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sabato 9 agosto 2014

Noblesse oblige..

Riprendiamo il discorso da dove l'avevamo lasciato, ossia da quell'incontentabilità che sembra non darci requie.
Qualcuno di voi avrà già indovinato, oggi parleremo dell'ultimo romanzo di uno dei miei autori preferiti, John Steinbeck: “L'inverno del nostro scontento” (1961).
Ethan discende da una famiglia molto importante di Long Island. La sua eredità, però, è davvero pesante: un codice d'onore, passato di generazione in generazione, un'ottima educazione e una grande sensibilità. Già, perché essere onesti è più difficile quando si è poveri ed il padre di Ethan ha dilapidato il patrimonio della famiglia in un investimento sbagliato, così adesso lui deve lavorare come commesso in un negozio per mantenere i suoi: la moglie Mary ed i due figli, Allen e Helen.
In verità, a lui la sua attuale condizione sociale non peserebbe: Ethan è intelligente, spiritoso, colto, innamorato e l'onestà, la lealtà e l'amicizia per lui valgono molto di più del denaro.
Ai suoi familiari, però, dover rinunciare a quello che altri invece hanno, pesa ogni giorno di più...
E così, l'ambizione e il codice d'onore vengono presto ai ferri corti e, alla vigilia di Pasqua, inizia la “passione” anche di Ethan.
Fare soldi, con qualsiasi mezzo, anche imbrogliando, perché “pecunia non olet” (il denaro non ha odore)....Ethan sa, però, che la ricchezza porta con sé altre compagne: l'avarizia, l'invidia e la paura.

Money does not change the sickness, only the symptoms.”


Il denaro non guarisce la malattia, ne cambia solo i sintomi.


Nonostante ciò, si decide a “passare il Rubicone” . Se da un lato riesce a raggiungere presto i suoi obiettivi, dall'altro si rende conto di essere sprofondato in un'infelicità senza rimedio. 
Perché non si può tradire se stessi.

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