Editore di Directory Italia - http://directory-italia.blogspot.com/

mercoledì 29 febbraio 2012

La grande follia

Non trovo altra definizione per quella che è l'insieme delle più grandi atrocità che l'essere umano abbia mai commesso, dai campi di sterminio, alle città rase al suolo dai bombardamenti (già, se la "Grande guerra" si era caratterizzata per la partecipazione di massa ai combattimenti, la novità introdotta dalla "Grande Follia" furono i bombardamenti aerei massicci sulle popolazioni civili), al milione di morti nella battaglia di Stalingrado, fino ad arrivare al lancio della bomba atomica sul Giappone.
La seconda guerra mondiale durò dal 1939 al 1944 (il Giappone si arrese nel 1945) e, oltre alla sconfitta del nazifascismo, sancì anche la fine del predominio europeo.
Stati Uniti e Unione Sovietica sono le nuove superpotenze e si costituiranno due blocchi destinati a fronteggiarsi per decenni in quella che sarà poi definita la "guerra fredda".
Abbiamo citato la battaglia di Staligrado, che probabilmente segnò definitivamente le sorti della guerra; mi viene in mente il celebre "Nuevo canto de amor a Stalingrado" di Pablo Neruda:

Yo escribí sobre el tiempo y sobre el agua,
describí el luto y su metal morado,
yo escribí sobre el cielo y la manzana,
ahora escribo sobre Stalingrado.

Ya la novia guardó con su pañuelo
el rayo de mi amor enamorado,
ahora mi corazón está en el suelo,
en el humo y la luz de Stalingrado.
....................

Per quelli che vogliono leggerla tutta, c'è questo link Nuevo canto de amor a Stalingrado.
A mio modesto parere, questa poesia non è una celebrazione del comunismo e delle sue vittorie; il merito di Neruda è di riuscire a rendere quasi tangibile il sentimento che TUTTI coloro che si battevano per la libertà, in quei giorni stavano con gli uomini e le donne di Stalingrado, Stalin o non Stalin.

Post collegatiNeruda

martedì 28 febbraio 2012

La figlia del capitano

Mentre parlavamo di Esenin, ieri, mi è tornato in mente Pugacev, il cosacco che fece tremare la zarina nello scorcio finale del XVIII secolo e, come spesso mi capita, mi sono reso conto di aver fatto un torto ad un altro dei grandi della letteratura russa, Puskin, perciò spero che mi perdonerete questo salto all'indietro nel nostro racconto quotidiano.
L'opera di Puskin che riprende le vicende della rivolta dei cosacchi è, per l'appunto, "La figlia del capitano" (tra l'altro ricordo ancora  lo sceneggiato  televisivo che vidi da ragazzino, negli anni d'oro della RAI).
In una Russia dove non si governa e si lascia il popolo in balia dei nobili, si consumano i drammi di Pugacev (il ribelle), Pëtr (ufficiale e gentiluomo) e Švabrin (il traditore), con la rivolta dei cosacchi a far da sfondo.
E' una storia di gratitudine, sentimento nobile e universale, che non ha barriere nè sociali nè culturali  nè ideologiche, d'onore (N.D.R.:ormai sempre più raro, quasi anacronistico) e invidia (Švabrin odia Pëtr anche perchè lui è stato costretto a tradire per salvare la pelle, mentre Pëtr è stato graziato da Pugacev nonostante il suo rifiuto di giurargli fedeltà): un bel racconto da leggere o rileggere.

lunedì 27 febbraio 2012

Confessioni di un teppista

Parliamo oggi di un altro grande russo, Sergej Esenin.
Il poeta-contadino, così era stato definito, aderì con entusiasmo alla rivoluzione del '17, convinto che finalmente i contadini sarebbero stati liberi dalla miseria e dalla servitù. Ben presto si rese conto, però, che l'industrializzazione a tappe forzate voluta dal governo bolscevico avrebbe messo fine proprio a quel mondo contadino che amava e per il quale sperava una rinascita. Morì suicida e, sebbene fosse uno dei poeti più popolari, i suoi scritti furono messi all'indice da Stalin.
Tra le sue opere principali, oltre a Pugacev, una rievocazione delle rivolte contadine del XVII secolo, Mosca delle bettole e Confessioni di un teppista (quasi autobiografica), tradotta e messa in musica da Angelo Branduardi (Confessioni di un malandrino).


domenica 26 febbraio 2012

Rano Raraku

Parliamo adesso dell'inventore del "surrealismo", André Breton. Nel 1924, pubblica il primo "Manifesto surrealista". Il surrealismo è  una revisione del dadaismo (diceva Tristan Tzara, uno dei principali esponenti del dadaismo: "Ritagliate le parole di un articolo di giornale, mettetele in un sacchetto e agitatelo..dopodichè, tirate fuori le parole una ad una e copiatele nell'ordine di estrazione"): i surrealisti adottano invece la tecnica delle libere associazioni inconsce, ossia la "scrittura automatica".
Nel 1930, Breton pubblicherà il secondo Manifesto, per sottrarsi alle strumentalizzazioni del partito comunista francese, affermando il principio della poesia come realtà totale, al di fuori di ogni ideologia politica. Breton era inizialmente un neuropsichiatra, influenzato dalle letture di Freud e Apollinaire, ma  fu anche un poeta e uno scrittore originale la cui prosa influenzerà poi altri scrittori francesi, tra i quali Albert Camus.
Vi riporto la poesia che regala il titolo al post di oggi e che, anche se del 1948, ben si colloca in questo pezzo di Novecento che stiamo trattando: una ferma condanna dei fascisti e dei seguaci di Franco nella guerra di Spagna, considerati nemici di tutti gli uomini e creatori di falsi miti.

Que c'est beau le monde
La Grèce n'a jamais existé
Ils ne passeront pas

Mon cheval trouve son picotin dans le cratère
Des hommes-oiseaux des nageurs courbes
Volètent autour de ma tête car
C'est moi aussi
Qui suis là
Aux trois quarts enlisé

Plaisantant les ethnologues
Dans l'amicale nuit du Sud
Ils ne passeront pas

La plaine est immense
Ceux qui s'avancent sont ridicules
Les hautes images sont tombées.

E' un bel mondo/ La Grecia non è mai esistita/ Essi non passeranno
Il mio cavallo trova la sua razione nel cratere/ degli uomini uccello dei nuotatori incurvati/ svolazzano intorno alla mia testa perchè/Anche io sono là/ sprofondato per tre quarti
Scherzano gli etnologi/ nell'amichevole notte del Sud/  Essi non passeranno/ 
La pianura è immensa/ Quelli che avanzano sono ridicoli/ Le alte immagini sono cadute.

Post collegati: guerra civile spagnola Camus

sabato 25 febbraio 2012

Se gli squali fossero uomini...

