Mentre parlavamo di Esenin, ieri, mi è tornato in mente Pugacev, il cosacco che fece tremare la zarina nello scorcio finale del XVIII secolo e, come spesso mi capita, mi sono reso conto di aver fatto un torto ad un altro dei grandi della letteratura russa, Puskin, perciò spero che mi perdonerete questo salto all'indietro nel nostro racconto quotidiano.
L'opera di Puskin che riprende le vicende della rivolta dei cosacchi è, per l'appunto, "La figlia del capitano" (tra l'altro ricordo ancora lo sceneggiato televisivo che vidi da ragazzino, negli anni d'oro della RAI).
In una Russia dove non si governa e si lascia il popolo in balia dei nobili, si consumano i drammi di Pugacev (il ribelle), Pëtr (ufficiale e gentiluomo) e Švabrin (il traditore), con la rivolta dei cosacchi a far da sfondo.
E' una storia di gratitudine, sentimento nobile e universale, che non ha barriere nè sociali nè culturali nè ideologiche, d'onore (N.D.R.:ormai sempre più raro, quasi anacronistico) e invidia (Švabrin odia Pëtr anche perchè lui è stato costretto a tradire per salvare la pelle, mentre Pëtr è stato graziato da Pugacev nonostante il suo rifiuto di giurargli fedeltà): un bel racconto da leggere o rileggere.
Giocando alle parole concatenate (che è il titolo di una divertente commedia che ho visto a Madrid l'anno scorso, "Palabras encadenadas"), o meglio, alle opere letterarie concatenate, da "La figlia del capitano" passerei alla poesia di Walt Whitman "O capitano! Mio capitano", diffusa universalmente grazie al film "L'attimo fuggente".
RispondiEliminaLa poesia fu scritta dopo la morte di Lincoln (che è, per l'appunto, il capitano della nave America)