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sabato 29 dicembre 2012

Il Cenone è servito!

Vi state preparando al Cenone? E qual é,  in ogni liceo classico, la più famosa delle cene? Naturalmente quella di Trimalcione, parte centrale del Satyricon di Petronio.
Beh, ogni cena che si rispetti deve iniziare dagli antipasti e vediamo allora cosa serviva il munifico Trimalcione ai suoi ospiti...(dal capitolo XXXI)

 Tandem ergo discubuimus, pueris Alexandrinis aquam in manus nivatam infundentibus, aliisque insequentibus ad pedes ac paronychia cum ingenti subtilitate tollentibus. Ac ne in hoc quidem tam molesto tacebant officio, sed obiter cantabant. Ego experiri volui an tota familia cantaret, itaque potionem poposci. Paratissimus puer non minus me acido cantico excepit, et quisquis aliquid rogatus erat ut daret. Pantomimi chorum, non patris familiae triclinium crederes.
Allata est tamen gustatio valde lauta; nam iam omnes discubuerant praeter ipsum Trimachionem, cui locus novo more primus servabatur. Ceterum in promulsidari asellus erat Corinthius cum bisaccio positus, qui habebat olivas in altera parte albas, in altera nigras. Tegebant asellum duae lances, in quarum marginibus nomen Trimalchionis inscriptum erat et argenti pondus. Ponticuli etiam ferruminati sustinebant glires melle ac papavere sparsos. Fuerunt et tomacula supra craticulam argenteam ferventia posita et infra craticulam Syriaca pruna cum granis Punici mali.
Così finalmente ci sdraiammo a tavola, con fanciulli di Alessandria che versavano acqua ghiacciata sulle mani, e altri che li seguivano ai piedi e con grande sottigliezza toglievano le pipite.
E neppure in questo lavoro tanto molesto tacevano ma nel frattempo cantavano.
Io volli scoprire se tutta la servitù cantasse e chiesi allora qualcosa da bere.
Un giovane servo immediatamente mi assecondò con un canto non meno stridulo, e così ogni altro a cui veniva richiesto di dare qualcosa.
Lo avresti creduto un coro di pantomima, non il triclinio di un padre di famiglia.
Fu portato comunque un antipasto molto lauto, infatti tutti ormai erano a tavola, all'infuori di Trimalcione stesso, al quale in nuova usanza era riservato il primo posto.
Nel vassoio era posto un asinello corinzio con una bisaccia, che aveva olive bianche in una parte, nere nell'altra.
Coprivano l'asinello due piatti, sui cui margini era scritto  il nome di Trimalcione e il peso dell'argento. E  inoltre dei ponticelli saldati reggevano ghiri cosparsi di miele e papavero.
E dei salsicciotti furono posti a cuocersi su una graticola d'argento, e sotto la graticola susine di Siria con chicchi di melagrana punica.

Prometto che torneremo molto presto a parlare della satira, visto che ormai l'abbiamo introdotta attraverso il maestro Petronio...Per il momento, buon 2013 a tutti!

martedì 25 dicembre 2012

Se...

Natale con i tuoi, Natale di tombole e panettoni, di giocattoli e cartoni animati Disney....
Beh, se devo scegliere un cartone animato tra quelli più classici, scelgo questa volta "Il libro della Jungla", dato in TV in questi giorni e ispirato al romanzo di Kipling, così ho il pretesto per inserire in questo blog la celebre poesia di questo scrittore, "If" (Se).

If you can keep your head when all about you
Are losing theirs and blaming it on you;
If you can trust yourself when all men doubt you,
But make allowance for their doubting too:
If you can wait and not be tired by waiting,
Or being lied about, don't deal in lies,
Or being hated, don't give way to hating,
And yet don't look too good, nor talk too wise;

If you can dream—and not make dreams your master;
If you can think—and not make thoughts your aim,
If you can meet with Triumph and Disaster
And treat those two impostors just the same:
If you can bear to hear the truth you've spoken
Twisted by knaves to make a trap for fools,
Or watch the things you gave your life to, broken,
And stoop and build 'em up with worn-out tools;

If you can make one heap of all your winnings
And risk it on one turn of pitch-and-toss,
And lose, and start again at your beginnings
And never breathe a word about your loss:
If you can force your heart and nerve and sinew
To serve your turn long after they are gone,
And so hold on when there is nothing in you
Except the Will which says to them: "Hold on!"

If you can talk with crowds and keep your virtue,
Or walk with Kings—nor lose the common touch,
If neither foes nor loving friends can hurt you,
If all men count with you, but none too much:
If you can fill the unforgiving minute
With sixty seconds' worth of distance run,
Yours is the Earth and everything that's in it,
And—which is more—you'll be a Man, my son!

Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te
L'hanno persa e danno la colpa a te,
Se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te,
Ma prendi in considerazione i loro dubbi.
Se sai aspettare e non stancarti dell'attesa,
O essendo calunniato, non ricambiare con calunnie,
O essendo odiato, non dare spazio all'odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio;

Se puoi sognare e non fare dei sogni il tuo padrone;
Se puoi pensare, senza fare dei pensieri il tuo obiettivo,
Se sai incontrarti con il Trionfo ed il Disastro
E trattare questi due impostori allo stesso modo.
Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli stupidi,
O guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con strumenti usurati.

Se puoi fare un solo mucchio di tutte le tue conquiste
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare dal principio
e non dire mai una parola sulla tua perdita.
Se sai costringere il tuo cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo andati,
E a resistere quando in te non c'è più nulla
Tranne la Volontà che dice loro: "Resistete!"

Se riesci a parlare alle folle e conservare la tua virtù,
O passeggiare con i Re, senza perdere il contatto con la gente comune,
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici cari,
Se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo.
Se riesci a riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — cosa più importante — sarai un Uomo, figlio mio!


Buon Natale!

domenica 23 dicembre 2012

Lessico famigliare

Lasciamo adesso per un po' da parte Esopo (ed i politici) e dato che Natale è per definizione la festa della famiglia andiamo a vedere cosa ha da dire in proposito Natalia Ginzburg (tra l'altro, anche il suo nome cade a fagiolo!). E poi, comunque, non rimetteremo Esopo in soffita, perchè uno dei protagonisti di questo romanzo predilegeva, come il sottoscritto, Esopo ed Omero...
"Lessico famigliare" è sicuramente il romanzo più importante della Ginzburg e racconta, come molti di voi sapranno, la storia della sua famiglia, di ebrei antifascisti. Una galleria di personaggi straordinari che hanno avuto molta influenza sulla nostra storia e sulla nostra cultura si affacciano nelle pagine di questo libro, da Filippo Turati e Anna Kuliscioff agli Olivetti e a Pajetta, da Balbo a Pavese e a Leone Ginzburg e le loro vicende personali si intrecciano e si fondono con quelle della famiglia d'origine della scrittrice. Ma se ho scelto di inserire "Lessico famigliare" tra i post natalizi è perchè riprende uno dei temi a me cari, quello del legame tra le parole (e i modismi) e l'unità della famiglia.
Scrive la Ginzburg: 
Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti.Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia.Ci basta dire “Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna” o “De cosa spussa l’acido solfidrico”, per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole.Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l’uno con l’altro, noi fratelli, nel buio d’una grotta, fra milioni di persone.
Ed è vero, le parole sono una parte importante della nostra identità: ciascuno di noi ha in mente le sue, che spesso sono poi quelle del familiare o dell'amico (anche gli amici fanno parte della famiglia!)  che non c'è più e del quale abbiamo a volte nostalgia.
E visto che questo è il post in cui si ribadisce la centralità delle parole, vediamo cosa dice, sempre in questo libro, la Ginzburg a monito sia dei professionisti della scrittura che dei "professionisti del mestiere di vivere" (e quindi di tutti):
Pavese commetteva errori più gravi dei nostri. Perché i nostri errori erano generati da impulso, imprudenza, stupidità e candore; e invece gli errori di Pavese nascevano dalla prudenza, dall’astuzia, dal calcolo e dall’intelligenza. Nulla è pericoloso come questa sorta di errori. Possono essere, come lo furono per lui, mortali; perchè dalle strade che si sbagliano per astuzia, è difficile ritornare. Gli errori che si commettono per astuzia, ci avviluppano strettamente: l’astuzia mette in noi radici più ferme che non l’avventatezza o l’imprudenza: come sciogliersi da quei legami così tenaci, così stretti, così profondi? La prudenza, il calcolo, l’astuzia hanno il volto della ragione: il volto, la voce amara della ragione, che argomenta con i suoi argomenti infallibili, ai quali non c’è nulla da rispondere, non c’è che assentire..