Insieme a Neruda e Majakovskij ci sta bene un'altra nostra vecchia conoscenza, Bertolt Brecht e, anche se il brano che sto per proporvi è successivo cronologicamente alla fine della seconda guerra mondiale, si inserisce bene in questo periodo caratterizzato da grandi scontri ideologici, guerre  e crisi economica.
Come avete potuto immaginare, "Se gli squali fossero uomini..."  è una sottile e feroce critica al capitalismo; ve ne riporto un ampio stralcio.

La figlioletta della padrona di casa chiese al signor K.: 'Se gli squali fossero uomini sarebbero più gentili con i pesciolini?'
- Certo - rispose il signor K -. Se gli squali fossero uomini, farebbero costruire nel mare enormi casse per i pesciolini, con dentro ogni sorta d'alimenti, sia vegetali che animali. Si preoccuperebbero che le casse avessero sempre acqua fresca e adotterebbero ogni tipo di precauzioni sanitarie. 
............
Ci sarebbero anche scuole per imparare a entrare nelle fauci degli squali. I pesciolini avrebbero bisogno di nozioni di geografia per localizzare meglio i grandi squali, che se ne vanno in giro bighellonando. L'essenziale sarebbe, naturalmente, la formazione morale dei pesciolini, si insegnerebbe loro che non c'è nulla di più grande e più bello per un pesciolino che sacrificarsi allegramente; si insegnerebbe pure ad aver fede negli squali ed a credere agli squali quando dicono che stanno preparando per i pesciolini un grandioso avvenire.
..........
I pesciolini dovrebbero guardarsi bene dalle basse passioni, così come da qualsiasi inclinazione materialista, egoista o marxista. Se qualche pesciolino mostrasse similari tendenze, i suoi compagni dovrebbero avvertire immediatamente gli squali.
.....
Naturalmente se gli squali fossero uomini  farebbero la guerra fra di loro per conquistare casse e pesciolini stranieri. Ogni squalo obbligherebbe i propri pesciolini a combattere in quelle guerre. E ogni squalo insegnerebbe ai suoi pesciolini che fra loro e i pesciolini degli altri squali esiste una sostanziale differenza. Sebbene tutti i pesciolini siano muti, è certo che proclamerebbero che tacciono in molte lingue diverse e per questo non riusciranno mai a capirsi. 
...........
Certo ci sarebbe pure una religione, se gli squali fossero uomini. Quella religione insegnerebbe che la vera vita comincia per i pesciolini nello stomaco degli squali. Inoltre, se gli squali fossero uomini, i pesciolini smetterebbero di essere tutti uguali, come sono adesso. Alcuni occuperebbero certi posti, che li collocherebbero sopra gli altri. A quei pesciolini che fossero un poco più grandi si permetterebbe pure di ingoiarsi i più piccoli. Gli squali vedrebbero questa prassi con piacere, dato che avrebbero più spesso dei bocconi più grossi da mangiare. 
......

Post collegati: Brecht Neruda

venerdì 24 febbraio 2012

Parlando a grida

Il passaggio di testimone, in questo blog un po' caotico ma spero comunque interessante, tra Neruda e Majakovskij è così suggestivo che non posso rinunciarvi. Ricordo l'inizio del film "I 100 passi" di  M.T. Giordana, quando il pittore comunista risponde, ad un Peppino Impastato bambino, che gli chiedeva quale paesaggio vedesse dietro il ritratto di Majakovskij, "un fiume in piena", e devo dire che, a mio avviso, è una definizione quantomai azzeccata, data la vitalità di questo poeta. Majakovskij è il maggior esponente del futurismo russo. Il futurismo russo ha dei caratteri diversi rispetto al futurismo italiano, che è piuttosto "aristocratico" e disimpegnato, in quanto auspica che l'arte esca dalle accademie per diffondersi nelle strade e nelle fabbriche (sarebbe bello, vero?); la sua essenza è l'antioblamovismo (ricordate Oblamov, il nostro pigro e immobile eroe?), che deve concretizzarsi nell'impegno sociale. Il titolo del post prende lo spunto da una mia traduzione dallo spagnolo del titolo originale dell'opera, che in Italia si intitola "A piena voce", ma penso che la traduzione dei nostri amici spagnoli sia più vicina alle intenzioni e allo stile di Majakovskij. "A piena voce" è l'ultimo lavoro incompiuto del poeta, una specie di testamento a pochi mesi dalla sua morte (si toglierà la vita per un amore non corrisposto).

Post collegati: Oblamov

giovedì 23 febbraio 2012

Aquí te amo

Facciamo un break e passiamo dalle guerre, dalla "grande depressione" e dal male di vivere all'amore, cantato dal suo bardo per antonomasia, Pablo Neruda.
Nel 1924 viene pubblicato, infatti, "Veinte poemas de amor y una canción desesperada", dal quale vi riporto il mio preferito (di solito non riporto una poesia per intero, ma vale sempre la pena di fare un'eccezione se serve ad accendere i sentimenti).

Post collegati: Neruda

Aquí te amo.
En los oscuros pinos se desenreda el viento.
Fosforece la luna sobre las aguas errantes.
Andan días iguales persiguiéndose.
Qui ti amo.
Tra pini oscuri si districa il vento.
Si riflette fosforescente la luna sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s'inseguono.
Se desciñe la niebla en danzantes figuras.
Una gaviota de plata se descuelga del ocaso.
A veces una vela. Altas, altas estrellas.
La nebbia si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d'argento si distacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la cruz negra de un barco.
Solo.
A veces amanezco, y hasta mi alma está húmeda.
Suena, resuena el mar lejano.
Este es un puerto.
Aquí te amo.
O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte albeggio, e persino la mia anima è umida .
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui ti amo.
Aquí te amo y en vano te oculta el horizonte.
Te estoy amando aún entre estas frías cosas.
A veces van mis besos en esos barcos graves,
que corren por el mar hacia donde no llegan.
Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso dove non giungono.
Ya me veo olvidado como estas viejas anclas.
Son más tristes los muelles cuando atraca la tarde.
Se fatiga mi vida inútilmente hambrienta.
Amo lo que no tengo. Estás tú tan distante.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie ancore.
I moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s'affatica invano affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei così distante.
Mi hastío forcejea con los lentos crepúsculos.
Pero la noche llega y comienza a cantarme.
La luna hace girar su rodaje de sueño.
Il mio tedio si dibatte con i lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a cantarrni.
La luna fa girare la sua scena di sogno.
Me miran con tus ojos las estrellas más grandes.
Y como yo te amo, los pinos en el viento,
quieren cantar tu nombre con sus hojas de alambre.
Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di fil di ferro.

mercoledì 22 febbraio 2012

Il male di vivere

Torniamo ai nostri lidi, perchè nel 1925 Eugenio Montale pubblica "Ossi di seppia". Come saprete, anche Montale riceverà il premio Nobel per la letteratura (ma sarà solo nel 1975, lo ricordo perchè stavo alle elementari e la maestra ci fece imparare a memoria "Meriggiare pallido e assorto"), tuttavia mi sembra corretto parlarne adesso per il suo impegno in questi anni difficili.
Montale collaborò con il gruppo di Gobetti, un coraggiosissimo intellettuale liberale di primissimo piano (ahimé sconosciuto ai più).
Il tema centrale della poesia di Montale è rappresentato dal male di vivere che affligge l'uomo:


Spesso il male di vivere ho incontrato: 
era il rivo strozzato che gorgoglia, 
era l'incartocciarsi della foglia 
riarsa, era il cavallo stramazzato. 

