alle colline boscose, cantando alle verdi valli.
A novantasei anni avevo vissuto abbastanza, questo è tutto,
e passai ad un dolce riposo.
Cos'è questo che sento di dispiaceri e stanchezza
rabbia, scontento e speranze deluse?
Figli e figlie degeneri,
la Vita è troppo forte per voi-
ci vuole vita per amare la Vita...

giovedì 4 aprile 2013

Per amare Ipazia

Lasciamoci alle spalle Marilina, bruttina e stagionata, e le sue battaglie epiche per riconoscersi come donna e approfittiamo del fatto che qualche tempo fa hanno dato alla tele Ágora, di Alejandro Amenábar, per parlare sempre della difficoltà a trovare l'anima gemella anche quando la donna è bella ed intelligentissima, come nel caso della protagonista, per l'appunto, la filosofa alessandrina Ipazia (IV secolo d.C.). 
Come tutti i filosofi che si rispettino, Ipazia era astronoma e matematica e anticipò di molti secoli le conclusioni a cui giunse Keplero. Tuttavia i tempi non erano maturi: Ipazia verrà uccisa dai parabolani e il sapere "pagano" verrà cancellato (dietro una grande ostentazione di fede e devozione ci sono a volte ignoranza e violenza). Al di là del fatto che la vita di Ipazia nel film è ovviamente romanzata, la storia nella sua sostanza è vera (la filosofa divenne una martire della scienza e della libertà di pensiero), così come è innegabile che la distruzione del sapere ellenistico fu un danno gravissimo per il progresso scientifico. 
Non voglio però impelagarmi in speculazioni ormai inutili su dove saremmo arrivati oggi se il fanatismo non ci avesse regalato secoli di oscurità...La riflessione odierna è sulle difficoltà per una donna straordinaria ad uscire dalla sua solitudine. 
Socrate, Marx, Einstein, hanno tutti trovato una compagna con la quale condividere la quotidianità; il filosofo o lo scienziato non suscitano probabilmente tanta diffidenza nell'altro sesso quanto ne suscitano invece la filosofa e la scienziata. 
Alle donne per secoli fu quasi impedito di studiare e di insegnare, e quelle che si ostinavano venivano spesso considerate un po' "particolari". 
Probabilmente di tutto ciò si conserva un qualche inconscio retaggio ed è anzi probabile che una donna straordinaria abbia più difficoltà ad uscire dalla sua gabbia che la nostra Marilina.. perchè, se non fosse chiusa in una gabbia, una moderna (o anche un'antica) Ipazia potrebbe anche innamorarsi di un uomo senza grandi qualità (in fin dei conti, guardando la cosa dall'altra metà del cielo, spesso e volentieri le compagne di grandi pensatori erano tutt'altro che delle menti “eccelse”). 
E per amare invece una come Ipazia, senza essere un suo discepolo o un suo collega (perchè questa è una forma di amore diversa, dove gioca un ruolo di primo piano l'affinità)? 
Beh, credo che innanzitutto sarebbe necessario che la curiosità prevalesse sul timore e sulla pigrizia e poi..e poi lasciamo fare alle stelle!
Ipazia


Post collegati: La bruttina stagionata

lunedì 1 aprile 2013

Belle e brutte..

Niente cori da stadio, per carità...E' solo ora di riprendere la nostra esplorazione dei mali contemporanei,  tra i quali un posto (non so se nella "top ten", sono indeciso!)  spetta alla ricerca della bellezza a tutti i costi. Nessuna crociata, ci mancherebbe, ma comunque è un dato di fatto che il ricorso all'estetista se non addirittura al bisturi è diventato molto frequente, anche tra i giovanissimi.
Ma come difendersi e come proteggere i propri figli da un mondo che sembra implacabile nei confronti di chi bellissimo non è? Il rischio emarginazione sembra essere sempre dietro ogni angolo: a scuola, nel lavoro, in tutte le forme di vita sociale..
Come al solito, prendiamoci un libro e vediamo se c'è qualche suggerimento in proposito: questa volta è toccato alla "Bruttina stagionata", di Carmen Covito.
In una Milano non proprio "romantica", vive una zitella quarantenne, timida e sgraziata, che, ironia della sorte ( o della scrittrice), si chiama pure Marilina, così il contrasto con la celebre stella del cinema, che fece innamorare spettatori e presidenti, è gioco forza.
Marilina vive imprigionata nel suo corpo e nei suoi problemi: è laureata ma la sua timidezza le impedisce di affrontare direttamente i conflitti, quindi rifugge terrorizzata la possibilità di dedicarsi all'insegnamento: si guadagna la vita scrivendo tesi di laurea per conto terzi, cosa in cui è bravissima.
Sembra condannata a una vita grigia, però la nostra eroina è senza punti di appoggio (non ha un uomo, nè degli amici, nè una madre, su cui fare affidamento) ma non è senza risorse: la sua peculiarità è un'intrinseca abilità a aggirare tutti i problemi che le si presentano e a trovare una giustificazione a tutti per il loro comportamento, non sempre esemplare, nei suoi confronti e così, senza lasciarsi travolgere dal risentimento, poco a poco esce dalla sua gabbia.
Passando da una relazione all'altra (un ex-tossicodipendente, un extracomunitario, un rampollo benestante), libera la sua sessualità e si rende conto che, nonostante sia brutta, riesce a far conquiste.
Naturalmente questa non è una favola e non c'è un happy end, almeno nel senso pieno del termine: per Marilina non si prospetta quel futuro di matrimonio e maternità che certificano l'integrazione all'interno della società, ma a lei probabilmente non importa..Quello che le importava veramente era essere libera (e volersi un po' di bene) e c'è riuscita.