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sabato 31 dicembre 2016

The Doctor's Daughter

Who guesses?

It was the best of times, it was the worst of times, it was the age of wisdom, it was the age of foolishness, it was the epoch of belief, it was the epoch of incredulity, it was the season of Light, it was the season of Darkness, it was the spring of hope, it was the winter of despair, we had everything before us, we had nothing before us, we were all going direct to Heaven, we were all going direct the other way....”

Esatto! Si tratta proprio di “A Tale of Two Cities” (“Un Racconto di Due Città”), il più grande romanzo storico di Charles Dickens.
Il fatto che, per il post di oggi, abbia scelto lo scrittore da sempre più gettonato, grazie alle numerose trasposizioni cinematografiche delle sue novelle, durante le festività natalizie, che ci crediate o meno, è pura coincidenza: ho l'abitudine di rileggere, ogni tanto, i grandi classici e, poiché ho il testo in inglese, è stata anche una buona occasione per fare esercizio!
Joking apart, Dickens la considerava la migliore storia che avesse mai scritto ( la mia preferita, invece, è, decisamente, “Hard Times”) e, in effetti, è uno dei libri più venduti di tutti i tempi.
Ma veniamo al “Racconto di Due Città”....Le due città sono, per l'appunto, Londra e Parigi ed in esse si snodano le vicende private di un piccolo gruppo di personaggi, presi nel bel mezzo della Rivoluzione Francese.
In un contesto dove i soprusi dei nobili sono la regola, l'indifferenza verso le difficili condizioni di vita del proletariato viene ostentata e l'applicazione di pene crudeli è la ricetta con la quale si cerca di arginare il dilagare di piccoli reati, cresce il rancore della popolazione che, al limite della disperazione, abbandona ogni prudenza: Dickens descrive gli insorti come una moltitudine felice di morire e di sacrificarsi, anche senza la piena coscienza di ciò per cui ci si batte.
E così, nuovi oppressori subentrano ai vecchi: oltre ai Tribunali e alle guardie, un ruolo di primissimo piano è svolto da Madame Defarge che, per tutta la storia, è accompagnata dal suo luogotenente, una contadina chiamata “The Vengeance” .
Se Madame Defarge, che è solita ricamare il nome dei “nemici della Rivoluzione” da uccidere nei suoi lavori a maglia, pur essendo preda di un odio implacabile verso chiunque sia parente o affine del Marchese di St. Evrémonde (che ha sterminato la sua famiglia) ha comunque una parvenza di coscienza politica, “The Vengeance” non ne ha nessuna e fa il male solo per il piacere di farlo.
E si prepara, pertanto, il calvario di Charles Darnay, il nipote del Marchese di St. Evrémonde, che, disgustato dalla crudeltà della sua famiglia, ha cambiato nome e si è trasferito a Londra, dove vive insegnando le “belle lettere” e dove si innamora di Lucie, la figlia del dottor Manette.
Ma a contendersi la mano di Lucie vi sono altri pretendenti...
Innanzitutto c'è Stryver, un avvocato rampante e pieno di sé, che nell'ordine:
  1. decide che è ora di sposarsi
  2. decide che sposerà Lucie
  3. lo comunica al suo associato, l'altro avvocato, Sydney Carton e lo esorta a trovarsi, a sua volta, una moglie perché altrimenti finirà a breve in un baratro ancora più profondo di quello in cui già si trova (Carton ha problemi di alcolismo e depressione).
E vediamo, allora, come procede quello che Dickens chiama, con la sua solita ironia dolente, “a fellow of delicacy”....
Credete, infatti, che l'egregio Mr. Stryver corra a dichiararsi? Neanche per idea....Prima, bisogna sondare il terreno e manifesta, perciò, il suo proposito a Mr. Lorry, un amico della famiglia Manette.
E sebbene sia ricco, lanciato nella sua carriera e “uomo che sa stare in società”, Stryver non ha ricevuto l'educazione sentimentale adatta per sperare nell'amore di una vera lady come Lucie e quando Mr. Lorry glielo spiega, in un nulla desiste dal suo proposito, così come ci si libera da un fardello, e sostanzialmente chiude il capitolo dicendo che quelle come Lucie sono destinate ad avere una vita grigia e a rimpiangere, in vecchiaia, le occasioni perdute (Stryver sposerà, poi, una ricca vedova).
E l'ultimo pretendente è proprio Carton (“a fellow of no delicacy”)  che, seguendo il consiglio dell'avvocato “senior” di cercarsi una moglie, va a bussare alla porta di Lucie e le dichiara il suo amore, nonostante sappia di non avere speranze; chiede e ottiene, però, il privilegio della sua amicizia (Lucie e, successivamente, sua figlia saranno le uniche persone a intuire la bontà di Carton).
E così, l'unico ad avere le carte in regola è Charles Darnay, che è un aristocratico, è onesto e ha il cuore puro: i due si sposano e hanno una bambina.
Nel frattempo, però, a Parigi è scoppiata la Rivoluzione e Charles riceve una lettera di un antico servitore di suo zio, che è stato imprigionato per il solo motivo di “aver avuto qualcosa a che fare con l'aristocrazia”.
Charles parte per la Francia con l'intenzione di soccorrerlo ma viene subito arrestato per poi incappare nella persecuzione di Madame Defarge, decisa a far passar a “miglior vita” sia lui che Lucie e la loro bambina (le quali, nonostante i pericoli, lo hanno raggiunto a Parigi).
Sarà proprio Carton a salvare la felicità di Charles e Lucie, immolandosi per loro, e la storia si conclude con la profezia di Carton che vede i “ferventi rivoluzionari” prossimi ad essere messi fuori gioco dalla loro stessa invenzione: “la guillotine”.
Come avrete potuto leggere tra le righe, i temi cari a Dickens ci sono tutti, ma “A Tale of Two Cities” ha, soprattutto, il pregio di rammentare, quasi un secolo prima della “Fattoria degli animali” di Orwell, che il rispetto verso tutti, la sensibilità per i problemi altrui e la pietà verso l'errore sono le vere “leve” di progresso, mentre l'autoritarismo, il menefreghismo e le “punizioni esemplari” sono, storicamente, latori di tragedie personali e collettive.