Bene non seppi, fuori del prodigio 
che schiude la divina Indifferenza: 
era la statua nella sonnolenza 
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. 

martedì 21 febbraio 2012

L'uva dell'ira

In realtà il titolo riporta la traduzione letterale dall'inglese ("The Grapes of Wrath"); in Italia il romanzo è intitolato "Furore".
Esatto, stiamo per parlare di John Steinbeck, un altro dei grandissimi della letteratura americana (che è bellissima). Steinbeck ha senz'altro un posto d'onore tra le mie preferenze; oltre a "Furore", vi consiglio "Uomini e topi" e "La luna è tramontata".
Ma torniamo a "Furore", che racconta l'epopea della famiglia Joad che, rovinata come tante altre dalle banche, inizia un viaggio della speranza verso la California. E così, tre generazioni di Joad salgono su un camion sgangherato e partono, verrebbe da dire, "sognando California",  ma la realtà è ben diversa: troveranno solo sfruttamento ed emarginazione.
Nonostante le difficoltà e le disgrazie, i Joad tengono saldi i loro valori e mantengono la loro dignità.
E' considerato il romanzo simbolo della "grande depressione" e descrive molto bene il coraggio leggendario delle famiglie americane.
Se non l'avete ancora letto, non ve lo perdete ( e non vi perdete Steinbeck: a scuola non si studia [o si studia raramente], ma è uno dei più grandi scrittori di sempre).

"La gente comoda nelle case asciutte provò dapprima compassione, poi disgusto, infine odio per la gente affamata". (J. Steinbeck)

Post collegati: Perle e Tortillas

lunedì 20 febbraio 2012

Il diavolo a Pontelungo

Torniamo in Italia per parlare di un altro dei miei scrittori favoriti, Riccardo Bacchelli.
"Il diavolo a Pontelungo" (1927) narra, in chiave tragicomica, il tentativo di Bakunin di realizzare un'insurrezione anarchica a Bologna insieme ad Andrea Costa e Anna Kuliscioff.
Il tentativo fallisce e Andrea Costa e gli altri "sovversivi" vengono arrestati nell'indifferenza generale, mentre Bakunin riesce a fuggire; in fin dei conti, sono tutti dei "poveri diavoli".
Il capolavoro di Bacchelli è, però, "Il Mulino del po"(1938-40).
E' un'opera molto corposa  (in tutto sono tre libri), quindi è bene programmarne la lettura in un periodo di vacanza; racconta la saga della famiglia Scacerni che attraversa, con alterne fortune, un periodo storico che va da Napoleone alla prima guerra mondiale.
Sia nel "Diavolo a Pontelungo" che nel "Mulino del Po" emerge la profonda pietà dell'autore per l'uomo e le sue miserie, unita alla convinzione che nulla possa essere cambiato; Bacchelli era conservatore e nell'epilogo del "Diavolo a Pontelungo" farà dire al prete che "non c'è nulla di nuovo nella storia e nulla ci sarà che non sia già stato".
P.S.:"Il Mulino del Po", comunque, non ve lo perdete!

Post collegati: Il diavolo e la signorina Prym

domenica 19 febbraio 2012

Los moros que trajo Franco..

Restiamo in Spagna perchè in questo paese, dal '36 al '39,  si consuma la tragedia della guerra civile e, nazifascismo da un lato, democrazie dall'altro, saggeranno le loro forze in vista della seconda guerra mondiale.
Eravamo rimasti alla proclamazione della Seconda Repubblica nel 1931; anche la Seconda Repubblica sperimentò una serie di crisi di governo e quando nel 1936 il Fronte Popolare, che radunava le forze politiche della sinistra, vinse le elezioni, le forze conservatrici si ribellarono ed il generale Franco cercò di  impadronirsi rapidamente del paese. La Repubblica provò ad organizzare una difesa e, in qualche modo,  riuscì ad arginare l'offensiva nemica.
Franco era fortemente appoggiato da Hitler e da Mussolini, mentre la Repubblica ricevette, dalle forze alleate, aiuti soprattutto in termini di uomini (Francia e Inghilterra erano restie ad armare comunisti e socialisti), le "Brigate Internazionali";  l'unico paese che forniva di fatto armi ai repubblicani era la Russia (fucili e cannoni di lunga gittata), ma la lontananza complicava i rifornimenti.
L'inferiorità negli armamenti ed i conflitti interni tra "stalinisti" da una parte, "anarchici" e "trotskisti"  dall'altra, porteranno alla caduta della Repubblica, nonostante l'eroica difesa di Madrid, e alla proclamazione della dittatura di Franco.
Moltissimi intellettuali presero parte alla difesa della Repubblica Spagnola e tra questi c'erano anche Ernest Hemingway e George Orwell. Il primo, sulla base delle sue esperienze nella guerra civile, scrisse "Per chi suona la campana" (che poi fu oggetto di una celebre trasposizione cinematografica nell'omonimo film di Sam Wood), il secondo "Omaggio alla Catalogna" che è un dettagliato resoconto delle proprie vicende e dei conflitti all'interno delle forze che difendevano la Repubblica  (e che sarà poi la base del film "Tierra y Libertad" di Ken Loach).
La guerra civile spagnola sarà comunque fonte di ispirazione di molte opere letterarie e cinematografiche; vorrei ricordare uno dei racconti di Sciascia, "L'antimonio", contenuto nel libro "Gli zii di Sicilia", che ispirerà il film "Una vita venduta" di Aldo Florio. Un giovane italiano, in cerca di riscatto sociale, si arruola nell'esercito fascista per la guerra di Spagna, ma...No, non ve lo racconto, nel caso abbiate voglia di leggerlo.

