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venerdì 20 maggio 2016

Per Laura

Quid ergo ais? finxisse me mihi speciosum Laureae nomen, ut esset et de qua ego loquerer et propter quam de me multi loquerentur; re autem vera in animo meo Lauream nihil esse, nisi illam forte poeticam, ad quam aspirare me longum et indefessum studium testatur; de hac autem spirante Laurea, cuius forma captus videor, manufacta esse omnia, ficta carmina, simulata suspiria.
[Familiares, lettera II,9)

Che dici dunque? Che io avrei inventato il bel nome di Laura affinché [ce ne] fosse [una] e di lei potessi parlare e attraverso lei molti parlassero di me; ma che invece, in verità, nessuna Laura è nel mio animo, se non forse quella dei poeti alla quale è conclamato che io aspiri con lungo e indefesso studio; e che invece di questa Laura vivente, della quale io sembro esser preso, tutto è prefabbricato: finti i versi, simulati i sospiri.

Esatto, oggi parleremo di Petrarca, per colmare un'altra delle tante lacune di questo blog.
Come ricorderete, Francesco amava Laura o, almeno, così diceva, perché i suoi amici (Boccaccio in primis, ma anche G. Colonna, al quale è rivolta questa lettera) dubitavano che Laura esistesse.
Io sono propenso a credere, invece, che, in un modo o nell'altro, una Laura ci fosse.
Innanzitutto perché qualche Laura c'è sempre nelle nostre vite... Ad es., Laura si chiama la secondogenita di due miei carissimi amici...Un'altra Laura, poi, era, decisamente, la ragazza più bella della scuola....Un'altra ancora è una mia “nipote acquisita” e chissà quante altre ce ne sono state e quante ancora ce ne saranno....Ne vogliamo lasciare una a Petrarca?
In secundis, tutti noi tendiamo ad immaginare le persone in modo diverso da quello che realmente sono, sia nel bene che nel male, e, se è vero che i lirici tendevano a sublimare l'Amore cantando la loro donna ideale, è altrettanto vero che, se la persona amata non rispecchia quelli che sono i nostri “desiderata”, non per questo esiste di meno.
Del resto, d'amore non si ragiona ma si “sragiona” (altrimenti non è amore, è un'altra cosa!!!!)..
E, visto che abbiamo introdotto i ragionamenti d'amore(o gli “sragionamenti d'amore”, anche se, forse, questi ultimi sono, tra tutte le farneticazioni che siamo costretti ad ascoltare, tra i più sensati), concludiamo riportando uno dei sonetti più celebri e che tutti quanti abbiamo, a suo tempo, letto.

Sonetto XXXV, “Il Canzoniere”:

Solo et pensoso i piú deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l’arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi:

sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.

Ma pur sí aspre vie né sí selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co’llui.

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