Alla prossima.

venerdì 14 dicembre 2012

Gli invidiosi

Altra caratteristica dell'agone politico è l'invidia per quanto di buono fatto dagli avversari: che si riducano le tasse o si migliorino i servizi offerti, che si entri nell'euro o si riduca lo spread, che si facciano passi avanti sul fronte dei diritti civili o si facciano queste fantomatiche riforme necessarie al Paese, difficilmente l'opposizione riconoscerà i meriti del governo. L'invidia però è un sentimento alquanto umano e lo possiamo ritrovare nei parenti, nei vicini di casa, nei colleghi, nei turisti...Qualsiasi cosa facciamo, non va mai bene oppure loro la farebbero meglio..Come al solito, ricorriamo allora al nostro amico Esopo:
Esopo: Zeus, Prometeo, Atena e Momo
Zeus, Prometeo, Atena e Momo

Zeus, Prometeo e Atena, dopo aver modellato, il primo un toro, il secondo un uomo, la terza una casa, scelsero Momo come giudice. Questi, invidioso delle opere, per cominciare disse che Zeus aveva sbagliato a non mettere gli occhi del toro sulle corna affinchè vedesse dove colpiva; e così Prometeo poichè non aveva appeso il cuore dell'uomo all'esterno, affinchè i malvagi non si nascondessero e fosse manifesto quello che ciascuno ha in animo; e per terzo disse che Atena avrebbe dovuto fare la casa con le ruote affinchè, se un malvagio si fosse stabilito come vicino, si potesse spostare facilmente. E Zeus, arrabbiandosi per la sua invidia, lo cacciò dall'Olimpo. La favola insegna che nulla è così perfetto da non esporsi a qualche critica.

Che dire? Fermo restando che probabilmente non ci libereremo mai dell'invidia, tutto sommato a me Momo sta simpatico... In fin dei conti, se i cornuti (che abbiano 2 o 4 zampe poco importa!) avessero gli occhi sulle corna, eviterebbero di andare a sbattere o di rimanere incastrati... E se fosse possibile vedere il cuore della gente, ci risparmieremmo molte delusioni...Infine, la casa con le ruote è davvero un colpo di genio: è Momo il profeta della roulotte, dovrebbe chiedere il brevetto! In sostanza: se proprio dovete essere invidiosi, almeno siate acuti come Momo!

mercoledì 12 dicembre 2012

Dibattiti ....

Passiamo quindi ai classici dibattiti elettorali, spesso ormai più simili a risse tra automobilisti che ad un confronto sulle proposte. La strategia di non far parlare la controparte attraverso l'interruzione sistematica o addirittura l'insulto è sempre più diffusa e alla fine, se c'è un vincitore (ammesso che tale vittoria meriti di essere celebrata), è colui che ha ridicolizzato maggiormente l'avversario o ha saputo replicare più efficacemente ad attacchi sempre più diretti alla persona che alle proposte. Vediamo cosa ci racconta Esopo in proposito:
Esopo - La scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda

La scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda
Una scrofa ed una cagna si insultavano a vicenda. La scrofa giurava per Afrodite che avrebbe fatto a pezzi la cagna con i denti.
Al che la cagna disse ironicamente:
-Fai bene a giurare su Afrodite; è ovvio che da questa soprattutto sei amata, visto che assolutamente non ammette al tempio colui che ha assaggiato le tue carni impure. 
E la scrofa:
-Al contrario, è una prova ulteriore che la dea mi ama: infatti disprezza assolutamente chi mi uccide o mi maltratta in altro modo; tu, comunque, puzzi sia da viva che da morta.
La favola mostra che gli oratori assennati cambiano con facilità in lode gli insulti degli avversari.
Un bell'esempio, vero?

domenica 9 dicembre 2012

Promesse..

Continuiamo il nostro viaggio nei mali quotidiani (che spesso poi, come abbiamo visto,  sono mali che esistono dall'alba dei tempi) e continuiamo con il "buon" Esopo (buono si fa per dire, perchè nelle favole di Esopo non ce n'è per nessuno: animali, uomini, Dei, oggetti...tutti vengono prima o poi colpiti dai suoi strali).
Visto che tira aria di elezioni e quindi è facile prospettare dibattiti televisivi e trasmissioni di "approfondimento" a iosa, cominciamo a parlare delle "facili promesse" con questa breve favola:
Esopo: Il lupo e la vecchia

Il lupo e la vecchia
Un lupo affamato vagabondava cercando cibo.
Giunto in un luogo, sentì un bambino che piangeva e una vecchia che gli diceva:
-Smetti di piangere, se no ti darò subito al lupo.
Il lupo, credendo che la vecchia dicesse per davvero, rimase ad aspettare per molto tempo.
Quando invece giunse la sera, sentì di nuovo la vecchia che vezzeggiava il bambino e gli diceva:
-Se viene il lupo, figliolo, lo uccideremo.
Avendo udito ciò il lupo se ne andò, dicendo:
-Da queste parti dicono una cosa ma ne fanno un'altra.
La favola è per quegli uomini che non hanno le azioni uguali alle parole.


Alla prossima.

martedì 4 dicembre 2012

Le rane che chiedevano un re

Visto che ci stiamo avvicinando al Natale, cominciamo a raccontare qualche fiaba e il re delle favole, in un liceo classico, è sicuramente Esopo.
Ho scelto per voi una favola un po' anarchica, tanto per restare a tema...

Le rane che chiedevano un re.
Le rane, stanche dell'anarchia in cui si trovavano, inviarono degli ambasciatori a Zeus, chiedendo di assegnare loro un re.
Questi, rendendosi conto della loro stupidità gettò nel pantano un pezzo di legno.
E le rane, dapprima spaventandosi per il rumore, si rifugiarono nelle profondità dello stagno.
Successivamente, poic il pezzo di legno era immobile, come riemersero giunsero ad un tale disprezzo verso di lui da arrampicarvisi sedendovisi sopra.
Avvilite per avere un tale re, si recarono la seconda volta da Zeus e lo pregarono di dar loro un altro sovrano; il primo infatti era molto pigro.
E Zeus, adiratosi, inviò loro un serpente marino che si mise a catturarle e a mangiarle. La favola insegna che è meglio avere sovrani lenti ma buoni piuttosto che sempre in movimento e perfidi.


E' davvero sorprendente l'attualità di Esopo, tenendo conto del contesto storico in cui viveva. Il potere è sempre violenza, quindi deve essere il più lieve possibile e questo Esopo l'aveva già capito.

sabato 1 dicembre 2012

Canzoni per la Repubblica

Prendiamo spunto dal fatto che nell'ultimo post abbiamo aperto una parentesi sulla musica ispanica impegnata e dal fatto che poco tempo fa' abbiamo parlato di Durruti per fare una breve carrellata delle canzoni della Guerra Civile Spagnola, tema per altro oggetto di vari post in questo blog.
La ragione di questa scelta è presto detta:queste canzoni rappresentano a mio avviso un bel quadro riassuntivo di quelle che furono le passioni e le speranze di coloro che difendevano la bandiera della Repubblica (e, N.D.R., "Repubblica" è davvero una gran bella parola!).
Premetto che su Internet troverete versioni diverse delle canzoni che vi proporrò, poichè effettivamente queste canzoni erano cantate in modo diverso a seconda della località.
Comunque, quante volte abbiamo visto sui muri delle nostre città la scritta "¡No pasarán!"? Ebbene, questa frase che poi divenne uno slogan di portata internazionale, fu pronunciata dalla "Pasionaria" Dolores Ibárruri Gómez, leader del partito comunista spagnolo allo scoppio della guerra civile.
E divenne poi anche una canzone anche se, delle tante canzoni che si rifanno al "no pasarán", mi piace riportare questa, conosciuta, ovviamente, con più titoli (El frente de Gandesa, Si me quieres escribir, Ya sabes mi paradero) :  El frente de Gandesa

Los moros que trajo Franco
en Madrid quieren entrar.
Mientras quede un miliciano
los moros no pasarán.

Si me quieres escribir
ya sabes mi paradero
Tercera Brigada Mixta,
primera línea de fuego.
..........


I "mori" che ha portato Franco
in Madrid vogliono entrare.
Fintanto che resti un miliziano
i mori non passeranno.

Se mi vuoi scrivere,
già conosci il mio recapito
Terza Brigata Mista,
prima linea di fuoco.
.......


La più famosa è, probabilmente, Ay Carmela , che celebrava una delle poche importanti vittorie dei repubblicani, quella della controffensiva  del Luglio 1938 sull'Ebro 


El furor de los traidores,
rumba, la rumba, la rumba, ba, ba
lo descarga su aviación,
¡Ay, Carmela! ¡Ay, Carmela!

Pero nada pueden bombas,
rumba, la rumba, la rumba, ba, ba
donde sobra corazón,
Ay, Carmela! ¡Ay, Carmela!


La rabbia dei traditori
rumba, la rumba, la rumba, ba,ba
la scarica la loro aviazione,
Ay, Carmela! Ay Carmela!

Pero nulla possono le bombe,
rumba, la rumba, la rumba, ba,ba
dove c'è coraggio da vendere,
Ay Carmela! Ay Carmela


E se la difesa di Madrid fu davvero eroica, dei 5 battaglioni che vi presero parte, il più  famoso fu sicuramente "El quinto regimiento", una milizia popolare di formazione comunista ma alla quale aderirono repubblicani di ogni estrazione ideologica e che si distingueva per la ferrea disciplina.
 All'interno del "Quinto Regimiento", i soldati potevano scegliere i loro sottoufficiali ed ufficiali di rango inferiore, il che la dice lunga sulla fesseria di tante teorie "dirigiste": consentire alle persone di partecipare alla selezione dei propri superiori diretti anzichè imporre i propri tirapiedi dall'alto costa sicuramente fatica ma alla lunga credo che dia buoni risultati (nell'esercito come in azienda come in politica): il "Quinto Regimiento" era veramente un reggimento di ferro e questo era il suo inno: El Quinto Regimiento
Con Líster, el Campesino,
con Galán y con Modesto
con el comandante Carlos
no hay miliciano con miedo.
.....
Con los cuatro batallones
que Madrid están defendiendo
se va lo mejor de España
la flor más roja del pueblo.