Guernica - Picasso
Post collegatiSciascia Hemingway Orwell André Breton

venerdì 17 febbraio 2012

Quelli che ...il '98

Torniamo adesso in Spagna  per parlare della "generazione del '98", ossia del movimento letterario che radunò un gruppo di intellettuali profondamente afflitti dalla crisi che la Spagna stava attraversando dopo la sconfitta militare con gli Stati Uniti nel 1898 e la conseguente perdita delle colonie (tra le quali Cuba).
Moltissimi scrittori e poeti vi aderirono, tra i quali UnamunoIbáñez y Antonio Machado.
I temi principali di questo movimento, oltre alla delusione per la perdita delle ultime colonie dell'impero spagnolo che implica la preoccupazione per il futuro del paese, attraversato da una crisi sociale, morale ed economica molto profonda (ed il peggio deve ancora venire..), furono la passione per il paesaggio della Castilla, come riscoperta delle tradizioni (a tal proposito, posso assicurarvi che vale la pena di avventurarsi ed esplorare questi paesaggi,  ripercorrendo, ad esempio,  in tutto o in parte, "la rotta di Don Chisciotte"), la riflessione filosofica sull'essere umano, il senso della vita e il rapporto tra l'uomo e Dio, l'adozione di uno stile di scrittura sobrio.
Per concludere, riporto i celebri versi di Machado:


Caminante son tus huellas 
el camino y nada más; 
caminante, no hay camino 
se hace camino al andar. 

Al andar se hace camino 
y al volver la vista atrás 
se ve la senda que nunca 
se ha de volver a pisar. 

Caminante no hay camino 
sino estelas en la mar...


Viandante, sono le tue impronte/ il cammino e niente più/ viandante, non c'è il cammino/ il cammino si fa camminando.
Camminando si fa il cammino/ e rivolgendo lo sguardo indietro/ si vede il sentiero che mai/ si tornerà a percorrere.
Viandante, non c'è il cammino/ ma una scia nel mare..

E così è.. se vi pare

Restiamo in Italia e andiamocene a teatro perchè in questo periodo il nostro paese guadagna un altro premio Nobel per la letteratura con Luigi Pirandello (1934).
L'opera di cui vi parlerò, "Così è (se vi pare)", riflette i temi principali del pensiero pirandelliano, ossia la solitudine innata dell'individuo, l'inutilità di ogni forma di ribellione contro gli schemi convenzionali e la conseguente crisi d'identità.
In sostanza, le persone si conoscono per come appaiono e non per come sono; la società pretende di giudicare gli individui attraverso dei modelli oggettivi che non esistono, perchè la verità è relativa.
Ma andiamo alla trama dell'opera, che racconta la vicenda di una sfortunata famiglia di emigrati (il signor Ponza e sua suocera, la signora Frola) che si trasferisce, dopo essere scampata ad un terremoto, in una tranquilla cittadina di provincia.
Strane voci iniziano però a circolare: si mormora che il marito impedisca alla suocera di vedere sua moglie (anche se nessuno ha mai visto la moglie) e che la tenga segregata in casa.
Iniziano gli interrogatori e viene così calpestata l'intimità di questa famiglia per giungere ad un nulla di fatto:  il signor Ponza sostiene che la suocera è divenuta pazza dopo la morte della figlia Lina (la sua prima moglie) e che si è convinta che Giulia (la seconda moglie) sia Lina; la suocera sostiene invece che il pazzo è il signor Ponza, che dopo una lunga assenza della moglie ricoverata in una casa di cura, non l'aveva più riconosciuta e che non l'avrebbe accettata in casa se non avessero contratto nuove nozze.
Di fatto, ci sono due versioni, entrambe verosimili.
Per risolvere l'enigma, viene chiamata in paese la moglie del signor Ponza che afferma, al tempo stesso, di essere sia la figlia della signora Frola che la seconda moglie del signor Ponza:
"Io sono colei che mi si crede e, per me, non sono nessuna".

Post collegati: De Filippo Echegaray

giovedì 16 febbraio 2012

Le rose che non colsi

Dalla "rosa rossa" del Comunismo, facciamo un passo indietro, perchè ieri, parlando della Luxemburg mi sono reso conto di aver commesso un imperdonabile torto al mio poeta preferito, Guido Gozzano.
Parleremo però sempre di rose, o meglio di rose non colte. Quali sono le immagini che restano indelebili nella nostra mente? E perchè? Proust trattò magistralmente il tema, però voglio adesso riportare uno stralcio della poesia "Cocotte" di Gozzano (chi non l'ha letta LA LEGGA, chi l'ha letta LA LEGGA DI NUOVO!!!!).
....

Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state... Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent'anni or sono!

Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia...
Vieni! T'accoglierà l'anima sazia.
Fa ch'io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacierò; rifiorirà, nell'atto,
sulla tua bocca l'ultima tua grazia.
......
Saprete inoltre, che la canzone di Guccini "L'isola non trovata" si ispira ad un'altra poesia di Gozzano, intitolata "La più bella":

Ma bella più di tutte l'Isola Non-Trovata:
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re di Portogallo con firma sugellata
e bulla del Pontefice in gotico latino.

L'Infante fece vela pel regno favoloso,
vide le fortunate: Iunonia, Gorgo, Hera
e il Mare di Sargasso e il Mare Tenebroso
quell'isola cercando... Ma l'isola non c'era.

.....
Infine, prendendo un verso anche da "Signorina Felicita":

Oh! questa vita sterile, di sogno!
Meglio la vita ruvida, concreta
del buon mercante inteso alla moneta,
meglio andare sferzati dal bisogno,
ma vivere di vita! Io mi vergogno,
sì, mi vergogno d'essere un poeta!
.....

Aggiungere altro è superfluo. A domani.

mercoledì 15 febbraio 2012

Il meccanismo perfetto si è rotto

Spostiamoci adesso in Germania, perchè questo paese sarà a breve il protagonista di una delle più grandi tragedie della Storia: la seconda guerra mondiale.
Ma com'era la Germania prima dell'ascesa di Hitler?Dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale, nel 1919 era nata la Repubblica di Weimar, chiamata così dalla città dove venne redatta la celebre Costituzione. Già, perchè la Costituzione di Weimar era un bell'esempio di Costituzione democratica, con i giusti pesi e contrappesi e non credo che ci sia un solo costituzionalista che non l'abbia studiata con interesse. Del resto, quando i tedeschi ci si mettono, le cose le fanno bene e questa Costituzione, di fatto, sembrava un meccanismo perfetto. Peccato, però, che si dimostrò del tutto inadeguata a garantire la stabilità dei governi che non riuscirono così a gestire i grandi conflitti sociali del '900, aggravati ulteriormente dalle pesanti sanzioni economiche che gli Alleati avevano imposto come riparazione dei danni di guerra e che i tedeschi non riuscivano a pagare, con la conseguenza che nel 1923 Francia e Belgio occuparono la regione Ruhr.
L'inflazione raggiunse poi vette inimmaginabili e nel 1933 la Repubblica di Weimar entra definitivamente in crisi: Hitler viene prima nominato cancelliere e poi instaura la dittatura; la cosa da rimarcare è che la Costituzione di Weimar verrà mantenuta fino alla fine della seconda guerra mondiale, anche se completamente svuotata: bella e inutile.
La morale è che non esistono cose perfette, ma solo intenzioni perfette.
Facciamo un piccolo passo indietro, perchè nel 1919 viene assassinata, dai soldati agli ordini del governo socialdemocratico,  "la rosa rossa" del Comunismo, Rosa Luxemburg. Personaggio di primissimo piano, fu tra i fondatori del partito comunista tedesco, così come Gramsci lo era stato di quello italiano.
Scrisse in proposito Bertold Brecht:
Die rote Rosa nun auch verschwand.
Wo sie liegt, ist unbekannt.
Weil sie den Armen die Wahrheit gesagt
Haben die Reichen sie aus der Welt gejagt


