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sabato 24 maggio 2014

Diario di un uomo qualunque

Beh, per questa volta Odisseo dal multiforme ingegno non c'entra nulla: il “Nessuno” di oggi è Charles Pooter, un impiegato di una company della “City”.
Stiamo per parlare, infatti, di “Diary of a Nobody”, un divertentissimo libro dei fratelli Grossmith (1892) , che ci racconta sogni e frustrazioni, gioie e umiliazioni nella vita di sempre del più classico rappresentante della piccola-media borghesia durante l'epoca vittoriana.
A parte l'ilarità che straripa dalle sue pagine, il “Diario” è un interessante racconto su come eravamo perché, anche se il “British humour” non ci appartiene, alla fine tutti i piccoli-medi borghesi sono “fratelli”.
E chi non ricorda le discussioni con i commercianti quando ritenevamo, a torto o a ragione, di esser stati imbrogliati? Già, poi non ci si rivolgeva più la parola per un pezzo e si andava a fare compere dalla “concorrenza” almeno fino a quando non veniva firmata la pace (N.D.R. : la grande distribuzione ci ha privato del piacere di litigare e riappacificarci con il nostro negoziante di fiducia!). E chi non ha atteso con trepidazione qualche party dove era necessario far “bella figura”, preparando tutto con cura, salvo poi aver voglia di sprofondare sotto terra se ti si macchiava il vestito o ti si scuciva qualche capo d'abbigliamento poco prima dell'evento e bisognava ricorrere ad improbabili rimedi, come il talco, un rammendo o addirittura chiedere in prestito un abito “di rimpiazzo” ad un amico o ad un parente?
Per non parlare, poi, di quando qualcuno ci prometteva i biglietti per una partita di calcio importante o per uno storico concerto rock: dicevamo a tutti, per farci invidiare, che ci saremmo andati e alla fine restavamo, invece, a mani vuote.
E se tentavamo di fare noi, per risparmiare, qualche lavoro di casa come ritinteggiare le pareti? Il disastro era assicurato e la spesa raddoppiata!
Amarcord a parte, voglio proporvi un estratto del libro perché mi sembra particolarmente degno di riflessione. Durante una cena, Mr.Huttle, un affascinate parolaio (in verità, a me questa gente infonde solo noia), di quelli che giocano sempre a stupire per attirare su di sé l'attenzione, dice quanto segue:

Happy medium, indeed. Do you know "happy medium" are two words which mean "miserable mediocrity"? I say, go first class or third; marry a duchess or her kitchen-maid. The happy medium means respectability, and respectability means insipidness. Does it not, Mr Pooter?'

Un felice compromesso, davvero. Lo sapete che “felice compromesso” sono due parole che significano “miserabile mediocrità”? Io dico, viaggia in prima classe o in terza; sposa una duchessa o la sua aiutante di cucina. Il felice compromesso significa rispettabilità e la rispettabilità significa scialberia. Non è così, Mr.Pooter?

Già, una visione della società spaccata in due: da una parte quelli di successo, vincenti e spregiudicati, al di sopra delle regole e della morale e dall'altra il “proletariato” (o un “sottoproletariato”) abbrutito, senza una classe “media” a colmare il vuoto tra le altre due.
Eppure è proprio quella piccola-media borghesia perbene a creare il benessere generale di un paese e a salvarne, spesso, la dignità, quindi onore a Mr. Pooter, alla sua onestà e al suo senso della decenza. E onore quindi anche al suo “Diario” perché, come lui stesso dice, “it's the diary which makes the man” (é il diario che fa l'uomo).

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