Con Lister, il Campesino,
con Galan e con Modesto,
con il comandate Carlos
non c'è un miliziano che abbia paura.
......
Con i 4 battaglioni
che stanno difendendo Madrid
va il meglio della Spagna
il fiore più rosso del popolo.


Beh, di canzoni ce ne furono molte, anche dall'altra parte della barricata; una raccolta completa che ebbe un notevole successo è quella del cantante cileno Rolando Alarcón Soto, "Canciones de la Guerra Civil Española". 

Alla prossima.

Post collegati: Guerra civile spagnola

lunedì 26 novembre 2012

Musica e parole dall'America Latina

Dietro sollecito da parte di una lettrice, dato che nel post precedente abbiamo parlato della canzone poesia di Nicolás Guillén, ne approfitto per citare altri poeti-cantanti latino americani che hanno spesso utilizzato la loro "voce" per denunciare le ingiustizie sociali.
Inizierò con Violeta Parra, figura di primissimo piano della Nueva Canción Chilena: il suo "Gracias a la vida"  fu reinterpretato da tanti grandissimi, come Joan Baez e Chavela Vargas (oltre che dagli italiani Banda Bassotti e Anna Oxa).
E cileno era pure Victor Jara, cantante e regista teatrale assassinato durante il golpe di Pinochet.
E visto che abbiamo citato Chavela Vargas, rendiamo omaggio anche a questa grande cantante messicana, recentemente scomparsa, che trattava nelle sue canzoni un altro tema "evergreen", quello delle pene d'amore, attraverso le strofe di Joaquin Sabina, uno dei cantanti spagnoli più popolari :

Dal "BOULEVARD DE LOS SUEÑOS ROTOS" ("IL VIALE DEI SOGNI INFRANTI")
Las amarguras, no son amargas,
cuando las canta, Chavela Vargas
y las escribe, un tal José Alfredo


Le amarezze, non sono amare
quando le canta Chavela Vargas
e le scrive un tale José Alfredo (*José Alfredo Jiménez, compositore messicano)


E se è vero che il legame tra musica e poesia ha radici antiche, denunciare ingiustizie e consolare cuori infranti è l'utilizzo più sublime che se ne possa fare.

domenica 25 novembre 2012

La muralla

In alcuni post precedenti, avevamo parlato di muri che vanno giù e di nuovi muri che si erigono. Ma non sempre innalzare un muro è una cosa negativa, a volte non c'è altro rimedio. E visto che la stupidità umana, oltre ad essere secondo Einstein una delle due cose infinite che ci sono (ma sull'infinità dell'altra, l'universo, Albert nutriva qualche dubbio), ci complica la vita, a chi non piacerebbe costruire la muraglia della celebre poesia-canzone di Nicolás Guillén?


Para hacer esta muralla,
tráiganme todas las manos:
Los negros, su manos negras,
los blancos, sus blancas manos.
Ay,
una muralla que vaya
desde la playa hasta el monte,
desde el monte hasta la playa, bien,
allá sobre el horizonte.
Per fare questa muraglia
che mi si portino tutte le mani:
I neri, le loro mani nere,
i bianchi, le loro mani bianche.
Si,
una muraglia che vada
dalla spiaggia fino al monte,
dal monte fino alla spiaggia, bene,
là sull'orizzonte.
—¡Tun, tun!
—¿Quién es?
—Una rosa y un clavel...
—¡Abre la muralla!
—¡Tun, tun!
—¿Quién es?
—El sable del coronel...
—¡Cierra la muralla!
—¡Tun, tun!
—¿Quién es?
—La paloma y el laurel...
—¡Abre la muralla!
—¡Tun, tun!
—¿Quién es?
—El alacrán y el ciempiés...
—¡Cierra la muralla!
Tun, tun!
Chi è?
Una rosa ed un garofano
Apri la muraglia!
Tun, tun!
Chi è?
La sciabola del colonnello...
Chiudi la muraglia!
Tun, tun!
Chi è?
La colomba e l'alloro..
Apri la muraglia!
Tun, tun!
Chi è?
Lo scorpione ed il millepiedi...
Chiudi la muraglia!!
Al corazón del amigo,
abre la muralla;
al veneno y al puñal,
cierra la muralla;
al mirto y la yerbabuena,
abre la muralla;
al diente de la serpiente,
cierra la muralla;
al ruiseñor en la flor,
abre la muralla...
Al cuore dell'amico
apri la muraglia;
al veleno ed al pugnale
chiudi la muraglia
al mirto e alla menta,
apri la muraglia;
al dente del serpente,
chiudi la muraglia;
all'usignolo sul fiore,
apri la muraglia..
Alcemos una muralla
juntando todas las manos;
los negros, sus manos negras,
los blancos, sus blancas manos.
Una muralla que vaya
desde la playa hasta el monte,
desde el monte hasta la playa, bien,
allá sobre el horizonte...
Innalziamo una muraglia
unendo tutte le mani;
I neri, le loro mani nere,
i bianchi, le loro mani bianche.
una muraglia che vada
dalla spiaggia fino al monte,
dal monte fino alla spiaggia, bene,
là sull'orizzonte.

Beh, che dire? E' una poesia ed una canzoncina che possono cantare sia un bambino che un anziano, nell'auspicio che prima o poi tutte le mani, senza distinzione di razza, si uniscano per erigere una muraglia che lasci fuori l'odio e la stupidità, il razzismo e l'inganno, con buona pace dei relativisti .

martedì 20 novembre 2012

Due sorelle scatenate

Riprendiamo il tema dell'eros per rendere omaggio al mestiere più antico, ossia quello della cortigiana, dell'escort o come dir si voglia.
Facciamolo, come al solito, guardando al passato ed ai classici... Ho scelto, per l'occasione, una commedia di Plauto, "Le Bacchidi".
Le Bacchidi sono, per l'appunto, due sorelle, simpatiche e piuttosto spregiudicate...In un susseguirsi di intrighi, riusciranno a sedurre e a perdere non solo gli aitanti giovanotti, ma anche i loro vecchi genitori.
Gli elementi classici della commedia ci sono tutti: il vecchio ricco e sciocco, il servo astuto, i giovani innamorati, il trionfo finale dell'amore.. 
 .......
 PISTOCLERO: Vbi ego capiam pro machaera turturem, [ubique imponat in manum alius mihi pro cestu cantharum] pro galea scaphium, pro insigni sit corolla plectilis, pro hasta talos, pro lorica malacum capiam pallium, ubi mihi pro equo lectus detur, scortum pro scuto accubet? apage a me, apage. 
BACCHIDE: Ah, nimium ferus es.  
PISTOCLERO: Mihi sum. 
BACCHIDE: Malacissandus es. equidem tibi do hanc operam. 
PISTOCLERO:  Ah, nimium pretiosa es operaria. 

PISTOCLERO:...dove invece di una spada troverei una tortura, [dove invece del cesto per il pugilato mi si metterebbe in mano un cantaro]dove un pitale mi servirebbe da elmo, una ghirlanda da cimiero, dove troverei dadi al posto dell'asta, al posto della corazza un morbido pallio, dove mi si darebbe un letto anziché un cavallo, dove al posto dello scudo ci sarebbe una meretrice al mio fianco....
BACCHIDE: Ah, sei troppo selvatico
PISTOCLERO: Lo sono per la mia salvezza
BACCHIDE: E' necessario ammansirti,,, Ti rendo i miei servigi
PISTOCLERO: Sono cari i tuoi servigi

 Beh, la prima riflessione è che anche gli aitanti giovanotti sono intimiditi dalle professioniste dell'amore... Ma andiamo avanti, vediamo come se la cavano le 2 sorelle con i genitori irati...

BACCHIDE: Senem illum tibi dedo ulteriorem, lepide ut lenitum reddas;  ego ad hunc iratum adgrediar, possumus nos hos intro inlicere huc.
SORELLA: Meum pensum ego lepide accurabo, quamquam odiost mortem amplexari. 
 
BACCHIDE: Quel vecchio più in là lo affido a te, affinchè lo renda mansueto; io mi incaricherò di questo bisbetico; vediamo se è possibile farli entrare in casa nostra.
SORELLA: Assolverò con cura il mio compito, ma quanto è brutto abbracciare la morte.

