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lunedì 29 dicembre 2014

La bonne bouffe

Un pranzo (o una cena) in grande stile è probabilmente il modo più comune e più semplice per celebrare qualcosa e visto che si avvicina il nuovo anno, mi è tornata alla mente una lettura dei tempi in cui studiavo francese.
Non è stato difficile ritrovarla e ve ne riporto, come sempre, una parte.
Da l'Assommoir (1877, “L'ammazzatoio”) di Émile Zola:

Ah ! tonnerre ! quel trou dans la blanquette ! Si l'on ne parlait guère, on mastiquait ferme. Le saladier se creusait, une cuiller plantée dans la sauce épaisse, une bonne sauce jaune qui tremblait comme une gelée. Là-dedans, on pêchait des morceaux de veau ; et il y en avait toujours, le saladier voyageait de main en main, les visages se penchaient et cherchaient des champignons. Les grands pains, posés contre le mur, derrière les convives, avaient l'air de fondre. Entre les bouchées, on entendait les culs des verres retomber sur la table. La sauce était un peu trop salée, il fallut quatre litres pour noyer cette bougresse de blanquette, qui s'avalait comme une crème et qui vous mettait un incendie dans le ventre. Et l'on n'eut pas le temps de souffler, l'épinée de cochon, montée sur un plat creux, flanquée de grosses pommes de terre rondes arrivait au milieu d'un nuage de fumée. Il y eut un cri. Sacré nom ! c'était trouvé ! Tout le monde aimait ça. Pour le coup, on allait se mettre en appétit ; et chacun suivait le plat d'un œil oblique, en essuyant son couteau sur son pain, afin d'être prêt. Puis, lorsqu'on se fut servi, on se poussa du coude, on parla, la bouche pleine. Hein ? Quel beurre, cette épinée ! Quelque chose de doux et solide qu'on sentait couler le long de son boyau, jusque dans ses bottes. Les pommes de terre étaient un sucre. Ce n'était pas salé ; mais, juste à cause des pommes de terre, ça demandait un coup d'arrosoir toutes les minutes. On cassa le goulot à quatre nouveaux litres. Les assiettes furent si proprement torchées qu'on n'en changea pas pour manger les pois au lard. Oh ! les légumes ne tiraient pas à conséquence. On gobait ça à pleine cuiller, en s'amusant. De la vraie gourmandise enfin, comme qui dirait le plaisir des dames. Le meilleur, dans le pois, c'étaient les lardons grillés à point, puant le sabot de cheval. Deux litres suffirent.

Ah! Tuoni e fulmini! Che buco nello spezzatino! Se non si parlava molto, si masticava serrato. L'insalatiera si vuotava, un cucchiaio piantato nella salsa densa, una buona salsa gialla che tremava come una gelatina. Là dentro si pescavano dei pezzetti di vitello; e ve ne erano sempre, l'insalatiera viaggiava di mano in mano, i visi si chinavano e cercavano dei funghi. I grandi pani, appoggiati contro il muro, dietro agli invitati, avevano l'aria di sciogliersi. Tra un boccone e l'altro, si udiva il fondo dei bicchieri ricadere sulla tavola. La salsa era un po' troppo salata, ci vollero 4 litri per annegare questo benedetto spezzatino, che andava giù come una crema e vi metteva un incendio nel ventre. E non si ebbe il tempo di spegnerlo, i bocconcini di maiale, montati su un piatto fondo, affiancati da grandi patate rotonde, arrivavano nel mezzo di una nuvola di fumo. Ci fu un grido. Per Giove! Era ora! Piacevano a tutti quanti. Di colpo, ritornava l'appetito; e ognuno seguiva il piatto con l'occhio obliquo, pulendo il proprio coltello sul proprio pane, al fine di essere pronto. Poi, una volta serviti, ci si spinse con il gomito, si parlò con la bocca piena. Hein? Che burro, questo maialino! Qualcosa di dolce e solido che si sentiva sciogliersi lungo le budella, fino agli stivali. Le patate erano uno zucchero. Non era salato; ma, proprio a causa delle patate, ciò richiedeva un colpo d'innaffiatoio ogni minuto. Ci si fermò ad altri 4 litri. I piatti furono così propriamente ripuliti che non fu necessario cambiarli per mangiare i piselli con il lardo. Oh! I legumi non avevano bisogno d'altro. Si inghiottiva il tutto a cucchiaio pieno, divertendosi. Una vera ghiottoneria infine, per dire il piacere delle signore. Il meglio, nei piselli, erano i pezzetti di lardo grigliati a punto, che odoravano di zoccolo di cavallo. Due litri bastarono.


Offrire un pranzo ( o una cena) è bellissimo.


venerdì 26 dicembre 2014

Tutta colpa delle stelle..

Sarà sicuramente capitato anche a voi di esservi innamorati di qualcuno e di essere stati bersagliati, da amici e parenti, con suggerimenti del tipo "stai sprecando il tuo tempo dietro a quello/quella", "pensa a studiare o non combinerai nulla di buono..", ecc.,  in un'escalation fino al fatidico "Si è davvero bevuto/a il cervello!" che mette una pietra tombale sui vostri rapporti sociali, almeno fino a rinsavimento certificato.
Beh, forse vi consolerà sapere che stessa sorte toccò anche a Pico della Mirandola, famoso per la sua prodigiosa memoria. 
Vi riporto, dunque, uno stralcio di uno dei suoi "Carmina"..

