Beh, dopo "bruttine stagionate" che si fanno valere, Ipazie straordinarie e donne tutte d'un pezzo come Lucinda Matlock, mi è venuta in mente la tragedia che portò all'esame di maturità l'ex ragazza di mio fratello, "Le Troiane" di Euripide (a me era toccata "Medea", altra tipetta da prendere con le molle...).
Ma veniamo alle Troiane...Dopo la vittoria dei Greci, Cassandra, Ecuba, Andromaca e Elena attendono il loro destino. La loro città è stata distrutta, i loro cari sono stati uccisi e per loro si profila un futuro da schiave: in estrema sintesi, hanno perso tutto ma non perdono la loro dignità.
Cominciamo da Cassandra: per una qualche ragione, Agamennone si è invaghito di lei e se la prende come concubina. Vediamo cosa dice ad Ecuba congedandosi, tanto per cominciare in bellezza:
..se infatti esiste l'Ambiguo (Apollo), sposa in me una moglie più funesta di Elena il celebrato condottiero degli Achei Agamennone: infatti lo ucciderò, distruggerò la sua casata portandogli il castigo per i miei fratelli e per mio padre.
Il successivo discorso di Cassandra contiene poi un ragionamento molto interessante: i Greci sono molto più disgraziati dei Troiani, in quanto in questi 10 anni di guerra hanno vissuto lontano dalle loro famiglie (e le loro famiglie lontano da loro), senza aver il conforto dell'abbraccio dei loro cari nei numerosi lutti che li hanno colpiti, senza avere la consolazione di esser morti per difendere la patria..La guerra, in effetti, non porta niente di buono, neanche a chi la vince.
Passiamo poi ad Andromaca, la moglie di Ettore: sarà schiava di Neottolemo, il figlio di Achille, ed il suo bambino, Astianatte, sarà ucciso (su consiglio di Ulisse, che ritiene che sia più prudente non far crescere il figlio di un eroe: anche l'uomo dal "multiforme ingegno" non fa una bella figura in questa tragedia). Vediamo come risponde Andromaca al latore delle sue sciagure:
Dunque andate, portatelo via e gettatelo, se vi pare giusto precipitarlo; mangiatevi le sue carni, poichè dagli dei veniamo distrutti e non potremmo evitare la morte a questo fanciullo; coprite il misero corpo e gettatelo sulle navi: verso un bell'imeneo mi avvio, avendo perso il mio proprio figlio.
E infine Ecuba (destinata invece come schiava a Ulisse), che vuole a tutti i costi che Elena paghi con la morte per essere stata la causa della rovina di Troia. Vediamo cosa dice a Menelao, quando Elena cerca di implorare perdono:
Ecuba: Ascoltala, non la privare in morte di questo desiderio, o Menelao, ma concedimi di rispondere alle sue parole; infatti non conosci nessuno dei mali che ha portato in Troia. Assemblando ogni parola la distruggerò così che non possa fuggire da nessuna parte.
E poi c'è chi non sostiene che il peggior nemico di una donna è un'altra donna..Elena comunque cerca di difendersi, facendo risalire l'inizio della sua disgrazia alle elezioni di Miss Olimpo che ebbero Paride come giudice, quello stesso Paride che Priamo non soppresse condannando così Troia, ma Ecuba non le lascia scampo. C'è da dire che, se vogliamo lasciar fuori gli dei, la colpa dovrebbe esser ripartita al 50% tra i due, ma erano altri tempi e quindi..
Nel complesso, la tragedia contiene una forte (e attualissima) denuncia contro la stupidità e gli orrori della guerra: i Greci, re ed eroi in prima fila, sono spietati e ottusi nella loro ferocia e nelle loro passioni, mentre le Troiane conservano, nella disgrazia, un certo decoro (Elena compresa).
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