Possono fallire? Certo che no. La seconda riflessione è quindi che di fronte a delle belle fanciulle ben determinate, c'è ben poco da fare, soprattutto se si è già avanti con l'età e non ci sono più tante occasioni, con buona pace di Demostene e del suo celebre "Non pago così caro un rimorso". E la terza e conclusiva riflessione è che se proprio bisogna perdersi, è probabilmente meglio farlo tra le braccia delle sacerdotesse di Venere.


domenica 18 novembre 2012

Il ribelle gentiluomo

Navigando per il web, per caso ho visto che tra qualche giorno (il 20 novembre, per la precisione) è l'anniversario della morte di Buenaventura Durruti, figura centrale dell'anarchismo spagnolo ed europeo. Durruti morì in circostanze non del tutto chiare: fu ucciso a Madrid da una pallottola, ma non è certo che si trattasse di un attentato dei fascisti; alcuni ipotizzarono che si trattasse di una pallottola "comunista", frutto della contrapposizione che vedeva da un lato gli "stalinisti" e dall'altro "anarchici" e "trotskisti" e che lacerava il fronte repubblicano.
Il motivo per il quale ho deciso di inserire Durruti nelle biografie di questo blog è presto detto: al di là delle idee, che si possono condividere o meno, e del fascino che l'utopia dell'anarchia esercita, più o meno consapevolemente, su tutti (per quanto molti lo neghino, a tutti sarà sfuggito di dire, almeno una volta nella loro vita, "io sono anarchico" ), la vita di Durruti fu l'esempio di un impegno intrasigente per difendere i propri ideali senza per questo cadere nel baratro dell'odio. Non solo si può (e si dovrebbe) avere un'idea e lottare per essa senza per questo avere la "bava alla bocca" nei confronti di chi la pensa diversamente... sono anche convinto che l'odio ritardi l'affermazione di quell'idea.
Ma passiamo a Durruti, che si trovò a lottare per le sue idee in un periodo difficilisimo come quello della guerra civile spagnola.
Che Durruti fosse un ribelle per nascita non vi è ombra di dubbio:
Fin dai primi anni della mia vita, la prima cosa che conobbi fu la sofferenza. E se non potevo ribellarmi quando ero un bambino, fu solo perchè ero inconsapevole allora. Ma la tristezza dei miei nonni e dei miei genitori furono registati nella mia memoria proprio durante questi anni di inconsapevolezza.
......
Vedi perciò perchè continuerò a combattere fino a quando queste ingiustizie sociali esisteranno (traduzione personale di un testo preso da Wikipedia).
Ma proprio in quegli anni in cui l'odio la faceva da padrone, Durruti che, a scanso di equivoci, non era solo "uomo di penna" ma anche "uomo d'azione", non si lasciò trascinare da questo sentimento ottuso.
Racconta Jesús Arnal Pena, sacerdote cattolico che Durruti salvò dai miliziani che volevano fucilarlo in quanto tale (in quegli anni si fucilavano anche i preti che non avevano nulla a che spartire con il fascismo, anche se bisogna dire, in verità, che gran parte del clero spagnolo appoggiava (e appoggiò) in tutto e per tutto, il fascismo) e che poi divenne suo collaboratore:
"Una volta trascinarono davanti a noi un uomo che, ai suoi tempi, aveva detenuto a Saragozza una carica piuttosto importante. Preferirei non dirne il nome. Doveva essere fucilato. Durruti fece chiamare i suoi custodi e domandò loro: 'Come si è comportato quest’uomo nella sua proprietà? Come ha trattato i contadini?' La risposta fu: 'Non troppo male'.- 'Allora, che volete? Si deve farlo fuori solo perché, un tempo, è stato ricco? Questa è idiozia'. Mi consegnò l’uomo e disse: 'Bada che faccia il maestro nella scuola popolare del villaggio, e che lavori molto'." ( parte di un testo preso da Wikipedia).

sabato 10 novembre 2012

Σαπφώ

 A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde nella lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue nelle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.

Saffo Carme 31 
(traduzione di S.Quasimodo)
 
Concludiamo questa trilogia dedicata all'eros introducendo la poetessa più famosa dell'antichità, Saffo.
Come tutti saprete, Saffo nacque nell'isola di Lesbo, dove tornò dopo un periodo di esilio in Sicilia e dove si dedicò all'educazione di giovani fanciulle.
Alcune sue liriche alludono a rapporti omosessuali con le sue studentesse; non è possibile affermare se si trattasse di una descrizione di rapporti reali o se si trattasse di una sublimazione della sua poesia (i versi di Saffo sono infatti estremamente eleganti) ed, in fin dei conti, nemmeno interessa.
Saffo esalta l'amore e lo mette al di sopra di tutti i sentimenti.
E sia perchè la libertà di amare chi si vuole non dovrebbe più essere messa in discussione al giorno d'oggi sia perchè questo blog, con i suoi pochi pregi e con tutti i suoi difetti, è uno spazio libero, mi prendo la licenza di saltare dal canto di Saffo a canti più recenti come  la celebre canzone di Lucio Dalla "L'anno che verrà" che auspica un nuovo anno latore di grandi trasformazioni...
........
sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
ogni Cristo scenderà dalla croce
anche gli uccelli faranno ritorno.
.......

e nel quale, soprattutto...

si farà l'amore
ognuno come gli va...

E concludiamo, quindi, questo tema della libertà di amare con quello che ci dice un altro grande cantautore, Ivan Graziani.
La canzone si chiama "Limiti" e vi riporto, come al solito, alcune strofe:
.....
E vuoi sapere i tuoi limiti
è che ha troppi battiti
quel tuo stupido cuore
sempre a caccia d'amore
sai non è per offenderti
ma non puoi più difenderti
da una cosa normale
come quella di amare.
.....

Hei! Attilio che fai?
che sia così per sempre non vuoi
vai, corri da lei
o da lui se preferisci va
ma fallo...
...

Alla prossima.

P.S.: Eh si, Attilio, corri da chi ti pare però corri... perchè il tempo vola.

domenica 28 ottobre 2012

I consigli del Nasone

Continuiamo il nostro viaggio nell'universo dell'eros e facciamo un bel balzo all'indietro nel tempo, andando a spolverare niente poco di meno che l' "Ars Amatoria" di Publio Ovidio Nasone (per farla breve, "Ovidio").
Ovidio è uno dei maggiori esponenti della poesia elegiaca erotica e vi riporto qui uno stralcio della sua celebre opera "Ars amatoria".
Vediamo quali consigli ci da.....

Nec timide promitte: trahunt promissa puellas; Pollicito testes quoslibet adde deos. Iuppiter ex alto periuria ridet amantum, Et iubet Aeolios inrita ferre notos.
........
Ludite, si sapitis, solas impune puellas: Hac minus est una fraude tuenda fides. Fallite fallentes: ex magna parte profanum Sunt genus: in laqueos quos posuere, cadant.

Prometti senza timidezza: le promesse attirano le fanciulle; e come testimoni degli impegni presi invoca gli dei che preferisci. Giove dall'alto ride degli spergiuri degli amanti, e Eolo ordina ai venti di disperderli nel nulla.
......
Scherzate impunemente, se siete furbi, solo con le fanciulle:in questo caso una frode è meno grave che la lealtà. Ingannate chi inganna: le donne sono, per la maggior parte, una razza sacrilega: che cadano nei lacci che hanno teso.

Beh, non c'è male....L'opera di Ovidio, comunque, è davvero senza tempo, vale la pena di ridargli un'occhiata. 

sabato 27 ottobre 2012

Eros e Movida

Dopo la trattazione della più famosa delle guerre, parliamo di amore e cerchiamo di colmare una delle tante lacune di questo blog dedicando un po' di spazio alla poesia erotica.
Ho scelto di iniziare la trattazione di questo tema attraverso una delle voci poetiche femminili più rappresentative del XX secolo, Ana Rossetti, poetessa spagnola che ebbe un ruolo molto importante in quel movimento sociale e artistico chiamato "la movida", parola che quasi immediatamente (e a volte impropriamente)  associamo ai nostri week-end in Spagna.
L'eros è una parte essenziale della poesia di Ana Rossetti e vi riporto i versi di una delle sue poesie più conosciute, "Chico Wrangler", perchè può essere interessante, per noi uomini, vedere come approccia questo particolare universo l' "altra metà del cielo":

Dulce corazón mío de súbito asaltado.
Todo por adorar más de lo permisible.
Todo porque un cigarro se asienta en una boca
y en sus jugosas sedas se humedece.
Porque una camiseta incitante señala,
de su pecho, el escudo durísimo,
y un vigoroso brazo de la mínima manga sobresale.
Todo porque unas piernas, unas perfectas piernas,
dentro del más ceñido pantalón, frente a mí se separan.
Se separan.

Dolce cuore mio assalito all'improvviso.
Tutto per adorare più di quanto ci è permesso.
Tutto perchè una sigaretta si aggiusta in una bocca
e nelle sue sugose sete si inumidisce.
Perchè una maglietta incoraggiante mette in rilievo,
del suo petto, lo scudo durissimo,
e un vigoroso braccio dalla minuscola manica risalta.
Tutto perchè delle gambe, delle perfette gambe,
dentro al pantalone più attillato, di fronte a me si dividono.
Si dividono.

Alla prossima.

domenica 21 ottobre 2012

Achille -parte terza


Facciamo un passo indietro rispetto al post precedente e concludiamo questo breve ciclo dedicato ad Achille riportando un pezzo del suo dialogo con Ulisse.
Dopo la lite con Agamennone, Achille si era ritirato nel suo accampamento rifiutandosi di combattere; la guerra sta volgendo a mal partito per i Greci poichè i Troiani si sono avvicinati alle loro navi e quindi Agamennone manda gli eroi più grandi e ricchi doni per cercare di convincerlo a combattere di nuovo.
Tra questi ambasciatori c'è Ulisse, del quale Achille ha sempre avuto molta stima.
Mi interessa riportare, però, un frammento della risposta di Achille all'ambasciata di Ulisse che ci mostra quanto il personaggio sia lontano dagli stereotipi con i quali viene generalmente rappresentato:


Niente, per me, ha un valore uguale a quello della vita: non quanto dicono
che Ilio, solida città, aveva prima, in pace,
prima che vi giungessero i figli degli Achei;
nè quanto racchiude la soglia di pietra del tempio d'Apollo
Febo Saettante, in Pito rocciosa.
Buoi, grassi montoni si posson rapire,
comprare tripodi e bionde criniere di cavalli;
ma la vita d'un uomo, perchè torni indietro, rapir no la puoi
e nemmeno afferrare, quando ha passato la siepe dei denti.

