Visto che oggi è sabato, facciamo un break con gli scrittori latino-americani e andiamocene a teatro, parlando di un'opera che merita senz'altro una citazione in questo blog, "El tragaluz" ("il lucernario") di Antonio Buero Vallejo.
Da un lontano futuro, due investigatori, viaggiando nel tempo, tornano al XX secolo per studiare le sofferenze di una famiglia vissuta durante la guerra civile spagnola (l'autore partecipò alla guerra civile dalla parte dei repubblicani).
Al di là delle tragedie che questa famiglia affronta in quegli anni, l'elemento centrale e più drammatico è la separazione del figlio maggiore dal resto dei componenti: quasi alla fine del conflitto, infatti, Vicente riesce a salire sul treno e a fuggire.
Da quel momento, il suo cammino si separerà da quello del resto della sua famiglia: Vicente riuscirà a raggiungere un certo benessere e ad integrarsi nella società, mentre il fratello Mario vivrà, insieme al padre divenuto pazzo e alla madre ormai rassegnata, in condizioni di povertà.
Già, non a caso, si dice "prendere il treno" per significare il "saper cogliere le occasioni che ci si presentano" (anche se, al giorno d'oggi, bisognerebbe come minimo prendere l'aereo) e Vicente rappresenta l'azione, il "sapersi rimboccare le maniche" quando ci sono delle difficoltà, mentre Mario rappresenta la "contemplazione", il non volersi integrare in una società che si disprezza (siamo negli anni della dittatura di Franco).
Certo, è Mario ad attirare le simpatie del pubblico, tuttavia lo scopo dell'opera non è esprimere un giudizio ed individuare buoni o cattivi: l'obiettivo del viaggio nel tempo è quello di analizzare il passato per superarlo e liberarci delle sue ossessioni (in questo caso, "il giorno in cui Vicente salì sul treno...").