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sabato 25 aprile 2015

Questioni di coscienza

Certe cadute ci ricordano la nostra fragilità e ci fanno rendere conto che il mestiere più bello, in assoluto, è quello del medico.
Mi sono chiesto, allora, come poteva essere lo stato d'animo di chi esercitava con scrupolo tale professione in tempi di guerra civile. Già, perché tutti avranno avuto bisogno del medico: fascisti, nazisti e partigiani. E se da un lato venivi atteso e accolto con impazienza e speranza, spesso quasi con religioso rispetto, dall'altro, sotto i panni del medico, c'era sempre l'uomo, con tutta la sua paura. Più che giustificata, del resto, perché si faceva presto ad accusarti di tradimento o di collaborazionismo, e dovevi farti veramente coraggio, per andare, quando ricevevi “certe chiamate”.
Il post di quest'anno è quindi dedicato a quei medici che, per seguire il loro ideale, hanno messo a repentaglio la libertà personale e la vita: per loro, la Liberazione ha significato anche poter tornare a fare, con serenità, il mestiere che avevano scelto.
E, anche se oggi è festa, non posso astenermi dal riportarvi almeno un pezzettino del giuramento di Ippocrate in “ancient greek”.

Giuramento di Ippocrate
Nelle case alle quali mi recherò, entrerò per il soccorso di coloro che sono ammalati, astenendomi da ogni ingiustizia e danno volontario, nonché da azioni lascive sui corpi delle donne e degli uomini, liberi e schiavi. E ciò che udirò sia nel corso dello svolgimento del mio esercizio che fuori dal mio esercizio sulla vita degli uomini , quello che non sia necessario divulgare, tacerò, considerando tali cose come mai essere state dette.

Perché “Resistenza” è anche andare e rifiutarsi di fare il delatore.
 
P.S. Qual'è la canzone della Resistenza per antonomasia? Esatto, non si può sbagliare. E' una canzone formidabile; se l'avessero conosciuta, l'avrebbero cantata anche i Greci durante le guerre persiane.
Ne ho abbozzato, quindi, una traduzione in Greco Antico.  Perdonate eventuali errori e buon 25 Aprile!
 
Καλὴ χαῖρε

Πρὸς ἡμέραν ἐγήγερμαι,
καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε χαῖρε χαῖρε
πρὸς ἡμέραν ἐγήγερμαι
καὶ ἑώρακα tὸν ἐπίμολον.

Σπουδαστὴ ἄγε με εἰς τὴν ἐμὴν σωτηρίαν
καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε χαῖρε χαῖρε
σπουδαστὴ ἄγε με εἰς τὴν ἐμὴν σωτηρίαν
ὅτι φοβέομαι τὸ θνῄσκειν.

Καὶ εἰ ἀποθνῄσκω ὢν σπουδαστής,
καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε χαῖρε χαῖρε
καὶ εἰ ἀποθνῄσκω ὢν σπουδαστής,
ὀφείλεις θάπτειν με.

Καὶ τὸ θάπτειν ἐπὶ  τοῦ ὄρους
καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε χαῖρε χαῖρε
καὶ τὸ θάπτειν ἐπὶ  τοῦ ὄρους
ὑπὸ τῇ σκιᾷ καλοῦ ἄνθους.

Πάντα τὰ γένη τὰ διαβησόμενα
καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε χαῖρε χαῖρε
πάντα τὰ γένη τὰ διαβησόμενα
μοὶ ἐρεῖ· ὡς καλὸν ἄνθος.

Καὶ τοῦτό ἐστι τὸ ἄνθος τοῦ σπουδαστοῦ
καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε,καλὴ χαῖρε χαῖρε χαῖρε
καὶ
τοῦτό ἐστι τὸ ἄνθος τοῦ σπουδαστοῦ
τεθνηκότος ὑπὲρ τῆς ἐλευθερίας. 

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