Più tardi, fuori di sè per la morte dell'amico Patroclo, Achille farà una tale strage di Troiani che provocherà l'ira del fiume Scamandro, ma ciò non cambia il mio giudizio: Achille conosce meglio degli altri l'importanza della vita umana, perchè sa che la sua sarà breve.
Come abbiamo visto ieri, una volta ucciso Ettore, avrà pietà di Priamo.


sabato 20 ottobre 2012

Achille -parte seconda


Nel post precedente avevamo visto Achille ribellarsi alla prepotenza di Agamennone e sfidare la sua autorità davanti a tutti.
Ma Achille non è irrispettoso nei confronti dell'autorità, sia pure solamente morale.
Vediamo come si comporta con Priamo, un altro re, venuto a chiedere il riscatto del corpo del figlio Ettore.



Ma dopo che Achille divino fu sazio di gemiti,
passò dal cuore e dalle membra la brama,
s'alzò dal trono all'improvviso  e rialzò il vecchio per mano,
commiserando la testa canuta, il mento canuto,
e volgendosi a lui disse parole fugaci:
"Ah sventurato, quanti mali hai patito nel cuore!
E come hai potuto alle navi degli Achei venire solo,
davanti agli occhi d'un uomo che molti e valorosi
figli ti ha ucciso?Tu hai cuore di ferro."

Ed effettivamente, Priamo, "simile ai numi", è un altro personaggio nobile della storia (tra le altre cose, è , praticamente, l'unico dei Troiani a non rivolgere mai nemmeno uno sguardo di rimprovero alla bella Elena). 
Visti i precedenti, non c'è da stupirsi che Achille lo preferisca al comandante supremo del suo esercito e per questo sospende la guerra per i 9 giorni richiesti dal vecchio re per consentirgli di celebrare i funerali di Ettore.
Anche Achille, quindi, conosce la "pietas"..

Post collegati: Achille -parte prima Achille -parte terza

giovedì 18 ottobre 2012

Achille -parte prima


Facciamo un break per quanto riguarda la trattazione della letteratura contemporanea e riprendiamo il vocabolario di greco.. Visto che giusto ieri, mentre  mi stavo cimentando nell'ardua impresa di mettere un po' di ordine nelle mie librerie mi sono trovato tra le mani una copia dell'Iliade, cercherò di trattare, in questo e nei prossimi post, il personaggio a mio avviso più controverso: Achille.
Gli eroi della "guerra per eccellenza" sono molti e alcuni preferiranno Ettore o Enea  per la loro umanità, oppure Ulisse per il suo ingegno (è lui il vincitore di Troia, non altri), ma le cose più interessanti le dice proprio il "Pelide".
Come tutti sapete, l'Iliade inizia per l'appunto con la celebre lite tra Achille e Agamennone....
Vediamo cosa dice Achille:



Il Pelide di nuovo con dure parole investì l'Atride e non trattenne la collera:
"Ubriacone, con occhi di cane e cuore di cervo,
mai di indossar la corazza con l'esercito in guerra
nè di andare all'imboscata insieme ai migliori degli Achei
hai avuto il coraggio: questo ti sembra essere morte.
E' molto più semplice nel largo campo degli Achei
togliere i doni a chi ti parla in faccia:
re divoratore dei beni del popolo, poichè dei codardi comandi;
altrimenti Atride, offendevi per l'ultima volta."

Achille è l'unico tra i re che osa mettere in discussione l'autorità di Agamennone e lo fa senza mezze misure, rinfacciandogli davanti a tutti la sua vigliaccheria.
Sarà per le sue origini divine? A mio avviso no, il suo atto di ribellione è umano al 100%.
Probabilmente, davanti ad un Agamennone che volesse sottrargli la ricompensa, il grande Totò, che non era re ma principe,  eroe dei nostri tempi (e soprattutto di una classe proletaria ormai quasi scomparsa, le cui imprese epiche erano quelle volte a sbarcare il lunario utilizzando come unica arma la famosa "arte di arrangiarsi"), avrebbe fatto ricorso alla sua celebre protesta: "Siamo uomini o caporali?".
Anche se cambiano i tempi e le forme di espressione, non cambiano i concetti: Achille è eroe moderno sin dall'inizio.
Al prossimo post.

Post collegati: Achille -parte seconda Achille -parte terza

domenica 14 ottobre 2012

Il cimitero dei libri dimenticati

Restiamo in Spagna per parlare de "La sombra del viento", il best seller di Carlos Ruiz Zafón.
Il "cimitero dei libri dimenticati"  è un luogo misterioso e intrigante...

Cada libro, cada tomo que ves, tiene alma. El alma de quien lo escribió y el alma de quienes lo leyeron y vivieron y  soñaron con él.....

Ogni libro, ogni tomo che vedi, ha un'anima. L'anima di chi lo ha scritto e di quelli che lo hanno letto e vissuto e sognato con esso...

Cada libro que ves aquí ha sido el mejor amigo de alguien....

Ogni libro che vedi qui è stato l miglior amico di qualcuno....

La costumbre es que la prmera vez que alguien visita este lugar tiene que elegir un libro, el que prefiere, y adoptarlo, asegurandóse de que nunca desaparezca, de que siempre permanezca vivo.

L'usanza è che la prima volta che una persona visita questo luogo deve scegliere un libro, quello che preferisce, e adottarlo, assicurandosi che non scompaia mai e che viva per sempre...

Daniel, il protagonista, è un ragazzo di 11 anni, che  stato condotto lì dal padre libraio.Sceglie, appunto, "L'ombra del vento", di Julian Carax. Lo legge tutto d'un fiato e cerca altri libri dello stesso autore, ma scopre che questi sono stati dati alle fiamme. Daniel investiga e in un susseguirsi di eventi e di colpi di scena, arriverà alla soluzione del mistero. Ad aiutare Daniel nelle sue indagini è Fermín, un mendicante dotato di una parlantina fuori dal comune (secondo la migliore tradizione spagnola...[Come dimenticare Satur, il domestico dell'Aguila Roja nella fortunata serie televisiva?]), ma dovranno scontrarsi con il cattivissimo Fumero, il capo della polizia criminale di Barcellona (siamo nella Spagna franchista del 1945).
Di più non vi racconto...Alla prossima.

sabato 13 ottobre 2012

Due donne a Praga

Spostiamoci oggi in Spagna, per parlare di Juan José Millás e di uno dei suoi libri che è capitato tra le mani in questi anni, "Dos mujeres en Praga", per l'appunto.
A scanso di equivoci, questa incantevole città, non ha nulla a che vedere con la trama del racconto: "Praga" è il nome che Maria José associa alla cucina della sua amica (e protagonista), Luz:

-No saldria nunca de esta cocina - dijo Maria José-, es como si estuviéramos en Praga 
-¿En Praga?
-Si, no conozco Praga, pero me la imagino con calles estrechas y patios interiores. Me gustan las calles que parecen pasillos.

-Non uscirei mai da questa cucina-disse Maria José-, é come stare a Praga.
-A Praga?
-Si, non sono mai stata a Praga però me la immagino con strade strette e cortili interni. Mi piacciono le strade che sembrano corridoi.

Facciamo però un passo indietro e parliamo della trama del romanzo... Luz vuole far scrivere la storia della sua vita e si rivolge ad un professionista, Alvaro.
Inizia così il lavoro di ricostruzione e attraverso una serie di conversazioni, Alvaro e Luz trovano dei punti in comune tra le loro vite.
E del resto, quando si comincia a fare un bilancio della propria vita, soprattutto dopo gli "anta" non è difficile rendersi conto che molte delle nostre angosce esistenziali sono a "fattor comune" con gli altri, dai fantasmi del passato  alla sincerità dei rapporti personali più stretti, dalla solitudine ai desideri sessuali.
Una buona lettura.