PICI MIRANDULENSIS AD AMICUM EXCUSATIO QUOD AMET
  
Quid me nequitiae damnas ? quid dicis inertem
quem premat imposito pulchra puella iugo ?
quid virides annos studiis melioribus aptos,
quid frangi ingenium dicis, amice, meum ?
quod nec grande aliquid nec fortia bella capessam
enerventque animos carmen et umbra meos ?
uror amans, fateor, sunt haec mea proelia, flammas
nec volo nec possum dissimulare meas.
crimen at hoc certe nostrum, si crimen amare est,
non ego, si spectes, sed magis alter habet.
cogimur, est animo maior vis indita nobis,
quae negat arbitrio vivere quemque suo.
illa reluctantes violento vexat ab axe,
illa sua mentem sub ditione tenet.
stat fati series, stat non mutabilis ordo,
stant leges, vetita non licet ire via.
condita sunt primo firmataque foedera ab aevo
quae rata sanxerunt tempus in omne dei.
si sequor hanc vitam, nobis haec vita sequenda est;
vilvit ab imperio me mea stella suo.
 ....


GIUSTIFICAZIONE DI PICO DELLA MIRANDOLA AD UN AMICO PER ESSERSI  INNAMORATO

Di quale malvagità mi rimproveri? Perché dici inerte
colui che la bella fanciulla, avendogli posto il giogo, opprime ?
Che gli anni giovanili sono appropriati ai migliori studi,
perché dici, o amico, che il mio ingegno è spezzato?
Perché non qualcosa di grande né guerre eroiche intraprenderò
e la poesia e la quiete infiacchiscono il mio animo?
Ardo amando, lo confesso, queste sono le mie battaglie,
e non voglio né posso nascondere le mie fiamme.
Ma il nostro è certamente un crimine, se amare è un crimine,
non io, se guardi bene, ma un altro ha maggiormente colpa.
Siamo costretti, una forza più grande ci viene introdotta nell'animo
che nega a ciascuno di vivere a proprio arbitrio
quella ci scuote dal violento cielo riluttanti
quella tiene la mente sotto il suo potere
Vi è una successione del fato, c'è un ordine che non si può mutare,
ci sono delle leggi, e non è consentito andare per una via proibita.
Dall'alba dei tempi sono stati fatti e firmati i patti
che gli dei hanno dichiarati validi per sempre
se seguo questa vita, è perché questa vita dobbiamo seguire;
la mia stella mi travolge a suo comando.
....

E Pico continua la sua arringa dettagliando il proprio Oroscopo, per dimostrare che amare è il suo fato:

....
iudicet, Assyria qui stellas novit ab arte,
si mihi bella sequi, si nec amare licet. 

...
Giudichi, chi conosce le stelle attraverso l'arte Assira,
se devo inseguire guerre, se non mi è lecito amare.


 Se così è scritto...

mercoledì 17 dicembre 2014

Senso civico

Ci capita sempre più spesso, ultimamente, di aver voglia di distrarci e di pensare ad altro, vero?
Beh, vediamo cosa ci raccomanda, in proposito, una nostra vecchia conoscenza: il "terribile" Esopo...

Demade l'oratore - Esopo

Un giorno l'oratore Demade, mentre stava tenendo un discorso in assemblea ad Atene, poiché i presenti non gli prestavano molta attenzione, chiese che gli concedessero di raccontare una favola di Esopo.

Avendoglielo quelli concesso, iniziando disse: “Demetra, la rondine e l'anguilla camminavano per la stessa strada; essendo giunte alla riva di un fiume, la rondine si levò in volo, l'anguilla, invece, si tuffò in acqua.”; e dopo aver detto ciò, tacque.

Domandando quelli: “ E Demetra che fece?” rispose “E' adirata con voi che, avendo tralasciato gli affari della città, preferite la favola di Esopo”.

Così gli sconsiderati tra gli uomini si preoccupano poco delle cose necessarie e preferiscono ciò che reca piacere.

La morale insieme all'autoironia: veramente un GRANDE!

giovedì 4 dicembre 2014

Al gatto col topo

Time out! Si avvicina il ponte, quindi facciamo una pausa e prendiamo spunto da una favola di Luis Sepúlveda per introdurre il tema di oggi.
Chi l'ha già letto avrà indovinato, il racconto di oggi è “Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico”.
Una storia di amicizia a tre, tra un gatto, un umano ed un topo messicano, che ci ricorda che alla base dell'amicizia c'è innanzitutto la semplicità. Non ho mai creduto alle amicizie “complicate”: l'amicizia chiede ed offre parità assoluta, senza distinzione di classe sociale, di opinioni politiche, di cultura e di aspetto (lo so, suona quasi come l'art.3 della Costituzione !!!) e quindi la favola ha un suo fondamento.
La semplicità reciproca è alla base del rapporto, poi tutto il resto viene da sé: la sincerità, che è un diritto-dovere tra amici, la condivisione dei momenti belli e delle difficoltà, il prendersi cura l'uno dell'altro (una volta una persona, dalla tastiera ben più affilata della mia, mi ha scritto che prendersi cura degli altri è una priorità ed è vero, dovremmo ricordarcene sempre quando facciamo i nostri progetti, di breve o lungo periodo che siano) sono conseguenze dell'agire con semplicità.
L'amicizia, di ritorno, ha poi altri effetti positivi: ci da il coraggio quando ci serve, ci aiuta a veder chiaro quando gli anni passano e le nostre capacità si affievoliscono, ci rende allegri a costo zero.
Tutti questi ingredienti, ovviamente, nella favola di Sepúlveda ci sono, quindi.. “Buona Lettura”. 

Post collegati: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare  Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza