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sabato 13 luglio 2013

Un montanaro chiamato Viriato

Visto che di recente abbiamo parlato di grandi generali, di virtù e di peccati, considerando anche il fatto che vi sono alcuni spagnoli tra i followers di questo blog, celebriamo oggi uno degli eroi mito di questo paese, l'irriducibile Viriato. Vediamo innanzitutto come era Viriato, secondo questo stralcio del testo di Giustino.

Multum mea interest Viriati res gestas recordari, quem hostes ipsi plurimi fecerunt. Fuit Viriatus vir ingenti corpore, fortissimis membris optimoque ingenio, nihilique in eius animo socordiae umquam inventus est. Nullus Hispaniae dux magnus praeter eum fuit, qui annos decem Romanos variis victoriis fatigavit. In eo tantum virtutis continentiaeque fuit ut, cum consulares exercitus frequenter vicerit, non armorum neque vestis cultum, non victum mutaverit, sed in eodem habitu semper perseveraverit ita ut quivis gregarius miles ipso imperatore opulentior videretur. 

Mi interessa molto che siano ricordate le gesta di Viriato, che gli stessi nemici apprezzarono molto. Fu Viriato uomo dal corpo grande, dalle membra fortissime e di ottimo ingegno, e nulla di apatico è mai stato trovato nel suo animo.Nessun generale di Spagna fu più grande di lui, che fiaccò i Romani per dieci anni con varie vittorie. In lui ci fu così tanta virtù e continenza che, sebbene avesse vinto molto spesso gli eserciti consolari, non cambiò la cura delle armi né delle vesti, non mutò il vitto, ma nel medesimo abito sempre perseverò di modo che qualsiasi semplice soldato sembrasse più ricco dello stesso comandante.

Beh, libro di storia alla mano, Viriato fu un condottiero lusitano che fece vedere letteralmente i sorci verdi ai Romani. Un po' "Rambo" e un po' "Napoleone", di fronte alle più ingenti forze dei Romani, adottando la tattica della guerriglia, riuscì ad infliggere loro pesanti sconfitte. Alla fine i Romani, stanchi di 10 anni di guerra, assoldarono dei sicari tra le genti di Viriato e lo fecero assassinare. Tuttavia, per un popolo guerriero che aveva nell'onore il proprio credo, l'aver dovuto ricorrere ad un mezzo tanto vile per aver ragione di un esercito di montanari, bruciava molto e quando i sicari si presentarono per ricevere il compenso pattuito furono liquidati con il celebre "Roma traditoribus non praemiat", ossia "Roma non paga i traditori".
Ed  in effetti, dall'alba dei tempi i traditori hanno sempre ricevuto il disprezzo più alto e probabilmente non potrebbe essere diversamente ( e così affrontiamo un altro dei grandi peccati!!).
Dante li colloca nel nono, e ultimo, cerchio dell'Inferno. In verità, nella Divina Commedia c'è un vero e proprio trattato sul tradimento...  Dante distingue il peccato di frode, ossia la mancanza nei confronti di chi ci è congiunto da vincoli generici, dal tradimento vero e proprio che si ha quando la persona tradita è legata al traditore da vincoli tali o da situazioni tali per cui la persona di cui più si fida è proprio il traditore. I traditori sono poi divisi in quattro gruppi: 
  • i traditori dei parenti: nella Caina; 
  • i traditori della patria (o del partito): nell'Antenora; 
  • i traditori degli ospiti:  nella Tolomea; 
  • i traditori dei benefattori e delle somme autorità: nella Giudecca (tra questi ultimi c'è Bruto, che sarà poi in un certo verso "riabilitato" da Shakespeare, come abbiamo visto in un post precedente: Giulio Cesare ).


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