martedì 2 ottobre 2012

Il birraio della discordia

Restiamo dunque in Sicilia e parliamo di un libro oggetto di un'iniziativa che fece abbastanza scalpore: gli insegnanti delle classi ginnasiali di un liceo del Ragusano decisero, anni fa, di sostituire la lettura  de "I promessi sposi" con quella del "Birraio di Preston", di Camilleri, adducendo la motivazione che i Promessi Sposi annoiavano gli alunni con il rischio che poi ci fosse un rifiuto da parte loro nei confronti della letteratura.
Devo dire che, per quanto mi riguarda, a me i Promessi Sposi non annoiarono affatto e mi anzi sono impegnato, come punto d'onore, di farli leggere alla mia compagna (che è straniera)..Sebbene finora i tentativi non siano andati a buon fine, non desisterò.
"Il Birraio di Preston", comunque, è molto divertente e quindi ben venga il coraggioso tentativo di rinnovare il programma ministeriale ogni tanto..Chi pensa che la scuola  debba restare immobile in secula seculorum erra: senza esperimenti non c'è nemmeno progresso.
Ma veniamo alla trama: il Prefetto vuole far rappresentare a tutti i costi, all'inagurazione del teatro di Vigata, l'opera lirica "Il Birraio di Preston", particolarmente invisa ai vigatesi, e lascia quindi carta bianca ad un noto "uomo di rispetto"  locale affinchè imponga, con le buone o con le cattive, la sua volontà.
Don Memè usa la sua "ars persuadendi"  per intimidire coloro che maggiormente osteggiano la rappresentazione dell'opera, ma sarà tutto vano: alla fine bisognerà ricorrere all'esercito per arginare i tumulti nel giorno della rappresentazione. In un susseguirsi di eventi comici e drammatici, alla fine viene svelato il perchè di tanta ostinazione da parte del Prefetto: voleva fare un omaggio alla sua consorte, facendo inagurare il teatro con la stessa opera a cui avevano assistito quando si erano conosciuti..Il fatto è che la memoria del Prefetto non era poi così buona: non era "Il Birraio di Preston" l'opera alla cui rappresentazione incontrò la sua futura moglie, ma "La Clementina".
Va beh, basta il pensiero!!!!

lunedì 1 ottobre 2012

I Beati Paoli

Visto che nell'ultimo post siampo passati per la Sicilia, mi è venuta in mente una lettura della mia infanzia, "I Beati Paoli" di Luigi Natoli (1909-1910).
Il collegamento tra Cicerone, impegnato a far condannare un governatore disonesto, e la misteriosa setta di giustizieri potrebbe sembrare arduo, ma questo libro fu il mio primissimo contatto con la Sicilia ed inoltre è un caro ricordo perchè mi fu regalato da mio nonno in tempi molto duri e quindi fu un dono particolarmente apprezzato. 
Romanzo popolare (e storico), ambientato appunto nella Sicilia degli inizi del XVIII secolo, racconta gli intrighi e le avventure dei duchi della Motta. 
Con la fine della guerra di successione spagnola, mentre il Regno di Sicilia viene ceduto dalla Spagna ai Savoia, fa il suo ingresso in città  Blasco da Castiglione, novello D'Artagnan.
Come il guascone, è infatti agghindato in abiti ridicoli e cavalca un ronzino che non ha nulla da invidiare a quello di Don Chisciotte. Come D'Artagnan, Blasco si batte e ama, ma fortunatamente il finale è abbastanza lieto: sarà lui, infine, il Duca della Motta e sposerà Violante, il suo vero amore.
Certo, le affinità con il romazo di Dumas ci sono, tuttavia dietro i "Beati Paoli" c'è un notevole lavoro di investigazione, per non parlare delle atmosfere della Sicilia di quel periodo che Natoli ha saputo perfettamente ricostruire.
E' probabilmente uno dei libri più letti in assoluto nell'isola e mi sento assolutamente di suggerirlo a tutti gli amanti del genere.
Un saluto.

sabato 29 settembre 2012

Le "Verrine"

A scanso di equivoci, il titolo non ha nulla a che vedere con i celebri concorsi di selezione delle aspiranti Miss. Continuiamo  il viaggio nei nostri mali quotidiani per arrivare all'amara considerazione che questi mali sono, purtroppo, degli "evergreen".
Poichè l'aspirazione è quella di rifarci ai grandi classici, scomodiamo per l'occasione il numero 1 degli avvocati, Cicerone, e le sue arringhe contro Verre, potente governatore della Sicilia ("in Verrem").


Nulla res per triennium, nisi ad nutum istius, iudicata est: nulla res cuiusquam tam patria atque avita fuit, quae non ab eo, imperio istius, abiudicaretur. Innumerabiles pecuniae ex aratorum bonis novo nefarioque instituto coactae; socii fidelissimi in hostium numero existimati; cives Romani servilem in modum cruciati et necati; homines nocentissimi propter pecunias iudicio liberati; honestissimi atque integerrimi, absentes rei facti, indicta causa damnati et eiecti; portus munitissimi, maximae tutissimaeque urbes piratis praedonibusque patefactae; nautae militesque Siculorum, socii nostri atque amici, fame necati; classes optimae atque opportunissimae, cum magna ignominia populi Romani, amissae et perditae. 


Nessuna questione fu giudicata in questi tre anni se non per volere di costui: nessuna proprietà di chicchessia fu a tal punto sicura per provenienza paterna e ancestrale , da non essergli sottratta per ordine di costui. Somme incalcolabili di denaro furono estorte dai beni dei coltivatori con un provvedimento nuovo e nefando; alleati fedelissimi furono considerati alla stregua di nemici,; cittadini Romani furono uccisi e torturati come fossero schiavi ; uomini gravemente colpevoli furono liberati dal procedimento giudiziario grazie al loro denaro; uomini onestissimi ed integerrimi , essendogli stata mossa causa mentre erano assenti , furono condannati ed esiliati; porti ben fortificati,  città molto grandi e sicure,  furono abbandonate a pirati e predoni,; marinai e soldati della Sicilia, nostri alleati ed amici, furono lasciati morire di fame; flotte eccellenti e utilissime, con grande vergogna del popolo Romano, furono distrutte e perdute.


Beh, nel caso ce ne fosse bisogno, direi che è un ottimo spot in favore della separazione dei poteri.

lunedì 24 settembre 2012

Nel nome del padre

Oggi voglio parlarvi di un altro dei nostri problemi quotidiani, il deficit di comunicazione e di fiducia reciproca che spesso è presente nelle famiglie. Le cause sono diverse, a volte si tratta di iper-protezione, a volte dell'abitudine a nascondere i propri sentimenti (che pure  ha radici antiche..)... Altri, fortunatamente meglio di me, hanno esplorato questo problema in modo scientifico, però quello che importa è che il non riuscire a confidarsi in famiglia ha effetti molto negativi e pone poco a poco delle barrire invisibili che ci renderanno irrimediabilmente più soli. 
Essendo un amante dell'ottava arte, anche questa volta utilizzerò come invito alla riflessione il fantastico mondo del cinema ed il film scelto per l'occasione è appunto "Nel nome del padre" di Jim Sheridan (1993)..
A seguito di un attentato attribuito all'IRA, Giuseppe (il padre), Jerry (il figlio) e alcuni loro amici  vengono arrestati e condannati a 30 anni di carcere sulla base di prove debolissime (se non addirittura falsificate).
Jerry e Giuseppe sono molto diversi tra loro: Jerry è un ragazzo forte e ribelle, Giuseppe è un uomo pacifico e malato. L'esperienza del carcere li riavvicinerà; Jerry apprenderà ad apprezzare suo padre e, alla sua morte, si impegnerà strenuamente per la riabilitazione del suo nome.
Bel film davvero, contiene anche un vero e proprio un atto di accusa nei confronti della fetida argomentazione che "ogni mezzo è buono", che molto spesso serve ai furbetti per costruire le proprie carriere con l'applauso degli eterni gonzi che dopo 2000 anni di storia non hanno ancora capito che i diritti degli altri non sono una cosa diversa dai loro diritti: sono la stessa cosa. 

sabato 15 settembre 2012

También la lluvia

Continuiamo il nostro viaggio nei mali dei tempi moderni e parliamo oggi di uno di quelli che negli ultimi anni è diventato un po' il leitmotiv delle manovre di bilancio, ossia la scarsità (e gli elevati costi di manutenzione) delle risorse idriche e, di conseguenza, la necessità di privatizzarle (con buona pace dei referendum!!).
Lo faremo, come facciamo spesso, con gli "occhi del cinema" ed il film scelto per l'occasione è "También la lluvia", di Bollaín (2010).
"Film dentro al film", racconta la guerra dell'acqua in Cochabamba (Bolivia-2000) mentre si sta girando contemporaneamente un film di denuncia su Cristoforo Colombo: uno degli attori contrattati tra la popolazione indigena per impersonare il capo degli indios che si ribellarono alla colonizzazione spagnola è anche il leader della protesta popolare contro la privatizzazione dell'acqua a favore di una multinazionale nordamericana,  che porterebbe ad un rincaro del prezzo insostenibile per le tasche dei più poveri.
Assistiamo al tempo stesso quindi alla rappresentazione cinematografica dell'oppressione esercitata da Colombo e dagli spagnoli sugli indios, per accaparrarsi oro e schiavi,  e all'impari lotta tra la popolazione locale e l'esercito che appoggia la multinazionale (che invece dell'oro vuole accaparrarsi un bene essenziale per la vita stessa).
Cambiano le bandiere, le armature e le armi; ci sono nuove ricchezze bramate e nuove forme di schiavitù all'orizzonte, ma la storia è sempre la stessa... Stavolta però cambia il finale: gli indios avranno la meglio e la multinazionale dovrà levare le tende.
Bello. Il link del trailer: También la lluvia

Post collegati: Conquistadores

domenica 9 settembre 2012

Uomini e statue

Visto che con Seneca abbiamo rispolverato il latino, cercando di adattarlo ai "mala tempora" che "currunt", lanciamo i nostri strali contro un altro dei mali che affliggono i nostri tempi moderni, ossia la ricerca del leader a tutti i costi, l'identificazione delle forze politiche e sociali in un solo individuo, a dimostrazione che la lezione del XX secolo è lungi dall'essere stata appresa.

