Ebbene si, lo confesso: il calcio mi piace ma la
pallacanestro è veramente musica.
Qui in Italia la gente che ama la palla arancione è
meno numerosa di quella che cerca di imitare i virtuosi della pedata
ma...
Do you understand what that's like, having that
ball in your hand... It's like, It's like making sweet music with
your game, only thing is you don't wanna hear the song.
Lei lo capisce a cosa assomiglia, avere quella
palla fra le mani?
E' come comporre una dolce musica con il
vostro gioco, il solo problema è che voi non volete sentire la
canzone (Glory Road, J.Gartner, 2006).
E, da buon romano, la memoria vola agli anni d'oro
del Banco di Roma quando, con Larry Wright a trascinare una gran
bella squadra, conquistò prima il campionato e poi la Coppa dei
Campioni.
E come scordare l'arrivo delle stelle della NBA sul
piccolo schermo e gli innumerevoli tentativi di ripeterne i numeri?
Ma torniamo a Glory Road, film passato per la
televisione qualche tempo fa e probabilmente uno dei migliori che abbia visto su questo sport.
Tratto da una storia vera, racconta come
l'allenatore della squadra dell'Università di El Paso (tra
l'altro, messa abbastanza male finanziariamente), Don
Haskins, porterà i
suoi giocatori alla vittoria della NCAA contro tutto e contro tutti.
In tempi in cui nelle
squadre universitarie i giocatori di colore facevano, per
pregiudizio, molta panchina, vi erano di fatto due tipi di
pallacanestro: quella dei “College”, bianca, essenziale e
tattica, e quella che si giocava nelle strade, nera, atletica e
spettacolare.
Haskins formerà una
squadra con ben 7 giocatori di colore e in finale schiererà un
quintetto di partenza senza bianchi, cambiando per sempre il modo di
giocare a basket.
Tra una partita e
l'altra, il film tocca un po' tutti i temi “caldi”: il duro
lavoro come riscatto, la discriminazione ed il razzismo, l'autostima,
le lotte sociali e, soprattutto, il coraggio civile che a volte è
necessario darsi.
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