Ora è scomparsa anche la rossa Rosa .
Dove giaccia non si sa.
Poichè disse ai poveri la verità
I ricchi l'hanno mandata nell'aldilà 

 

martedì 14 febbraio 2012

Lettera dal carcere

Restiamo in Italia e vediamo cosa succede, da un punto di vista letterario, durante gli anni del fascismo.
Nel 1926, Grazia Deledda vince il premio Nobel per la letteratura, ma è soprattutto di Antonio Gramsci e delle sue "Lettere dal carcere" che voglio parlarvi oggi.
Si tratta di una raccolta selezionata delle lettere che Gramsci scrisse durante la sua prigionia (fu incarcerato dal fascismo nel 1926 e, a seguito dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute, nel 1934 verrà ricoverato in clinica dove passerà gli ultimi anni della sua vita). Il rilievo artistico delle "Lettere" è universalmente riconosciuto (c'è, anzi, una seria possibilità che Gramsci sia studiato più all'estero che in Italia); vi riporterò una di quelle scritte al figlio Delio, la più famosa e la mia preferita:


Carissimo Delio, 
mi sento un po' stanco e non posso scriverti molto. Tu scrivimi sempre e di tutto ciò che ti interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono fra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi, non può non piacerti più di ogni altra cosa. Ma è così?
Ti abbraccio.
Antonio


Questo era Gramsci: profondità e semplicità. In poche righe, spiega ad un bambino che la Storia ed il Progresso si basano sull'inclusione e non sull'esclusione.

Post collegati: scrittori partigiani

lunedì 13 febbraio 2012

La marcia su Roma

Continuiamo il nostro viaggio nella storia del '900 e andiamo in Italia. Anche nel nostro paese, come negli altri, la "Grande Guerra" aveva lasciato un'eredità pesante da gestire. Le difficoltà economiche, l'esercito di reduci ritornati a casa senza prospettive (ricordavamo precedentemente che, nella prima guerra mondiale, il coinvolgimento diretto del popolo fu enorme), uniti alla diffusione delle idee del socialismo (già nel 1892 era stato costituito il partito socialista; nel 1921 verrà poi fondato il partito comunista italiano) erano destinati ad acutizzare le tensioni sociali che metteranno fine al governo liberale e porteranno alla dittatura di Mussolini, dopo la marcia su Roma del 1922 (bisogna dire, in proposito, che il re Vittorio Emanuele III avrebbe potuto facilmente sbaragliare i fascisti in marcia sulla capitale, tuttavia non lo fece e affidò a Mussolini il compito di formare un nuovo governo).
Se da un punto di vista sostanziale il fascismo era originariamente finanziato dai latifondisti dell'epoca come risposta alle rivendicazioni dei contadini, da un punto di vista culturale il fascismo trovò  il suo humus nel Futurismo (1909:  il manifesto futurista di Marinetti): nazionalismo, militarismo, distruzione della cultura borghese diventeranno le parole d'ordine del fascismo. Così, dopo delle elezioni caratterizzate da brogli e violenze, l'Italia entrerà in due decenni di dittatura.
Ma torniamo alla "Marcia su Roma".. Anche in questo caso voglio usare "gli occhi del cinema", suggerendo ai lettori stranieri e ai giovanissimi italiani che non l'hanno visto,  un altro film del maestro Dino Risi, "La marcia su Roma", che prova a ricostruire, senza esasperazioni, attraverso le disavventure di due poveracci, quello che furono quelle giornate per l'uomo comune.



Post collegati: Dino Risi

domenica 12 febbraio 2012

Un perro andaluz

Torniamo un attimo in Spagna, perchè adesso è necessario riprendere il filo della Storia.
Come detto, in tutta Europa il XX secolo è latore di grandi cambiamenti e di grandi tragedie, e la Spagna non fa eccezione. Avevamo già visto il delinerarsi di alcune caratteristiche proprie di questo paese, come i pronunciamientos, le rivolte sociali e la suddivisione, in sostanza, della sua gente in una Spagna rossa e una Spagna nera, così come avevamo accennato alla settimana tragica di Barcellona.
In un periodo di grande confusione e di crisi economica, nel 1923, con un colpo di stato, prende il potere (con il beneplacito del re) il generale Primo de Rivera , che governerà con il pugno di ferro ma non sarà capace di risollevare le sorti dell'economia spagnola e finirà per perdere l'appoggio dei sui sostenitori (latifondisti, imprenditori, militari) e così, nel 1930, il re lo convincerà a dimettersi.
Nel 1931 verrà proclamata la Seconda Repubblica, ma questa parte l'analizzeremo successivamente, quando parleremo della guerra civile.
Nel frattempo, voglio ricordare che durante questi eventi esce il famoso cortometraggio di Luis Buñuel  "Un perro andaluz", una delle opere più significative del surrealismo, che trasferisce sul grande schermo un sogno di Dalí e uno di Buñuel (soprattutto quest'ultimo, era un sogno abbastanza "crudo", quindi è sconsigliabile la visione di questo cortometraggio alle persone particolarmente sensibili ).
Il titolo non ha nulla a vedere con la trama, ma suscitò qualche discussione(Garcia Lorca pensava che ce l'avesse con lui, ma Buñuel negò).