Meglio che gli uomini si chiedano perchè non ho una statua piuttosto che si domandino perchè ne ho una...

diceva Marco Porcio Catone, simbolo dell'integrità morale e delle tradizionali virtù romane. Che Catone fosse una sorta di ottuso e rozzo fanatico è però una grossa balla: Catone era un uomo lungimirante che si preoccupava del benessere della sua patria. 
Detestava l'ellenismo ma studiava il greco, il che la dice lunga...
Non desta quindi meraviglia che il suo nome venga assunto dai capi degli Staurophylakes, la misteriosa confraternita la cui missione è quella di conservare la croce di Cristo, nel romanzo di Matilde Asensi a cui è dedicato il post odierno.
Suor Ottavia, una guardia svizzera e un archeologo attraversano, peccato dopo peccato ed espiazione dopo espiazione, il Purgatorio Dantesco. Uno di loro diventerà l'Ultimo Catone: indovinate chi?
Un bel romanzo dove si mescolano, come spesso accade, più generi letterari (ed una buona occasione di fare un bel ripasso divertendosi).
Alla prossima.

giovedì 6 settembre 2012

A tutto campo

Lo so che la mostra sulle Avanguardie Russe a Roma è finita da un pezzo, ma è comunque ora di dedicare un po' di spazio anche all'arte ed ai suoi protagonisti e per questo ho scelto Kadinsky (1866-1944), pittore che iniziai ad apprezzare nel lontano 1992 (conservo ancora qualche stampa acquistata ad un'esposizione in Budapest).
Uomo dal multiforme ingegno, direbbe Omero, fu in effetti un intellettuale "a tutto campo" ( o "todoterreno", come si direbbe in spagnolo) ed è considerato l'iniziatore della pittura astratta.
Un link per una rapida selezione delle sue opere: Kadinsky

lunedì 3 settembre 2012

Alla ricerca della felicità

Nostalgici o meno delle traduzioni di latino, oggi vi sottoporrò un estratto di un "classico", il saggio di Seneca sulla felicità (quanto mai opportuno visti i tempi che corrono!).
Considerato da tutti un autore "facile", è proprio questo a mio avviso il suo fascino: ho sempre ammirato chi rende facili e comprensibili a tutti  tematiche per loro natura complesse (Gramsci in questo era un maestro).
Ma veniamo a Seneca e all'estratto che vi ho promesso:
......

Cum de beata vita agetur, non est quod mihi illud discessionum more respondeas: 'haec pars maior esse videtur.' Ideo enim peior est. Non tam bene cum rebus humanis agitur ut meliora pluribus placeant: argumentum pessimi turba est. Quaeramus ergo quid optimum factu sit, non quid usitatissimum, et quid nos in possessione felicitatis aeternae constituat, non quid vulgo, veritatis pessimo interpreti, probatum sit. Vulgum autem tam chlamydatos quam coronatos voco; non enim colorem vestium, quibus praetexta sunt corpora, aspicio. Oculis de homine non credo, habeo melius et certius lumen, quo a falsis vera diiudicem: animi bonum animus inveniat....

................
Quando si tratta della felicità, non mi rispondere come per le votazioni "La maggioranza sembra stare da questa parte". Quella infatti è la parte peggiore. Non funziona tanto bene per le cose umane poichè le cose migliori sono sgradite ai più: la folla è la peggiore delle conferme. Chiediamoci piuttosto cosa sia meglio fare, non quale sia il comportamento più diffuso, e cosa ci faccia arrivare ad una felicità duratura, non cosa sia approvato dal volgo, che è un pessimo interprete della verità. E chiamo volgo sia chi indossa la clamide che chi porta la corona: infatti non guardo al colore delle vesti che servono a coprire il corpo. Non credo alle apparenze, ho un metro di giudizio migliore e più sicuro per distinguere il vero dal falso:quello che è  bene per l'animo lo trovi l'animo.......

Beh, spero che chi non l'ha letto si ricordi di metterlo nel carrello la prossima volta che va a fare la spesa in libreria; comunque, per quanto mi riguarda, ritengo che l'unico cammino possibile per raggiungere la felicità sia la ricerca della virtù, lo sforzo quotidiano per essere migliori: chi fa il "furbetto" al massimo può essere vincente, ma non veramente felice.

Post collegati: Pierino e il lupo

domenica 2 settembre 2012

Ricominciamo da ...Galileo

Son finite le vacanze e ci tocca tornare a scuola o al lavoro (oppure a cercarlo, il lavoro).
Beh, cerchiamo di sorridere lo stesso ed iniziamo con moltaaaa calma, andando a trovare una nostra vecchia conoscenza, Galileo Galilei.
Già Brecht aveva avuto modo di esplorare il lato umano del nostro eroe, ma quello che vi voglio proporre oggi è un Galielo ancora più umano, raccontatoci da Guzzanti nei panni dell'impareggiabile Lorenzo.
Provate a cercarlo su youtube.
Buon divertimento.


Post collegati: Galileo Galilei - Brecht

domenica 26 agosto 2012

Brazil

Venerdì è morto Félix Miéli, portiere della squadra più forte di tutti i tempi, il Brasile campione del mondo nel 1970.
A quei mondiali c'era anche un'eccellente Italia, che superò la Germania nella storica partita terminata 4-3 per i nostri. La nostra Italia era veramante una squadra molto forte,con un tasso tecnico elevatissimo e campioni del calibro di Riva e Rivera, ma ebbe la sfortuna di imbattersi in un Brasile sceso da un altro pianeta ed in finale non ci fu partita. Chi ha detto che il calcio non è poesia?
Questi erano i poeti:
ITALIA
Albertosi
Burgnich 
Facchetti
Bertini
Rosato
Cera
Domenghini
Mazzola
Boninsegna
De Sisti
Riva 
BRASILE
Felix
Carlos Alberto
Brito
Piazza
Everaldo
Gerson 
Clodoaldo
Jairzinho
Tostao
Pelé 
Rivelino
Glockner

mercoledì 8 agosto 2012

Un giorno al mare

Stavolta basta davvero con lo sport ed  i libri (al massimo sono consentiti i fumetti) .. E' il momento di godersi l'estate e le sue promesse.
Ho scelto per voi, quindi, un film di Sergio Citti: Casotto.
Commedia di costume e con spunti interessanti, vanta tra i suoi protagonisti oltre a Tognazzi, Proietti (e molti altri volti noti), una splendida Jodie Foster nei panni di una giovanissima ragazza incinta che i nonni cercano di affibbiare al tonto di turno.
Beh, eccovi uno stralcio del film preso da youtube

Buone vacanze!

martedì 7 agosto 2012

Λυσιστράτη

Beh, visto che ieri abbiamo detto che le Olimpiadi avevano il potere di sospendere le guerre nell'Antica Grecia,  ne approfitto per citare una delle commedie di Aristofane che preferisco, Lisistrata per l'appunto.
A causa del continuo stato di guerra tra le  πόλεις greche, gli uomini  non stanno quasi mai a casa e le donne cominciano ad essere stufe di questa situazione.
Lisistrata e le altre donne scelgono un'originale forma di ricatto per far cessare la guerra: lo sciopero del sesso, ossia fintanto che continueranno le battaglie, le donne si rifiuteranno di fare l'amore con i propri uomini.
Ai poverini non resta che capitolare e così termina la guerra. Adesso sarà più chiaro,  quindi, il collegamento con le Olimpiadi...Anche Lisistrata fa cessare le ostilità!
Con un nome del genere, del resto, c'era ben poco da fare...Lisistrata significa "Colei che scioglie gli eserciti".  

lunedì 6 agosto 2012

Olimpiadi

Considerando che dopo la crisi economica l'evento principale di quest'estate è rappresentato dai giochi olimpici di Londra, dedichiamo un po' di spazio a queste benedette Olimpiadi, che non guasta in un "liceo classico", tenendo conto dell'importanza che i giochi hanno avuto nella Grecia Antica.
Come sicuramente saprete, durante le Olimpiadi venivano sospese le guerre ed inoltre l'olimpiade era anche un'unità di misura del tempo.
Certo, i giochi che si celebravano ad Olimpia erano tutt'altra cosa rispetto a quelli moderni... Non c'erano il beach volley, il tennis, ecc. ecc; in compenso c'erano la corsa, il pugilato, la lotta e il pancrazio, una sorta di lotta libera dove tutto era ammesso (e bisogna dire che i combattimenti erano piuttosto brutali!!!).
Di business ce n'era poco, anche se per onor di cronaca bisogna dire che le donne non potevano partecipare ai giochi e la selezione degli atleti era fatta anche in base alle loro tasche (bisognava essere molto benestanti per potersi dedicare anima e corpo all'allenamento).
Beh, visto che ieri abbiamo reso omaggio al mondo dei fumetti, cogliamo la palla al balzo per citare un altro dei grandi capolavori di questo magico mondo, Asterix, che tra le sue avventure vanta anche una partecipazione (ed una vittoria, anche se ottenuta grazie alla squalifica di tutti gli altri partecipanti per essersi dopati di "bevanda magica") ai giochi olimpici.
Devo ammettere che, nonostante la mia romanità al 100%, ho un debole per questi irriducibili Galli e per i loro banchetti a base di cinghiale...In fin dei conti, dopo tanto sport, bisogna recuperare le energie!!!
Buone Olimpiadi!
 

