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domenica 12 gennaio 2020

Best coach - parte terza

Concludiamo questa trilogia con la vita di Costantino il Grande.
A lui si deve la cristianizzazione dell'impero, un processo portato avanti con grande determinazione, nonostante la maggioranza dei sudditi si riconoscesse, allora, in altre religioni.
Ci baseremo, come avrete intuito, sull'opera di Eusebio di Cesarea.
Mentre il pregio delle “Vite Parallele” di Plutarco è quella di mettere in risalto luci ed ombre dei “grandi”, l'opera del biografo e consigliere dell'imperatore è celebrativa.
Del resto, senza i principi di moderazione e di benevolenza del Cristianesimo, il mondo, oggi, forse sarebbe diverso.
Inizieremo, però, con un episodio riguardante suo padre Costanzo, in quanto riguarda un tema “evergreen”: quello delle imposte!
Per una migliore comprensione, ricordiamo che siamo nel periodo della c.d. “Tetrarchia di Diocleziano”(293-305); per far fronte alle numerose rivolte interne, infatti, l'impero era stato diviso in 4 aree territoriali, ciascuna retta da un tetrarca:
  • Diocleziano controllava le province orientali e l'Egitto;
  • Galerio amministrava le province balcaniche;
  • Massimiano controllava Italia, Africa settentroniale e Hispania;
  • Costanzo amministrava Gallia e Britannia.
Narra l'autore che, a causa della sua mitezza e della considerazione in cui teneva i sudditi, Costanzo non avesse accumulato alcuna riserva di denaro pubblico.
Diocleziano, per questo, inviandogli dei messi, lo biasimò, accusandolo di trascurare il bene comune.
Costanzo, allora, trattenne i messi e chiamò a raccolta gli uomini più ricchi e disse che c'era bisogno di denaro e che era giunto il momento di mostrare la propria affezione all'imperatore.
Facile immaginare quale fu l'effetto: tutti fecero a gara per dimostrare la propria lealtà e colmarono il Tesoro con ogni genere di preziosi.


 
Dopodiché, Costanzo ordinò che i messi del sommo imperatore si recassero a vedere, di persona, le casse del Tesoro . Quindi, comandò che recassero testimonianza di quello che avevano visto a chi lo aveva biasimato per la penuria e che nel resoconto precisassero che tali ricchezze non erano state ottenute a prezzo di pianti né erano il frutto di ingiustizie, ma che si trovavano presso di lui mentre prima erano conservate, per suo conto, da fedeli custodi.

Immagine suggestiva, vero? La logica conclusione fu che l'imperatore, dopo aver elogiato i sudditi, disse loro di riprendere ogni cosa e di tornare a casa.
Vediamo, ora, come Eusebio di Cesarea dipinge Costantino...




Come il sole che appare sulla terra e distribuisce a tutti la sua luce irradiante, così Costantino, mostrandosi innanzi alla reggia al sorgere del sole, quasi si levasse insieme all'astro nascente, faceva risplendere sul volto di tutti quelli che gli stavano vicino la luce fulgida della propria generosità e del proprio valore. Non era possibile stargli accanto senza ricevere alcun beneficio né furono mai deluse le aspettative di quelli che speravano di ottenere da lui qualche favore.

E abbondano, infatti le citazioni sulla magnanimità dell'imperatore; tra tutte quelle sulla sua instancabilità nelle opere di carità, anche nei confronti degli appartenenti ad altre fedi religiose (N.D.R. : perché lo stato di bisogno prescinde da qualsiasi altra cosa!) , la testimonianza che più mi ha colpito è quella relativa alla particolare sensibilità che aveva nei confronti di coloro che prima erano stati agiati e poi, per un rovescio della sorte, erano caduti in disgrazia: Costantino ci insegna che il vero amore fraterno consiste nell'aiutare il prossimo a ricostruirsi una vita simile alla nostra.
Ogni eroe che si rispetti, però, ha bisogno di un antagonista...Tra le tante nefandezze attribuite a Licinio, scegliamo questa:


 
E che bisogno c'è di ricordare le altre disposizioni che non riguardavano la Chiesa, di come ordinò che le sofferenze dei carcerati non venissero alleviate con distribuzioni di cibo, né che si avesse pietà di chi giaceva in catene tormentato dalla fame, che non ci fosse assolutamente alcuna buona azione e che nemmeno coloro che, per indole, erano inclini alla compassione fossero autorizzati a fare del bene? Questa era la più crudele ed ingiusta delle leggi, perché andava oltre ogni ferocia: era previsto, infatti, come punizione per coloro che avessero mostrato pietà, che essi subissero la stessa sorte di quelli avevano aiutato e che chi avessero compiuto qualche atto filantropico venisse gettato in catene e ricevesse il medesimo castigo di quei miseri.

Già..Chi ha scelto la “cattiva strada” teme  perfino la bontà d'animo!
Leggiamo, infine, questo stralcio del resoconto che Eusebio di Cesarea ci fa del discorso di Costantino alla chiusura del sinodo, in quanto contiene, nella sua semplicità, l'essenza del messaggio cristiano.



 
Per questo occorre che ci si perdoni l'un l'altro quando si commettono errori di poco conto e che si sia indulgenti verso la debolezza propria della natura umana e che tutti tengano in grande considerazione l'armonia e la concordia, in modo da non offrire sponda allo scherno, litigando gli uni con gli altri, di coloro sempre pronti a bestemmiare la legge divina, che sono proprio quelli dei quali bisogna maggiormente occuparsi, in quanto possono essere salvati se i nostri comportamenti appariranno loro degni di emulazione. Non bisogna avere dubbi, inoltre, sul fatto che non tutti traggono beneficio dai discorsi. Alcuni, infatti, si accontentano di ricevere aiuto nel sostentamento, altri hanno il costume di cercare protezione, altri apprezzano chi li tratta con benevolenza, altri ancora amano essere onorati con doni ospitali, mentre pochi sono quelli che amano i discorsi veritieri ed ancor più raro è chi cerca la verità. E' necessario, perciò, adattarsi a tutti, così come fa il medico che somministra a ciascuno il giusto rimedio per la guarigione, in modo che gli insegnamenti che conducono alla salvezza vengano celebrati da tutti in ogni aspetto.

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