Oggi parleremo invece dell'ultimo dei grandi "Maîtres à penser", Jean Paul Sartre.
Due dei suoi libri che ho letto, "Il muro" e "La nausea", sono infatti pubblicati in questo periodo.
"Il muro" è la raccolta di 5 racconti, piuttosto crudi, che mettono in luce l'inutilità di ogni tentativo di riscatto dell'essere umano: contro il muro, materiale o invisibile, si infrangono tutte le velleità di rivolta dei protagonisti ed effettivamente mi vengono in mente tante storie vere di persone a me vicine i cui sforzi sono poi andati a sbattere contro un qualche muro (di pietra o di gomma).
"La nausea", dal canto suo, si incentra sulla mancanza di un senso in questa vita: solo l'arte può regalare qualche momento di evasione e far dimenticare la nausea di vivere.
Ma Sartre è anche il teorico del "on a raison de se révolter" (ribellarsi è giusto), da interpretare come la necessità di una svolta nella vita democratica che dia maggior peso alle istanze che vengono dal basso, per far sì che la democrazia rappresentativa faccia spazio ad una democrazia più diretta.
Dicevano gli studenti francesi che "era meglio aver torto con Sartre che ragione con Aron", ma alla luce di tutti gli anni che sono passati dai suoi scritti, come si può dargli torto su questo?
I social network stanno fortemente mettendo in discussione le gerarchie sociali e si può facilmente immaginare che in un prossimo futuro i cittadini vorranno far contare le loro opinioni sulle decisioni che verranno prese e vorranno controllare di più l'amministrazione della "cosa pubblica".
P.S. Il titolo prende spunto dal fatto che Sartre rifiutò sia il premio Nobel che la Legion d'onore
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