P.S. A volte la storia ha i suoi lati positivi, non tutto è tragedia: visto che oggi stiamo trattando la storia della Spagna, ricordo ai miei lettori che nel 1879, viene fondato il partito socialista spagnolo nella taverna "Casa Labra" di Madrid. Beh, questo ristorante c'è ancora e fa delle crocchette di besciamella e del baccalà fritto imperdibili.

venerdì 10 febbraio 2012

Di ritorno da Camelot

Gli appassionati della letteratura americana avranno già indovinato, oggi parleremo di Mark Twain e del suo "Un americano alla Corte di Re Artù".
Il tipico americano medio, Hank Morgan, dopo aver preso una botta in testa, si ritrova nel mitico regno di Camelot, ma non è tutto oro quello che luccica: gli "eroici" cavalieri della tavola rotonda sono dei cialtroni, che fanno "carriera" a forza di menzogne (e, tra l'altro, curano ben poco l'igiene personale); di eroismo non c'è traccia, solo violenza, saccheggi e angherie sui poveri e sui deboli. Hank, che è abile nei lavori manuali (non come Troisi e Benigni nel film "Non ci resta che piangere"), grazie alle conoscenze del suo secolo, viene considerato un potentissimo mago, guadagnandosi l'odio di Merlino, e cerca con le sue invenzioni di migliorare la vita della gente.
Il romanzo di Twain, però, non è l'esaltazione dei valori americani di democrazia e progresso, guadagnato rimboccandosi le maniche e lavorando sodo, rispetto alla brutalità del Medio Evo europeo: alla fine Hank riesce a migliorare le cose solo superficialmente, mentre i grandi problemi, che poi sono quelli della giustizia sociale e della convivenza civile, rimangono. 
Il suo approccio esclusivamente pratico e la sua incapacità di una riflessione più profonda faranno sì che quando riuscirà a tornare in patria e nel suo tempo, Hank non saprà gestire l'esperienza fatta: come vedete, Twain aveva ben chiari i limiti della società americana.
A margine, un'altra riflessione dell'autore che mi colpì quando lessi il libro, fu il suo giudizio sulla religione:  siamo abituati a considerare il Medio Evo come il periodo del buio e dell'ignoranza ed imputiamo delle enormi responsabilità alla religione; secondo l'autore, in questi secoli di brutalità, senza la religione a cercare di dare un ordine e una disciplina a queste orde di barbari, creando un codice cavalleresco, il caos sarebbe stato ancora maggiore. Probabilmente, considerando la cosa nel suo complesso, aveva ragione.

P.S.: la lettura è molto gradevole, perciò, anche se è un libro per ragazzi, se non l'avete ancora letto, leggetelo.

giovedì 9 febbraio 2012

A spasso per Dublino

E' quasi un automatismo, lo so, parlare di Joyce subito dopo aver parlato di Proust e non mi sottrarrò a questa regola.
L'"Ulisse", l'opera più famosa di Joyce, riprende il tema della ricerca della propria identità, ma lo fa in modo sarcastico, quasi feroce. Il parallelismo con la struttura dell'Odissea non fa nient'altro che ingigantire il disprezzo che l'autore nutre per il XX secolo. Leopold Bloom, il protagonista, che dovrebbe rappresentare Ulisse, è assolutamente un antieroe: mediocre, volgare e quasi disgustoso; egli è perfino consapevole che sua moglie, Molly (che dovrebbe rappresentare Penelope), lo tradisce.
Quest'ultima, a sua volta, è disinibita e scarsamente intelligente. E invece di esplorare nuove terre e imbattersi in ciclopi, sirene, principesse e divinità, tutto il "viaggio" di Leopold Bloom si svolge nelle strade di Dublino, nella sua "giornata-odissea", e la sua identità si costruisce attraverso i suoi incontri per la strada ed in locali pubblici.
L'altro personaggio principale dell'opera è Stephen Dedalus, un giovane intellettuale, conosciuto da Bloom in un bordello e che diviene, sia pur per un momento, una sorta di figlio adottivo(Telemaco).
Che dire? Il 16 giugno viene festeggiato il "Bloomsday", ma vista così, c'è ben poco da festeggiare, bisognerebbe solo riflettere.

mercoledì 8 febbraio 2012

Il tempo perduto ed il tempo ritrovato

Lasciamo per un momento gli eventi tragici del XX secolo e rituffiamoci nella letteratura. 
Come avrete sicuramente indovinato, stiamo per parlare del'opera monumentale di Proust, "Alla ricerca del tempo perduto". E' un'opera che abbraccia il periodo che stiamo trattando e che va dall'affaire Dreyfus alla prima guerra mondiale.
L'elemento centrale dell'opera è la solitudine dell'essere umano:

I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta; e, nonostante l’illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L’uomo è l’essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in sé medesimo, e che, se dice il contrario, mentisce.

Nel momento in cui ci si accorge che la vita è fatta anche di solitudine e sofferenza, inizia la ricerca del tempo perduto, che poi non è altro che un viaggio della speranza per recuperare la felicità passata.
Per Proust, però, non è impossibile ritrovare il tempo perduto, a condizione che il mondo che ci ricreiamo sia un mondo letterario, tutto interiore, dove la memoria crea un nuovo tempo, e quindi una nuova verità ed una nuova felicità.
Bello, vero? E' forse per questo che abbiamo tanta voglia di scrivere?
In contrapposizione, però, all'analisi di Proust sulla solitudine umana, voglio riportare questo piccolo poema di John Donne, che era uno dei preferiti di Hemingway (che lo inserì, a mo' di introduzione, in "Per chi suona la campana") ed è anche uno dei miei preferiti:

No man is an island entire of itself; every man 
is a piece of the continent, a part of the main; 
if a clod be washed away by the sea, Europe 
is the less, as well as if a promontory were, as 
well as a manor of thy friends or of thine 
own were; any man's death diminishes me, 
because I am involved in mankind. 
And therefore never send to know for whom 
the bell tolls; it tolls for thee.
Nessun uomo è un'isola; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto; se un ciottolo fosse portato via dal mare, l'Europa sarebbe meno grande, come se si fosse trattato di un promontorio, o della casa dei tuoi amici o della tua; la morte di ogni uomo mi diminuisce, perchè appartengo all'Umanità. Perciò, non mandare mai a chiedere per chi suona la campana; suona per te.


