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domenica 26 febbraio 2017

Si vis studere philosophiae...

Nel 23 a.C. Orazio riprende a scrivere e, abbandonata, con la pubblicazione delle “Odi”, l'esperienza lirica, decide di dedicarsi alle meditazioni morali.
Nella prima delle sue “Epistole”, spiega al suo amico Mecenate i perché di questa sua scelta :

Ut nox longa quibus mentitur amica, diesque
longa videtur opus debentibus, ut piger annus
pupillis, quos dura premit custodia matrum;
sic mihi tarda fluunt ingrataque tempora, quae spem
consiliumque morantur agendi naviter id quod
aeque pauperibus prodest, locupletibus aeque,
aeque neglectum pueris senibusque nocebit..

Come la notte sembra lunga a chi attende l'amica che non verrà, e la giornata
pare lunga allo schiavo costretto alla fatica, come pigro l'anno
passa per il pupillo che è soffocato dalla dura tutela della madre;
così a me lento e ingrato scorre il tempo, che ritarda la speranza
ed il consiglio di dedicarmi completamente a ciò
che giova sia al povero che al ricco
e, se trascurato, è destinato a nuocere sia al fanciullo che all'anziano..

Si è giunti, quindi, ad un giro di boa: dopo i versi eleganti ed i piacevoli divertimenti (Orazio è un epicureo), è ora di dedicarsi alla ricerca di ciò che è virtuoso e che è davvero utile alla fragile esistenza dell'uomo.
E strettamente legata alla prima è la seconda epistola, dedicata al giovane Massimo Lollio:

Troiani belli scriptorem, Maxime Lolli,
dum tu declamas Romae, Praeneste relegi;
qui, quid sit pulchrum, quid turpe, quid utile, quid non,
plenius ac melius Chrysippo et Crantore dicit.


Cur ita crediderim, nisi quid te distinet, audi.
Fabula, qua Paridis propter narratur amorem
Graecia barbariae lento conlisa duello,
stultorum regum et populorum continet aestum.

Antenor censet belli praecidere causam;
quid Paris? Ut salvus regnet vivatque beatus
cogi posse negat. Nestor componere litis
inter Pelidem festinat et inter Atriden;
hunc amor, ira quidem communiter urit utrumque.

Quicquid delirant reges, plectuntur Achivi.
Seditione, dolis, scelere atque libidine et ira
Iliacos intra muros peccatur et extra.
Rursus, quid virtus et quid sapientia possit,
utile proposuit nobis exemplar Ulixen,
qui domitor Troiae multorum providus urbes,
et mores hominum inspexit, latumque per aequor,
dum sibi, dum sociis reditum parat, aspera multa
pertulit, adversis rerum inmersabilis undis.

Il cantore della guerra di Troia, Massimo Lollio,
mentre tu vai declamando a Roma, a Preneste ho riletto;
perché quello che è bello, quello che è turpe, quello che è utile e quello che non lo è
[Omero] lo spiega meglio e più pienamente di Crisippo e Crantore.

Il motivo per cui io creda ciò, se non vi è qualcosa che ti tenga impegnato, ascolta.
Quel racconto, nel quale si narra che per l'amore di Paride
la Grecia fu coinvolta in un lunghissimo duello con i barbari
racchiude il furore della stoltezza di re e popoli.

Antenore consiglia di recidere la causa della guerra;
e Paride ? A regnare tranquillo e a vivere beato
rifiuta di farsi convincere. Nestore a comporre la lite
tra il Pelide e l'Atride s'affanna;
il primo d'amore, entrambi d'ira bruciano.


E di ogni delirio di re, gli Achei ne pagano il prezzo
di sedizione, inganno, scelleratezza, lussuria ed ira
si pecca sia dentro che fuori le mura di Ilio.
Tuttavia, di cosa possano virtù e sapienza
[Omero] ci ha proposto l'utile esempio di Ulisse,
che, vincitore di Troia, prudente, di molte genti le città
ed i costumi osservò e trascinato per l'ampia distesa dei mari,
per sé e per i compagni cercando il ritorno, molti affanni
patì, non potendolo sommergere, però, le avverse onde.

Al giovane ambizioso, che va ancora facendo esercizi declamatori nelle scuole di retorica di Roma, Orazio, che ha appena riletto l'Iliade e l'Odissea, propone la sua interpretazione allegorico-morale delle due opere: nessuno spiega meglio di Omero cosa sia il bene e cosa il male e, se l'Iliade mette in risalto le conseguenze nefaste del lasciarsi vincere dalle passioni, l'Odissea fa intravedere a quali traguardi potrebbe ambire l'uomo che si faccia guidare da prudenza e temperanza.
Il legame tra le prime due epistole è, dunque, strettissimo: all'impazienza, mostrata nella prima, di cimentarsi nella nuova esperienza di studio approfondito della filosofia, fa eco l'esortazione, contenuta nella seconda, al giovane Marco Lollio affinché inizi a dedicarsi a ciò che ha veramente valore ed abbandoni il resto.

Fermiamoci qui, per oggi.