Editore di Directory Italia - http://directory-italia.blogspot.com/

giovedì 24 dicembre 2015

Il Primo Censimento

Una delle materie più affascinanti che ci siano è sicuramente la Demografia ed il censimento della popolazione è sempre un avvenimento di grandissimo interesse.
Tra i lavori svolti da mia madre c'è stato anche quello di supporto nella compilazione del corposo modulo cartaceo che ogni 10 anni ci viene consegnato e ricordo che mi parlava molto bene di questa sua esperienza lavorativa che l'aveva portata ad entrare nelle case di tante persone simpatiche, gente comune e star della TV, tutti accomunati da quei dubbi amletici che ci sorgono quando dobbiamo riempire dei moduli.
Anch'io, del resto, con i dati dei censimenti ho avuto qualcosa a che fare, quindi mi sembra doveroso dedicargli un po' di spazio in questo blog.
E se il primo censimento del 1861 contò circa 22.000.000 di neoitaliani, nel giro di 150 anni siamo diventati quasi 60.000.000, a dimostrazione che pian piano ce l'abbiamo fatta a diventare un grande Paese.
Ma, considerando la ricorrenza odierna, una rettifica si impone in quanto il Primo Censimento fu fatto molto prima dell'unità d'Italia e fu veramente un evento epocale.
Vediamo, allora, di cosa si trattò, così evitiamo pure di dimenticarci il Greco...
Dal Vangelo di Luca:

Nascita di Gesù - Vangelo di Luca

 
In quei giorni venne emanato un decreto da Cesare Augusto affinché tutti quanti si registrassero. Questo fu il primo censimento, essendo Quirinio governatore della Siria. E tutti andarono a farsi registrare, ciascuno nella sua città. E anche Giuseppe venne dalla Galilea, dalla città di Nazaret, alla Giudea, alla città di David, che è chiamata Betlemme, perché era della casa e della discendenza di David, per essere censito insieme alla sua promessa sposa Maria, che aspettava un bambino.
E mentre erano lì, per lei venne il tempo di dare alla luce. E diede alla luce il suo primogenito, e lo coprì con delle fasce e lo adagiò in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nella locanda.

Auguri a tutti.

lunedì 21 dicembre 2015

Il bandolo della matassa

Ricordate il post sul best seller di Harper Lee "To kill a mockingbird" ("Uccidere un usignolo")? Pochi mesi fa, a distanza di 55 anni , Jean Louise, la protagonista (in arte: "Scout"),  ritorna e ci racconta la seconda parte della sua storia in "Go Set a Watchman" ("Va', metti una sentinella").
Non ho intenzione, però, di riassumervi le vicende di Scout e della sua famiglia; il libro è troppo recente e, perciò, non mi sembra corretto: se volete sapere come va a finire, dovete leggerlo.
Mi soffermerò, invece, su alcune delle riflessioni che l'autrice ci suggerisce perchè, sebbene lo sguardo sia rivolto al Sud degli USA, le stesse tematiche le troviamo un po' ovunque (anche nella società di cui facciamo parte!).
Cominciamo  dalle famiglie "progressiste" e con un nome importante, i cui membri hanno tutti un'ottima "education"  e sono, almeno sulla carta, un punto di riferimento per le loro comunità. Difendere a spada tratta idee di tolleranza e di rispetto è sicuramente ammirevole, lo dico sinceramente e senza ironia, tuttavia chiudersi in un circolo e, sostanzialmente, non mescolarsi con gli appartenenti ad una classe sociale inferiore, soprattutto se questi ultimi sono spesso portati, dalle circostanze, ad essere un po' meno "politically correct", è, probabilmente, una contraddizione pedagogica: gli intellettuali svolgono una funzione importantissima, non mi stancherò di ripeterlo, ma dovrebbero stare tra la gente, perché solo così si possono cambiare i cuori.
Passiamo poi a quelli che vorrebbero salire qualche gradino sulla scala sociale...Il fatto di non essere nati nella culla giusta li costringe a parecchi compromessi perchè, mentre i rampolli famosi che vanno un po' fuori dalle righe sono considerati "eccentrici" e nessuno bada loro granchè, per chi viene dal basso l'eccentricità è imperdonabile e l'ipocrisia una virtù: bisogna comportarsi come ci si aspetta che ci si comporti in seno ad una comunità, anche se è un comportamento ottuso. Loro, al contrario dell'aristocrazia, in mezzo alla gente ci stanno, però non per educare ma per assecondare, per confermare e certificare. E', in estrema sintesi, un "do ut des".
Ma la riflessione odierna che mi sta più a cuore è la seguente: cosa spinge, in vecchiaia o comunque giunti ad un certo punto di quel cammino che è la nostra vita, uomini e donne che sono stati per molti anni tolleranti e rispettosi del prossimo, a pronunciare parole di odio o di disprezzo verso chi è diverso da loro? L'angoscia per questi giorni che volano via? La paura generata dalla maggiore consapevolezza della propria fragilità? Il rimpicciolirsi di quella cosa chiamata coscienza (N.D.R.:  direbbe, a proposito, il Grillo Parlante: "quella piccola voce interiore che la gente ascolta raramente. Per questo il mondo va così male.")? Ho visto molte persone cambiare...

