Spostiamoci negli States perchè nel 1949 vede la luce "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller.
Il dramma è un duro atto di accusa nei confronti del sogno americano, del mito del self-made man e della società statunitense, che se da un lato sembra porre al suo centro l'individuo ed i suoi sogni, dall'altro non lo sostiene quando questi è in difficoltà e non lo tollera quando è divenuto improduttivo.
Il protagonista, alla fine, si suiciderà per consentire alla famiglia di incassare il premio dell'assicurazione.
Se il contesto dell'opera è la società americana dell'immediato dopoguerra, il dramma mantiene tutta la sua attualità: una società che pone al centro dei suoi valori il denaro ed il successo a tutti i costi, è una società che uccide in modo vile.
Scriveva Oscar Wilde in proposito:
Eppure ogni uomo uccide le cose che ama,
fate che tutti sappiano questo,
qualcuno lo fa con uno sguardo amaro,
qualcuno con una parola adulatrice,
il vile lo fa con un bacio,
il prode con una spada.
Aggiungerei solo un ulteriore verso:
una società ipocrita lo fa con l'esclusione
E allora cosa propongo?
Beh, dato che oggi siamo in America, facciamo un salto indietro nel tempo e andiamo a quei giorni nei quali in questo paese c'era ancora la "frontiera" (quello era, a mio avviso, il vero sogno americano: quello della libertà) e citiamo una delle mie "frasi del cinema" preferite:
Stavo pensando che di tutte le piste di questa vita, la piu' importante e' quella che conduce all'essere umano (da "Balla coi lupi").
Alla prossima.
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