martedì 7 febbraio 2012

Ottobre

Dopo tre anni di impegno nella "Grande Guerra" a fianco delle forze alleate, la Russia era allo stremo. Il 3 Aprile del 1917, viaggiando nel famoso "vagone piombato" affinchè non avesse contatti con l'esterno (le idee sono contagiose), Lenin arriva a Pietrogrado ed il giorno seguente espone "Le tesi di aprile". Le idee bolsceviche acquisiscono sempre più seguito ed il 25 Ottobre i bolscevichi prendono il potere, incontrando ben poca resistenza: abbiamo già detto della cecità con la quale lo zar e l'aristocrazia guidavano il paese in questo periodo.
La storia del XX secolo cambia profondamente, anche se non secondo le previsioni di Marx che sosteneva che il socialismo si sarebbe affermato nei paesi più industrializzati (quelli a "capitalismo maturo"), mentre la Russia del '17, nonostante qualche timido tentativo di riforma, era ancora un paese semifeudale.
Piuttosto che seguire ricapitolando gli eventi principali della Rivoluzione di Ottobre e degli anni che la seguirono, preferisco rendere omaggio alla "Fattoria degli animali" di George Orwell, un romanzo satirico sul regime totalitario dell'Unione Sovietica (ma che ben si adatta a qualsiasi sistema totalitario). L'opera subì censure, soprattutto per i riferimenti troppo espliciti a Stalin, ma è un libro che va letto anche se il finale, come vedremo tra breve, è inquietante.
Gli animali di una fattoria, stanchi dello sfruttamento a cui sono sottoposti e della trascuratezza dei loro bisogni da parte del padrone, decidono di ribellarsi e di instaurare una società di uguali dove ognuno beneficierà dei frutti del proprio lavoro secondo le proprie necessità, nel rispetto dei principi marxisti.
Ma ben presto le cose prendono una brutta piega perchè i maiali, che sono più intelligenti degli altri animali, rivendicano il potere e, con un'abile propaganda fatta di menzogne ben ponderate, trasformano la fattoria secondo loro volontà, mentre i più idealisti vengono ingannati o uccisi. 
Si realizza, gradualmente, una trasformazione anche fisica e alla fine, quando i maiali aprono all'esterno e cominciano a fare accordi e trattati con l'uomo, sono diventati così simili al loro antico padrone, che non si riesce più a capire qual è il maiale e qual è l'uomo.
Negli animali della fattoria è possibile riconoscere una moltitudine di protagonisti della storia di quegli anni, da Stalin a Trotsky, a Stachanov (il cavallo, venduto come carne da macello da "Stalin" quando non  è più utile).

Post collegati Orwell


lunedì 6 febbraio 2012

La grande guerra

Così venne chiamata la prima guerra mondiale, perchè fu il più grande conflitto bellico mai combattuto fino ad allora.
Da un lato si schierarono gli Imperi Centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero Ottomano e Bulgaria), dall'altro le forze Alleate (Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia).
Il conflitto durò dal 1914 al 1918 e si concluse, com'è noto, con la vittoria delle forze alleate.
Ai lettori stranieri suggerisco il capolavoro di Dino Risi, intitolato per l'appunto "La grande guerra", di cui propongo uno stralcio preso da youtube:


Il film  racconta, con toni antiretorici e con gli occhi di noi italiani, il dramma di questo conflitto che alla fine costerà nove milioni di morti tra i soldati e sette milioni tra i civili. La prima guerra mondiale segna, infatti, un punto di rottura con le guerre precedenti, che erano state combattute da eserciti professionali; con la "Grande guerra" c'è un'enorme partecipazione popolare al conflitto: i soldati Busacca (Vittorio Gassman) e Jacovacci (Alberto Sordi) potevano essere benissimo i nostri nonni (o bisnonni), strappati dal loro lavoro e dalle loro famiglie per essere spediti in trincea e per farsi fare a pezzi.
Scriverà più  tardi Garcia Lorca:
La guerra es algo monstruoso, criminal; increíble que todavía, tras el amargo trago del catorce, haya quien piense en ella. Yo creo que la guerra es una vergüenza para nuestra civilización.
La guerra è qualcosa di mostruoso, di criminale; è incredibile che, dopo l'amaro calice del '14, ci sia ancora chi l'auspichi. Credo che la guerra sia una vergogna per la nostra civiltà.

Post collegatiDino Risi

domenica 5 febbraio 2012

Tutto è relativo

Abbiamo già messo, almeno in parte, un piede nel XX secolo, parlando della settimana tragica di Barcellona e della Rivoluzione Messicana, tuttavia prima di inoltraci negli eventi drammatici e straordinari della "Grande Guerra" e della "Rivoluzione d'Ottobre", dedichiamo, come di costume, un po' di tempo a raccontare cosa succede nel campo delle arti e delle scienze.
Nel campo della pittura emerge il genio di Picasso, che nel 1907 dipinge "Las señoritas de Avignon", mentre in quello dell'architettura Gaudí disegna il "parco Güell" (1900).

Las señoritas de Avignon

Park Güell

Ma la grande rivoluzione avviene in campo scientifico: ricordate i post su Galileo e Newton? La scienza moderna comincia proprio con Galileo, mentre, come avevamo detto,  Newton chiude definitivamente il Medio Evo. Ebbene, nel 1905, Albert Einstein elabora la "Teoria della Relatività": viene così meno il concetto, dato fino ad allora per scontato, di "tempo assoluto", per essere sostituito da quello di "spaziotempo" (tempo e spazio sono legati insieme).

sabato 4 febbraio 2012

J'accuse

Tra gli esponenti del Naturalismo francese un posto di tutto rilievo spetta a Emile Zola (che, tra l'altro, aveva origini italiane).
Ma più che della sua produzione letteraria vorrei parlare oggi del suo impegno nell'Affaire Dreyfus.
Come saprete, Dreyfus era un ufficiale ingiustamente accusato di tradimento, degradato e condannato al carcere duro in un posto dal nome poco rassicurante: l'isola del Diavolo.
Ebbene, con coraggio e intransigenza, Emile Zola si battè insieme ad altri intellettuali per il rispetto della verità e il ripristino della giustizia, denunciando con il suo famoso pezzo "J'accuse" (una lettera pubblica al Presidente  della Repubblica) le irregolarità commesse nel processo a carico dell'ufficiale.
Dreyfus alla fine sarà riabilitato e Emile Zola morirà in un incidente domestico nel 1902 (e ci fu qualche sospetto che tale incidente fosse stato provocato da persone coinvolte nell'affaire Dreyfus).
Ci resta il suo esempio, di intellettuale non asservito  e di giornalista coraggioso, che non ebbe timore a mettersi contro il Potere denunciando la farsa di un processo che puzzava di antisemitismo lontano un miglio.
Molto spesso si sottovaluta il ruolo degli intellettuali (e le loro responsabilità) all'interno della società: quando gli intellettuali perdono la loro capacità di critica, la società scivola poco a poco verso la servitù nei confronti dei potenti, senza che nessuno se ne renda conto finchè si non rimane intrappolati negli ingranaggi del potere, come toccò a Dreyfus.