Post collegati: Uccidere un usignolo



sabato 5 dicembre 2015

Ἄσπρος - Biancomonte

Riprendiamo la nostra rotta per l'Italia e spostiamoci dall'Abruzzo alla Calabria, anche perché, qualche tempo fa, un collega ha scelto di tornare alla sua terra di origine e quindi rendiamogli un affettuoso saluto.
Il libro del quale parleremo oggi, ovviamente, è “Gente in Aspromonte”, di Corrado Alvaro.
Romanzo meridionalista e naturalista, che si snoda attraverso 13 episodi, ci racconta le durezze e le dolcezze di quella terra dove, in un contesto dove i rapporti umani (e, talvolta, anche quelli familiari) sono prigionieri del duro mestiere di vivere, le passioni bruciano in fretta e gli odi si consumano lentamente, il cercare una vendetta nei confronti del rivale diviene la ragione principale del trascinarsi dei propri giorni e le speranze nascono, crescono e poi muoiono in un battito d'ali, con il tutto ingentilito dai colori, dai profumi, dai sapori e dai suoni descritti dalla penna dell'autore.
Ed i figli come naturale strumento di riscatto...Ecco così che c'è chi sceglie di vestire la divisa, chi deve andare in seminario a studiare da prete affinché tutti poi gli bacino la mano, chi, invece, deve cominciare da subito a fare il pastore per non pesare sulla famiglia (tanto poi sarà benificiato dal fratello) , chi emigra e... poi ci sono le figlie da maritare.
Un pezzo di storia dell'Italia ed, in fin dei conti, di tutti i paesi del mondo.
E, allora, cerchiamo, come al solito, qualche stralcio che ci illustri sentimenti e stati d'animo della “Gente in Aspromonte”.
Dal primo racconto, il più lungo, che dà il titolo all'opera... La famiglia Argirò cerca un riscatto sociale attraverso il figlio Benedetto, che studia in seminario, ma un giorno gli bruciano la stalla dov'era la mula e così è completamente rovinata.

[La moglie:]
Glielo aveva detto tante volte di non menar vanto del figlio e di non gloriarsi dell'avvenire, perché l'invidia ha gli occhi e la fortuna è cieca. Signore Iddio, com'è fatta la gente! Che non può vedere un po' di bene a nessuno, e anche se non hanno bisogno di nulla, invidiano il pane che si mangia e le speranze che vengono su.

E purtroppo è vero, l'invidia è un male antico e non necessariamente nasce dalle proprie privazioni. Si può invidiare chi ha meno di noi perché, alla fine, tutto può essere oggetto di invidia: la serenità, la bontà, l'educazione, l'onestà, la dignità...Si potrebbe aggiungere che l'invidia si manifesta sotto due forme, una positiva e una negativa: la prima è quella che ci spinge ad imitare, a fare del nostro meglio per eguagliare o superare il nostro prossimo e, alla fine, porta benefici a tutta la comunità; l'altra, parte dalla constatazione della propria incapacità di migliorarsi, oppure dalla consapevolezza di non esser disposti ad accettare il rischio di un fallimento ed allora trova sfogo nell'odio sordido verso gli altri e gioisce del male altrui, ma è solo un mezzo gaudio (N.D.R.: è la soddisfazione dei “cornuti”) , non favorisce lo sviluppo della comunità e, spesso e volentieri, produce danni anche all'invidioso. E, infatti, Antonello, l'altro dei figli degli Argirò, si dà alla macchia e procura la rovina della famiglia Mezzatesta, che aveva rovinato la sua. E, alla fine, quando si arrende ai Carabinieri...

Finalmente, disse, potrò parlare con la Giustizia. Ché ci è voluto per poterla incontrare e dirle il fatto mio.

E anche questo, purtroppo, è un pezzo della nostra storia e della nostra cultura: il rapporto di sfiducia nei confronti della legge e di chi l'amministra...Antonello, per avere giustizia, deve farsi brigante.

P.S. : Alle pendici dell'Aspromonte vive l'ultima comunità che parla il grecanico, un derivato del greco antico o del greco bizantino, da qui il titolo del post; ἄσπρος , in greco antico, ha anche il significato, oltre a quello del latino “asper” (aspro), di “bianco”.