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giovedì 6 febbraio 2014

Vento d'Irlanda

Facciamo un po' di storia e facciamola, come spesso avviene, attraverso gli occhi del cinema.
Il film scelto è “The Wind That Shakes the Barley “ (tradotto letteralmente “Il vento che scuote l'orzo”) di Ken Loach (2006) ed il tema affrontato è la guerra d'indipendenza irlandese (e la conseguente guerra civile), attraverso le vicende di due fratelli, gli O'Donovan.
In una terra dove gli inglesi la fanno da padroni cresce la rabbia dei giovani irlandesi e Damien, medico in procinto di trasferirsi per lavoro a Londra, decide di non prendere il treno e si unisce alla brigata dell'IRA comandata dal fratello Teddy.
Prendere o non prendere un treno può cambiare radicalmente la tua vita, l'avevamo già visto in un post precedente.
Brutalità e ritorsioni si susseguono, ma alla fine gli inglesi sono costretti a ritirarsi e a concedere all'Irlanda un po' di autonomia (siamo nel 1921). A questo punto l'esercito repubblicano si spacca: c'è chi si accontenta sperando di ottenere più autonomia in seguito e chi invece vorrebbe continuare la lotta fino alla conquista dell'indipendenza assoluta. Ma oltre che sulla strategia di medio-lungo termine, la divisione è proprio sugli obiettivi: da un lato la borghesia vorrebbe limitarsi a cambiare la bandiera e a mantenere le cose più o meno così come stanno e dall'altro gli oltranzisti vedono nella guerra la possibilità di mutare gli equilibri sociali (il livello di denutrizione infantile in Irlanda era piuttosto alto).
E questa divisione spacca anche gli O'Donovan e così Damien, ritenendo di essersi spinto troppo oltre per accettare il bicchiere mezzo vuoto, si ritrova dalla parte di coloro che vorrebbero continuare la guerra e Teddy, che è più realista e che preferisce portare a casa comunque un risultato piuttosto che correre il rischio di far tornare l'esercito inglese, si schiera con coloro che sono favorevoli al trattato con l'Inghilterra.
Scoppia quindi la guerra civile e sarà proprio Teddy a comandare il plotone di esecuzione che ucciderà Damien.
Ed è la logica, drammatica conclusione dell'eterno conflitto tra ideali e realpolitik che ritroviamo praticamente in ogni guerra/rivoluzione: il vero idealista è matematicamente condannato all'autodistruzione... Damien potrebbe salvarsi e vivere i suoi giorni con la donna che ama, ma non vuole: dal momento in cui ha giustiziato un suo amico d'infanzia, colpevole di aver rivelato, sotto pressione, i nomi dei componenti della brigata all'intelligence inglese, sente di essere giunto in un vicolo cieco dal quale può uscire solo con la morte.. Il compromesso per lui è inaccettabile, le suppliche del fratello, che vorrebbe salvarlo, inutili e noiose.

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