Citius, Altius, Fortius - Communiter 

Più veloce, più in alto, più forte - insieme

 

sabato 4 agosto 2012

Lo squadrone X

Dicevamo  estate, tempo di vacanze e di relax, perciò per chi non vuole concentrarsi su letture impegnative restano pur sempre gli albi a fumetti da  godersi in santa pace sotto il sole. Dall'immortale Tex, a Dylan Dog, ai Manga o ai Super-Eroi Mavel, ognuno può rilassarsi come meglio crede.
Il post odierno è però dedicato innanzitutto a Stan Lee, il creatore dell'Universo Marvel, che insieme ad una squadra di disegnatori formidabili ha dato vita ad un esercito di personaggi indimenticabili, dai Fantastici Quattro, allo stupefacente Uomo Ragno, all'incredibile Hulk, al romantico Silver Surfer, al mitico Thor, ecc. (scusate l'elenco, ma non volevo far torto a nessuno!).
Prendendo però lo spunto dal post di ieri, nel quale attraverso il racconto di Auel avevamo accennato  all'evoluzione del genere umano e al subentrare dell'uomo di Cro-Magnon a quello di Neanderthal, parleremo oggi degli X-Men, il gruppo di mutanti  dai poteri straordinari.
Gli X-Men sono infatti una sottospecie dell'Homo Sapiens superior, una sorta di ulteriore scalino nell'evoluzione del genere umano. Odiati e temuti dagli altri, vivono abbastanza appartati nella scuola del professor Xavier. 
Beh, rispetto al gruppo originale, nel corso degli anni i membri si sono avvicendati ed il gruppo ha cambiato più volte fisionomia. La saga degli X-Men ha avuto anche una sua trasposizione cinematografica (a mio avviso ben riuscita).
Il tema più interessante, oltre a quello sull'evoluzione della specie, è il rapporto tra il professor Xavier e Magneto, il capo dei mutanti "cattivi", quelli che vogliono distruggere il genere umano.
A causa delle persecuzioni che nel corso della storia i mutanti hanno subito, Magneto è convinto che non potrà mai esserci pace tra mutanti e genere umano, mentre Xavier cerca con ostinazione di aprire uno spiraglio che possa portare un giorno ad una pacifica convivenza.
Chi dei due avrà ragione? Alla fine vincono sempre i "buoni", ma non è mai una vittoria definitiva.

venerdì 3 agosto 2012

Librone per l'estate

Si avvicinano le sospirate vacanze estive e quale periodo migliore per leggersi in santa pace il fatidico "mattone" di 1000 e più pagine?
Beh, il libro che mi va di suggerire questa volta è un libro che ho letto l'anno scorso proprio sulla spiaggia (con buona pace della copertina arsa dal sole e delle pagine che ancora conservano i granelli di sabbia) e si intitola "Il clan dell'orso delle caverne", di Jean M. Auel.
La storia è ambientata nell'era paleolitica (ma per molti aspetti potrebbe essere ambientata nel nostro secolo, il che la dice lunga sul fatto che nonostante il progresso, gli istinti meno nobili sono duri ad affievolirsi) e racconta dell'incontro di Ayla, una bambina Cro-Magnon, con una tribù di Neanderthal, il Clan dell'Orso delle Caverne, per l'appunto.
Oltre alle differenze fisiche, Ayla è più slanciata ed agile, gli uomini di Neanderthal sono più tozzi e forti, ci sono delle differenze cerebrali ancora più notevoli: la gente di Neanderthal ha "i ricordi" innati  ossia i bambini nascono sapendo già delle cose, mentre Ayla, al contrario, non ha  "i ricordi" ma è molto più intelligente in quanto oltre ad apprendere rapidamente è in grado di scoprire nuove tecniche e nuove cose che anche i più saggi e stimati uomini di Neanderthal faticano non poco a capire. Ayla è il futuro, il saggio stregone alla fine se ne rende conto e capisce che il clan è destinato ad estinguersi, ma la sua integrazione è tutt'altro che semplice, a dimostrazione che  l'odio per il diverso, l'invidia per chi è migliore sono vecchi come il mondo.
Degno di riflessione è il modo in cui il Clan castigava le mancanze dei suoi membri: il castigo più temuto era "la condanna a morte" che però non consisteva nell'esecuzione del condannato...semplicemente il reo cessava di esistere, nessuno del Clan gli rivolgeva più la parola, nessuno lo "vedeva "...diventava una sorta di "uomo invisibile".
Beh, già dalla preistoria era noto  quindi quanto male possa fare ad una persona l'emarginazione..Aggiungerei che dopo millenni,  in un mondo dove non c'è più motivo di preservare l'unità del Clan a tutti i costi (allora l'unità equivaleva alla sopravvivenza materiale)  dovrebbe essere pacifico che questo modo di "uccidere" è il modo più vigliacco.

mercoledì 1 agosto 2012

Stelle e pianeti

Le stelle brillano di luce propria e la stella di cui parleremo in questo post è Roberto Baggio.
Perdonatemi questa breve parentesi calcistica, ma Baggio è il mio calciatore preferito ed è proprio nel 2004 che termina la sua folgorante carriera. 
Ma, in fin dei conti, c'è poi bisogno di chiedere scusa per parlare di calcio in un blog di letteratura? E allora eccovi questa brillante e divertente poesia di Alfonso Gatto, che lessi da bambino..

La partita di calcio


Boccaccio era il portiere,
il gran portiere giallo
della squadra del quartiere.
Stava all’erta come un gallo
sulla porta del campetto
alla periferia.
Diceva: "Qua sul petto,
ed ogni palla è mia".
.........

"Oh, son quindici con questa
- gli gridò dietro la folla -
tappabuchi, pastafrolla
vai a guardia d’un portone!"

E difatti il buon Boccaccio
col berretto e col gallone,
mani pronte e spazzolone,
oggi è a guardia d’un portone
dove passano persone
che fermare egli non può,
dieci venti cento e più.

Beh, in effetti quello del portiere è un ruolo particolare e temo che, come al povero Boccaccio, di essere seppelliti sotto una valanga di goal sia capitato a molti.... Restano però i sogni e la felicità di aver tentato. 

martedì 31 luglio 2012

Le bestie di sempre

Continuiamo ad addentrarci nel XXI secolo. Il 2003 è l'anno della guerra in Irak e l'anno in cui Guillermo Carnero scrive i suoi "Poemas arqueológicos". Ed è l'anno in cui il Premio Nobel per la letteratura è assegnato al sudafricano J.M. Coetzee.
"Aspettando i barbari" è il racconto di oggi e fu scritto da Coetzee nel 1980,  quando in Sudafrica vigeva  l'apartheid.
In un villaggio di un fantomatico impero, un magistrato assiste alla brutalità dell'esercito nei confronti delle popolazioni nomadi. Inviati per verificare se i "barbari" stanno tramando contro l'impero, i soldati si accaniscono contro questa gente inerme: torture, omicidi...il tutto per preparare la solita guerra santa contro il "Nemico" del quale sembra che nessuno (Stato, gruppo o individuo) riesca ancora a fare a meno.
Il magistrato si ribella di fronte a queste colossali ingiustizie, ma è la ribellione di un uomo solo contro il Potere e quindi non rappresenta nessuna minaccia.
Critica senza mezze misure dell'imperialismo, il libro ci rammenta che il  Potere, quando è sfuggito ormai al controllo della collettività, è spietato e corrotto e che ha bisogno dell'odio e dell'appoggio delle  "bestie di sempre" per consolidarsi. 

sabato 28 luglio 2012

La fiesta del chivo

Entriamo così nell'anno 2000, anno del Giubileo e in cui a giubilare doppiamente sono i laziali che vincono uno storico scudetto. Bella squadra, non c'è che dire, con Verón, Nedvěd  e Mihajlović a dettare il gioco anche se, in un impossibile confronto a distanza, preferisco il gioco della Lazio del 1974, che era assai moderno per l'epoca; con il senno del poi, valeva la pena di tentare su un blocco di giocatori della Lazio per i Mondiali del 1974, forse avremmo fatto più strada.
Ma passiamo al racconto di oggi..Letteralmente, la "Fiesta del chivo" significa "la festa del caprone" ed intorno alla sua simbologia si sono fatte varie ipotesi.
Introduciamo prima però l'argomento di questo libro, che è  di una "nostra vecchia conoscenza" (e premio Nobel per la letteratura), Mario Vargas Llosa. Attraverso il viaggio nella memoria di una generazione, vengono ripercorse le tappe che portarono all'uccisione del dittatore della Repubblica Dominicana Trujillo, per evidenziare le condizioni di vita nella società dominicana, dove la "dea corruzione" detta i comportamenti ed il libero arbitrio è un lusso che non ci si può permettere.
Quindi cosa significa il titolo? "Chivo" (ossia caprone), era il soprannome con il quale era chiamato il dittatore per i suoi eccessi sessuali, mentre il termine "Fiesta" può essere intesa in più modi, anche se l'interpretazione più probabile è quella di festa in senso orgiastico, per quanto  ci si potrebbe riferire ad un'orgia  di sangue come avviene spesso dopo la morte di  un dittatore.

Post  collegati.: Pantaleon e le visitatrici