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venerdì 2 marzo 2018

Di buon Mattino

…quedóse don Quijote esperando el día, así, a caballo, como estaba, y no tardó mucho cuando comenzó a descubrirse por los balcones del Oriente la faz de la blanca aurora…(Don Quijote de la Mancha , Capítulo LXI, parte 2ª)

Concludiamo il trittico dedicato alla Napoli letteraria di fine '800 (e inizio '900!) riservando questo spazio a Matilde Serao.
Come tutti saprete, nel 1892, insieme ad Edoardo Scarfoglio, Matilde fondò il “Mattino”, il giornale che regala il titolo al post odierno.
Da quelle colonne, la coppia diede voce ai lavoratori ed al sottoproletariato napoletano e quando scoppiò la c.d. “rivolta del pane” (1898), il giornale fu sottoposto a sequestro (e Scarfoglio dovette rifugiarsi all'estero!).
L'opera, per molti aspetti, più interessante della Serao è, comunque, “Il ventre di Napoli” , un vero e proprio pellegrinaggio tra i vicoli ed i bassi, un'accurata inchiesta-denuncia e, soprattutto, una confutazione puntuale delle immagini menzognere, diffuse ad arte, di un popolo e di una città.
La superficialità ed il pregiudizio sono, infatti, gli strumenti più vili per etichettare le persone e certe rappresentazioni macchiettistiche sono innocue solo apparentemente.
E ascoltiamo, allora, cosa ci racconta la scrittrice...
Iniziamo proprio dal lavoro...Già, perché la verità vera è che i napoletani lavorano di più e guadagnano di meno..

Le mercedi sono scarsissime, in quasi tutte le professioni, in tutti i mestieri. Napoli è il paese dove meno costa l’opera tipografica; tutti lo sanno: i lavoranti tipografi sono pagati due terzi meno degli altri paesi. …
I sarti, i calzolai, i muratori, i falegnami sono pagati nella medesima misura: una lira, venticinque soldi, al più trenta soldi al giorno per dodici ore di lavoro, talvolta penosissimo.
I tagliatori di guanti guadagnano novanta centesimi al giorno. E notate che la gioventù elegante di Napoli, è la meglio vestita d'Italia: che a Napoli si fanno le più belle scarpe e i più bei mobili economici; notate che Napoli produce i migliori guanti.

Per non parlare, poi, del vero e proprio sfruttamento al quale è sottoposto il lavoro femminile e quello minorile..
E, allora, visto che per molti riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena è quasi una vittoria campale, considerando che nelle case costruite per gli operai ci abita la borghesia, poiché i primi non possono permettersi di pagarne l'affitto, non resta che “il lotto”.

Tutte queste cose che la vita reale non gli può dare, che non gli darà mai, esso le ha, nella sua immaginazione, dalla domenica al sabato seguente; e ne parla e ne è sicuro, e i progetti si sviluppano, diventano quasi quasi una realtà, e per essi marito e moglie litigano o si abbracciano.
Alle quattro del pomeriggio, nel sabato, la delusione è profonda, la desolazione non ha limiti: ma alla domenica mattina la fantasia si rialza, rinfrancata, il sogno settimanale ricomincia.

E se la speranza rinasce puntualmente dalle sue ceneri, per le necessità più spicciole c'è, dietro l'angolo, in perenne attesa, l'usuraio.

Ma perché — si domanda — la povera gente non si rivolge ai due Banchi dello Spirito Santo e di Donnaregina? Perché si fa spogliare da queste agenzie? Gli è che a questi Banchi governativi il tramite è molto lungo — e molta gente non ha pazienza, non sa come fare, vuole sbrigarsi presto, è presa da una necessità urgentissima e preferisce entrare in una delle prime agenzie che trova, dove la servono subito, senza formalità e senza molte parole; gli è che in questi Banchi governativi la pubblicità è sempre grande, e una persona timida vi arrossisce di vergogna e preferisce entrare nella penombra discreta delle agenzie private, dove tutto sembra fatto con una grande segretezza; gli è che il venerdì ed il sabato, perché il popolo napoletano deve giuocare al lotto, ha giuocato, la folla è così grande che i Banchi governativi non bastano più e il popolino si riversa nelle agenzie private.