I hope you enjoyed it.


sabato 10 dicembre 2016

Il nipote di Archimede - L'arte di fabbricare automi

Diciamo la verità... Chi, almeno una volta nella vita, non è stato attratto dalla tecnologia? Quelli della mia generazione, quasi sicuramente, avranno avuto, in gioventù, la passione per la fotografia, per il radioamatore (Internet non era ancora a nostra disposizione!!) o per la programmazione.
E chi non ha sognato di avere un robot onnisciente che facesse “les devoirs” in sua vece?
Beh, che ci crediate o meno, la progettazione di robot è arte antica.
A guardia di Creta c'era, infatti, Talos, un automa di bronzo praticamente invulnerabile.
Nessuno, tuttavia, è invincibile e Talos verrà distrutto da Medea.
Come ogni automa che si rispetti, infatti, Talos aveva una fonte di alimentazione: nella caviglia c'era l'unica vena attraverso la quale l'icore (il minerale che sostituisce il sangue nelle creature immortali) circolava per il suo gigantesco corpo metallico.
La maga, allora, lo confonde con un potente incantesimo e gli fa urtare la caviglia contro uno spezzone di roccia: dalla ferita, fuoriesce l'icore e Talos è K.O..
Dalle “Argonautiche” (libro IV), di Apollonio Rodio:

ἀλλ᾽ ὥς τίς τ᾽ ἐν ὄρεσσι πελωρίη ὑψόθι πεύκη,
τήν τε θοοῖς πελέκεσσιν ἔθ᾽ ἡμιπλῆγα λιπόντες
ὑλοτόμοι δρυμοῖο κατήλυθον: ἡ δ᾽ ὑπὸ νυκτὶ
ῥιπῇσιν μὲν πρῶτα τινάσσεται, ὕστερον αὖτε
πρυμνόθεν ἐξαγεῖσα κατήριπεν: ὧς ὅγε ποσσὶν
ἀκαμάτοις τείως μὲν ἐπισταδὸν ᾐωρεῖτο,
ὕστερον αὖτ᾽ ἀμενηνὸς ἀπείρονι κάππεσε δούπῳ.

Ma come un fortissimo pino in alto sui monti,
che i taglialegna hanno lasciato reciso
a metà con le celeri scuri, scendendo dal bosco,
e di notte prima è scosso dai venti,
poi, essendosi staccato dal ceppo, cade, così per un attimo
[Talos] si eresse traballante sui piedi instancabili,
poi cadde sfinito con un grande frastuono.

D'accordo, ma che fine hanno fatto i pezzi di Talos? Proviamo ad immaginare....

Ὁ τοῦ Ἀρχιμήδους υἱωνός

Ἡ αὐτοματοποιητική

Ὁ τοῦ Γλαύκου πάππος ἠγοράκει τὰ τοῦ Τάλω λοιπά.
Ὁ δὲ Γλαῦκος ἠρώτησεν·
- Ποιέωμεν αὐτόματον;
- Ναὶ δή,ἀπεκρίνατο ὁ πάππος.
Τοῦ πάππου κελεύοντος, πάντες οἱ παῖδες ἠργάζοντο χαρᾷ.
- Σκοπεῖτε, τὸ αὐτόματον βαδίζει, εἶπε ἡ Ἀσπασία.
Τὸ αὐτόματον ἐνηὲς ἦν καὶ ἐγίγνωσκε πολλὰς φωνάς1 .
Ὡς ὁ Ἰδομενεὺς εἶδε τὸ αὐτόματον, ἐφθόνησε καὶ ἐλάκτισε τοῦτο ἀλλὰ ἔλαβε τραῦμα ἐν τῷ ποδί.
Ὁ φθόνος ἄγει εἰς τὴν ἀδικίαν καὶ εἰς μεγάλα κακά.
Σ.Δ.

Il nipote di Archimede
L'arte di fabbricare automi

Il nonno di Glauco aveva comprato i rottami di Talos al mercato.
Glauco, quindi, chiese:
- Costruiamo un robot?
-Si, certamente.- rispose il nonno.
Mentre il nonno dava le indicazioni, tutti i bambini lavoravano allegramente.
-Guardate, cammina!- disse Aspasia.
Il robot era affabile e conosceva molte lingue.
Quando Idomeneo vide l'automa, fu roso dall'invidia e gli diede un calcio ma si fece male al piede.
L'invidia conduce all'ingiustizia ed a grandi mali.

1 Un doveroso omaggio a C-3PO, il robot di Star Wars.