Parliamo adesso di Čechov e del suo ultimo lavoro teatrale (morirà poco dopo).
Il giardino dei ciliegi fu concepito dal suo autore come farsa, ma sarà poi rappresentato come tragedia (e conserverà questa sua duplice natura).
Lo sfondo è quello della Russia dopo l'abolizione della servitù della gleba (1861) e, quindi, quello della crisi del sistema semifeudale vigente. Quando crolla un sistema, chi non ha il coraggio di rimettersi in gioco e cambiare vita è destinato alla rovina: questo è il messaggio rivolto all'aristocrazia russa rimasta spiazzata dalla perdita di manodopera gratuita, mentre iniziava a farsi avanti una borghesia intraprendente ma materialista (il giardino dei ciliegi alla fine sarà abbattuto dal nuovo proprietario per una speculazione edilizia).
La protagonista, Ljuba, che rappresenta l'aristocrazia decadente, è incapace di comprendere i suoi errori e di raddrizzarli ma, al tempo stesso, è un'eroina che sacrifica tutto per amore, mentre Lopachin, un ex servo della gleba divenuto ricco grazie al suo lavoro e che acquista la casa dove suo padre era stato servo, simboleggia invece il capitalismo che avanza, nei panni di operai e contadini animati da un legittimo desiderio di benessere, ma al tempo stesso privi di cultura, di memoria e di amore per ciò che è bello.
Ma il messaggio di speranza è rappresentato da Anja, la figlia di Ljuba, che vede invece nel cambiamento la possibilità di un avvenire migliore: per quanto la vita possa toglierci tutto, non ci potrà mai togliere la libertà di reinventarci il domani.
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