La cucaracha

E' giunto il momento del nostro breve riepilogo degli eventi che caratterizzano il periodo che stiamo trattando. Nel 1898 la Spagna perde le sue ultime colonie e nel 1909 c'è "la settimana tragica di Barcellona": il ministro Antonio Maura richiamò le truppe di riserva per utilizzarle nella ripresa attività coloniale in Marocco, causando la rivolta degli operai e dei contadini di Barcellona e di altre città catalane, che rifiutarono di arruolarsi. Anarchici, comunisti e repubblicani sostennero la rivolta, dandole una connotazione politica anticlericale e antiborghese (ed, in effetti, la borghesia poteva scansare il servizio militare pagando un corrispettivo in denaro che era fuori della portata del proletariato) . Ci furono molti incidenti e atti vandalici, così alla fine fu proclamata la legge marziale e furono erette delle barricate. Le truppe di Barcellona rifiutarono di sparare contro i propri concittadini e allora il governo fece venire truppe da altre regioni, reprimendo la rivolta nel sangue.
Trasferiamoci però in Messico dove, a seguito di numerose insurrezioni guidate, tra gli altri, da Pancho Villa e Emiliano Zapata, la dittatura di Porfirio Diaz era stata rovesciata. I piani di riforma agraria non riuscirono tuttavia a concretizzarsi, perchè il nuovo presidente, Madero, fu assassinato (1913). Il generale Huerta prese il potere, instaurando una feroce dittatura che terminò nel 1915, quando fu costretto all'esilio. Seguiranno altri anni di lotte e confusione, durante le quali saranno assassinati tutti gli eroi della Rivoluzione Messicana, Villa, Zapata e Carranza.
Ma torniamo al titolo di oggi, ossia la celebre canzone delle truppe di Villa: chi è la cucaracha ("scarafaggio")? Secondo alcuni ci si riferiva alla celebre automobile di Pancho Villa, altri sostengono che fosse l'odiato generale Huerta (che aveva il vizio di fumare marijuana): la cosa più sicura è che vi fosse più di una versione della canzone e che il "nomignolo" toccasse ora all'una ora all'altro.

P.S.: testo e storia della canzone La cucaracha

venerdì 3 febbraio 2012

Il giardino dei ciliegi

Parliamo adesso di Čechov e del suo ultimo lavoro teatrale (morirà poco dopo).
Il giardino dei ciliegi fu concepito dal suo autore come farsa, ma sarà poi rappresentato come tragedia (e conserverà questa sua duplice natura).
Lo sfondo è quello della Russia dopo l'abolizione della servitù della gleba (1861) e, quindi, quello della crisi del sistema semifeudale vigente. Quando crolla un sistema, chi non ha il coraggio di rimettersi in gioco e cambiare vita è destinato alla rovina: questo è il messaggio rivolto all'aristocrazia russa rimasta spiazzata dalla perdita di manodopera gratuita, mentre iniziava a farsi avanti una borghesia intraprendente ma materialista (il giardino dei ciliegi alla fine sarà abbattuto dal nuovo proprietario per una speculazione edilizia).
La protagonista, Ljuba, che rappresenta l'aristocrazia decadente, è incapace di comprendere i suoi errori e di raddrizzarli ma, al tempo stesso, è un'eroina che sacrifica tutto per amore, mentre  Lopachin, un ex servo della gleba divenuto ricco grazie al suo lavoro e che acquista la casa dove suo padre era stato servo, simboleggia invece il capitalismo che avanza, nei panni di operai e contadini animati da un legittimo desiderio di benessere, ma al tempo stesso privi di cultura, di memoria e di amore per ciò che è bello.
Ma il messaggio di speranza è rappresentato da Anja, la figlia di Ljuba, che vede invece nel cambiamento la possibilità di un avvenire migliore: per quanto la vita possa toglierci tutto, non ci potrà mai togliere la libertà di reinventarci il domani.

giovedì 2 febbraio 2012

L'elogio della pigrizia

Torniamo ai grandi maestri russi per parlare di uno dei miei libri preferiti, Oblamov di Gončarov.
Oblamov è un vero gentiluomo, è intelligente, ha un animo nobile e delicato, ma è ammalato di immobilismo. Passa la maggior parte delle sue giornate in casa, o addirittura a letto, impelagandosi in sterili riflessioni che finiscono sempre allo stesso modo: rimandare ogni decisione all'indomani.
-Mancano solo 2 ore alla fine della giornata, ed in 2 ore non si è mai  fatto niente di buono.. è il ritornello che chiude ogni prospettiva di una scelta.
E intanto la sua casa va in rovina e viene derubato da lestofanti che approfittano della sua bontà
Il suo amico Stolz cerca in tutti i modi di scuoterlo dal suo torpore, cercando di farlo uscire e fargli frequentare la gente, ma questo tipo di vita lo annoia anche di più della solitudine in cui si era rifugiato.
Un giorno però conosce Olga e se ne innamora. Per un momento, sembra che per il nostro eroe ci sia una possibilità di recupero, ma quando si tratta di passare al dunque, ossia sposarla, Oblamov ha paura perchè significherebbe per lui un cambiamento troppo grande e si tira indietro: a volte anche la felicità fa paura. Olga finisce per sposarsi  con Stolz, mentre Oblamov è quasi sul lastrico, dato che non si prende minimamente cura della sua proprietà.
Finirà per sposarsi con la sua padrona di casa, una persona semplice che lo ama da tempo in segreto e dalla quale avrà un figlio. I tentativi di Stolz e di Olga di scuoterlo sono destinati a fallire e Oblamov morirà, se non felice, almeno sereno, nel suo piccolissimo mondo, riscaldato dall'affetto disinteressato  della moglie.
Che dire? Impossibile non apprezzare un personaggio del genere: sia ben chiaro che Stolz, Olga e la moglie (che ha un nome complicatissimo, Agaf’ja Matveeyna) non hanno compassione di Oblamov, ma lo amano per il suo animo: Oblamov è unico, un po' come Cyrano e Don Chisciotte.

Post collegati: Majakovskij Don Chisciotte Cirano

mercoledì 1 febbraio 2012

I sogni son desideri..

E chi non se lo ricorda il famoso ritornello della canzone di Cenerentola!!!
Però oggi parleremo di Sigmund Freud che ha avuto il merito di portare lo studio dei sogni nel campo scientifico. Naturalmente, il problema dell'interpretazione dei sogni è una cosa che ha sempre affascinato l'uomo sin dall'antichità, tuttavia è con Freud che questo tema viene messo al centro dell'attenzione nella psicoanalisi.
Come per Cenerentola, anche per Freud i sogni son desideri, o meglio, desideri inconsci che emergono durante il sonno, in quanto quando dormiamo il potere di inibizione della coscienza è più debole.
Freud distingue il contenuto manifesto del sogno dal contenuto latente, ossia a cosa effettivamente il sogno si riferisce: secondo la sua teoria, poichè, per l'appunto, molti di questi desideri non sono accettati dalla nostra coscienza, vengono "mascherati" in modo da eluderne la censura e soddisfare così questo bisogno nascosto del nostro io.
Beh, aggiungerei che ai tempi di Freud non c'erano Internet, twitter, facebook, il telefonino e  tutte quelle cose che ci costringono a correre come pazzi e che probabilmente rendono ancora più frammentari quei "residui psichici diurni" (ossia impressioni non completamente elaborate) da cui spesso, secondo Freud, i sogni traggono origine.
Dei sogni abbiamo già trattato in questo blog, scomodando Calderón de la Barca y Russell; a questo punto mi permetto di segnalare una bellissima canzone di Roberto Vecchioni, dedicata a tutti i sognatori: sogna ragazzo sogna .

Post collegati: Calderón de La Barca