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domenica 27 aprile 2014

Il periodo delle primavere e degli autunni

Facciamo ancora un bel salto indietro e andiamo addirittura nel VI secolo a.C., un secolo davvero importante perché se in Occidente Solone regala ad Atene una “Costituzione” democratica (594 a.C.), consentendo la partecipazione alla vita politica della città anche agli appartenenti ai ceti meno abbienti, e viene fondata la Repubblica Romana (510 a.C.), in Cina, dove già nell' VIII secolo, con l'inizio del “periodo delle primavere e degli autunni”, erano emerse le “100 Scuole di Pensiero”, risplende la filosofia morale e politica di Confucio.
Ed il pensiero di Confucio, che l'Occidente conoscerà solo a partire dal XVII secolo d.C. grazie alla traduzione, da parte dei missionari Gesuiti, dei suoi testi in latino, sebbene non privo di elementi di conservatorismo, era estremamente innovativo per l'epoca ed eserciterà una grandissima influenza anche in Giappone, Corea e Vietnam.
A dire il vero, già prima, con le “100 Scuole di Pensiero”, il principio del Governo per “mandato del Cielo” si era un po' incrinato, ma gli insegnamenti di Confucio aggiungono una dolcezza nuova nella visione di quelli che dovrebbero essere i rapporti tra individuo e società.
Cominciamo dal principio cardine del Confucianesimo, ossia : “Se si desidera il bene delle persone, le persone saranno buone”. Il sovrano deve essere, per Confucio,  un esempio di sincera bontà; una visione, quindi, lontana mille miglia da quella del “Principe” di Machiavelli , così come l'uomo, per Confucio, è per natura buono (o almeno può esserlo!) mentre quello di Machiavelli tende inevitabilmente al male.
Nella filosofia politica di Confucio, l'esempio è fondamentale, così come lo è la meritocrazia: nella gerarchia sociale, i ministri ed i funzionari devono diffondere le idee del sovrano affinché la gente ne possa imitare la virtù e devono quindi essere gli uomini migliori a ricoprire queste cariche, quindi Confucio teorizza una nuova classe di amministratori selezionata secondo criteri meritocratici piuttosto che sull'appartenenza a famiglie illustri.
Naturalmente Confucio deve mitigare un po' questo suo pensiero con la tradizione del principio di ereditarietà, ma ciò non ne intacca l'essenza: superiore e subalterno hanno doveri reciproci ed è proprio su questa reciprocità che si basano la coesione sociale e l'armonia.
Ed il comportarsi con virtù, per Confucio, è anche il miglior deterrente per prevenire i crimini: piuttosto che adottare un sistema di “punizioni esemplari”, la cui inutilità ai più illuminati era nota già 2500 anni fa, secondo il Confucianesimo è meglio infondere al reo un senso di vergogna per il cattivo comportamento e infatti, tutt'oggi, nelle culture orientali il senso di vergogna per aver deluso le aspettative del gruppo è molto più forte che in Occidente.
Interessante, vero? Lo so, la società immaginata dal “Confucianesimo” è considerata una delle tante “Utopie” precedenti la nascita del pensiero politico moderno, secondo il quale lo Stato ha i suoi fondamenti nel pragmatismo e nella forza, nel “Contratto” e la conseguente “legalità”. Tuttavia, gli insegnamenti di Confucio hanno resistito perfino al regime comunista....

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