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mercoledì 21 marzo 2012

La condanna all'assurdo

Oggi vi parlerò di un libro letto alcuni anni fa, "L'Étranger" ("lo Straniero"), di Albert Camus, sia perchè viene pubblicato nel periodo che stiamo trattando, sia perchè l'assurdo che la fa da padrone nei romanzi di Camus è purtroppo sempre attuale, quasi fosse una condanna della società moderna.
Il protagonista del romanzo uccide, più o meno per legittima difesa, un uomo. Nel dibattito del processo che ne segue, in sostanza, di tutto si parla tranne che della dinamica dell'omicidio: l'argomento che più interessa è il perchè l'imputato non ha pianto al funerale della madre e non mancano testimonianze altrettanto "naif " come quella in suo favore fatta dal padrone di un cane al quale il protagonista aveva fatto una volta un complimento (quindi, se vedete un cane al guinzaglio del suo padrone, o viceversa, fate sempre un complimento alla bestiola, può tornare utile..). Alla fine Meursault, questo è il nome del nostro eroe, sarà condannato alla ghigliottina.
E l'assurdo (perchè, alla fine, assurda è la diffidenza, assurdo è il pettegolezzo, assurdo è il sospetto a priori così come la simpatia a priori), che spesso caratterizza le nostre relazioni sociali, fa si che alla fine "stranieri" (nel senso di "estranei") ci si senta un po' tutti: a chi non è capitato (o a chi non capiterà, prima o poi) di andare in un luogo per la prima volta e di avere la sensazione che lì la gente ci conosca meglio che il nostro abituale "entourage"?
Prendendo a prestito una frase di Henrich Boll (l'omonimo libro, comunque, è interessante), verrebbe voglia di chiedersi: Perchè la città si è fatta straniera? Probabilmente perchè ci siamo così abituati a vestire i panni dell'assurdo da pensare che questa sia la normalità

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