Eppure, nonostante i debiti ed i guai, la “pietas” recita sempre un ruolo di primo piano nel vissuto quotidiano di questa gente.

È naturale che il popolo non possa far carità di denaro, al più povero di lui, non avendone; ma si vedono e si sentono carità più squisite, più gentili....

La Serao ci illustra diversi esempi di “solidarietà creativa”, a dimostrazione che chiunque, se veramente vuole, può sempre dare qualcosa.
E la politica che fa?
Quello che si fa molto spesso quando la situazione è ingarbugliata e che Matilde chiama “Il paravento”..Il risanamento voluto da Umberto I, infatti, qualche miglioria l'ha apportata, ma i problemi sono ben lungi dall'essere risolti...

Entrando, poi, nel Rettifilo, l'occhio un po' distratto, un po' stanco del viaggiatore, scorrendo rapidamente, finisce per avere un senso di ammirazione, per la larghezza di questa via, per il suo disegno che, sino ad un certo punto, è bello. Mancano, è vero, gli alberi, che formano la poesia di tutti i paesi civili del mondo...

...il viaggiatore non vede che l'esterno; e la messa in scena del Rettifilo, del resto abbastanza felice, ottiene il suo effetto.

E dietro “il paravento” viene invece respinto il popolo napoletano, che non potendo abitare nella zona risanata poiché le pigioni sono troppo alte, finisce per concentrarsi ulteriormente nei quartieri più degradati ed insalubri, dove prosperano soltanto il vizio ed il delitto.

...e vi stupite delle statistiche dell'onta, del delitto, a Napoli, quando dimenticate che non vi sono scuole, che invano qualche anima buona di assessore grida, perché se ne aprano delle altre, mentre il goffissimo progetto del quartiere della bruttezza, a Santa Lucia, chiede un milione e duecentomila lire, poiché ciò fa comodo a un assessore qualunque! Non vi sono scuole, a Napoli, e questi cattolici che sono al Municipio di Napoli, non si vergognano di far perdurare questa cosa infame, che è l'analfabetismo, di cui tutti arrossiamo...

Fa un certo effetto pensare che, solo qualche settimana fa, un altro scrittore sensibile auspicava l'arrivo di un esercito di professori per arginare il fenomeno, che da alcuni giorni aveva guadagnato “gli onori della cronaca”, della delinquenza minorile...Scopriamo, allora, quando “Il ventre di Napoli” è stato “effettivamente” scritto..

Questo libro è stato scritto in tre epoche diverse.
La prima parte, nel 1884, quando in un paese lontano, mi giungeva da Napoli tutto il senso di orrore, di terrore, di pietà, per il flagello che l'attraversava, seminando il morbo e la morte: e il dolore, l'ansia, l'affanno che dominano, in chi scrive, ogni cura, d'arte, dicano quanto dovette soffrire profondamente, allora, il mio cuore di napoletana.
La seconda parte, è scritta venti anni dopo, cioè solo due anni fa, e si riannoda alla prima, con un sentimento più tranquillo, ma, ahimè, più sfiduciato, più scettico che un miglior avvenire sociale e civile, possa esser mai assicurato al popolo napoletano, di cui chi scrive si onora e si gloria di esser fraterna emanazione.
La terza parte è di ieri, è di oggi: né io debbo chiarirla, poiché essa è come le altre: espressione di un cuore sincero, di un'anima sincera: espressione tenera e dolente: espressione nostalgica e triste di un ideale di giustizia e di pietà, che discenda sovra il popolo napoletano e lo elevi o lo esalti!

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