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domenica 4 maggio 2014

Città che vai...

Sono contento che il post su Confucio abbia suscitato un po' di interesse.
Del resto, per quanto riesca a ricordare, le scuole di pensiero orientali non si studiavano granché nelle ore di filosofia, rischiando di creare la falsa convinzione che i dibattiti su quali dovessero essere le fondamenta dello Stato ideale e quali i rapporti tra cittadino e Potere fossero riservati agli occidentali.
Non è affatto così, ci furono “maîtres à penser” da entrambe le parti e prometto che vi proporrò in futuro qualche altro spunto interessante in proposito.
Per il momento facciamo, invece, un bel balzo in avanti (V secolo d.C.) perché nella discussione che abbiamo iniziato qualche giorno fa non si può prescindere da Sant'Agostino e dal suo “De civitate Dei”.
Può lo Stato infischiarsene della giustizia, quella “VERA”, in nome del pragmatismo e dell'autolegittimazione?

Dal libro IV:

Remota itaque iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia? quia et latrocinia quid sunt nisi parva regna? Manus et ipsa hominum est, imperio principis regitur, pacto societatis astringitur, placiti lege praeda dividitur. Hoc malum si in tantum perditorum hominum accessibus crescit, ut et loca teneat sedes constituat, civitates occupet populos subiuget, evidentius regni nomen assumit, quod ei iam in manifesto confert non adempta cupiditas, sed addita impunitas. Eleganter enim et veraciter Alexandro illi Magno quidam comprehensus pirata respondit. Nam cum idem rex hominem interrogaret, quid ei videretur, ut mare haberet infestum, ille libera contumacia: "Quod tibi, inquit, ut orbem terrarum; sed quia ego exiguo navigio facio, latro vocor; quia tu magna classe, imperator".


Se la giustizia è estromessa, che cosa sono i regni se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande di ladri che cosa sono se non dei piccoli regni? È pur sempre un manipolo di uomini che è retto dal comando di un principe, è vincolato da un patto sociale e il bottino viene diviso secondo la legge del consenso. Se questo gruppo malvagio cresce con l'entrata di uomini perversi tanto che possiede luoghi, stabilisce residenze, occupa città, soggioga popoli, assume più evidentemente il nome di regno che gli è conferito ormai di fatto non dall'eliminazione della cupidigia ma da una maggiore impunità. Con eleganza e verità allo stesso tempo rispose in questo senso ad Alessandro Magno un pirata fatto prigioniero. Quando, infatti, il re chiese all'uomo cosa gli era venuto in mente per infestare il mare, quello con sincera fierezza: "Lo stesso che a te, rispose, per infestare il mondo intero; ma poiché io lo faccio con un piccolo naviglio, sono chiamato ladro; tu perché lo fai con una grande flotta,sei chiamato imperatore".

Beh, non risponderò oggi alla domanda..Come sapete ci sono diversi punti di vista in proposito e sia la Storia che la Filosofia hanno fatto molto cammino dai giorni di Sant'Agostino. Mentre traducevo questo pezzettino del “ De civitate Dei” mi è venuto in mente, però, un film visto qualche tempo fa: “L'educazione siberiana”, di G. Salvatores (2013). Nella Moldavia Orientale vive una comunità di “onesti criminali”, seguendo la guida indiscussa di “nonno Kuzja”. Questa comunità ha infatti una sua religiosità e agisce secondo quello che ritiene sia la volontà di Dio: é in guerra perenne con coloro che considera “gli sfruttatori” ed è invece gentile e protettiva con i deboli. Si tratta, dunque, di uno Stato? A modo loro, i membri seguono una via di “verità e giustizia” (e disprezzano il denaro, quindi non rubano per cupidigia)..Pertanto, sembrerebbe che nemmeno questa comunità possa fare a meno di ispirarsi a questi valori. Adesso, però, non ve lo racconto più: la storia è interessante e vale la pena di vederlo.
Continueremo, comunque, in futuro, la nostra discussione.

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