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lunedì 21 maggio 2012

Scrivere una lettera

Approfittiamo del fatto che l'ultima volta abbiamo parlato della Teologia della Liberazione e  che comunque in questi giorni ricorre l'anniversario della sua nascita per ricordare una delle figure simbolo dell'impegno sociale del cattolicesimo, Don Lorenzo Milani.
Come saprete, nel Laboratorio di Barbiana si praticava la scrittura collettiva (che deve essere una cosa bellissima e che mi piacerebbe sperimentare un giorno): "Lettera ad una professoressa" fu scritta insieme ai suoi ragazzi.
I tempi sono cambiati e forse oggi, anzichè alle professoresse, le quali ormai, salvo qualche caso patologico,  la lezione di Don Milani l'hanno imparata, la lettera bisognerebbe scriverla a imprenditori, "selezionatori del personale", e tutti coloro che continuano quella che Don Milani effettivamente denunciava, ossia la guerra dei ricchi contro i poveri. Se adesso con molti sacrifici un ragazzo proveniente da una famiglia onesta e modesta arriva a laurearsi, troverà molto probabilmente più ostacoli a collocarsi adeguatamente e ad avanzare nella carriera rispetto ad un coetaneo proveniente da una famiglia più agiata con un titolo di studio analogo o che magari ha interrotto i suoi studi al diploma.
E' questa, a mio avviso, la nuova frontiera.
Torniamo comunque a Don Milani e all'altro dei suoi celebri scritti: "L'obbedienza non è più una virtù".
Vi riporto questo breve stralcio di lettera scritto ai cappellani militari che si erano dichiarati contrari all'obiezione di coscienza:

Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro . Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
[.....]

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