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giovedì 19 gennaio 2012

Garibaldi e la questione meridionale

Soddisfacendo la giusta richiesta di un lettore, vorrei spendere qualche parole sulla figura straordinaria di Giuseppe Garibaldi. Generoso, instancabile, sempre pronto a rispondere ad ogni chiamata della dea Libertà, scrisse con le sue "Camicie Rosse" delle pagine memorabili della nostra storia.
Massone ( ma la Massoneria del tempo era progressista), repubblicano, sempre pronto a difendere gli oppressi di tutti i paesi, si meritò il nome di "Eroe dei 2 mondi" per il suo impegno in Sud America.
Accanto al grande uomo, c'era però anche una grande donna, la brasiliana Anita de Jesus Ribeiro da Silva, anche lei coraggiosissima e morta dopo la caduta della Repubblica Romana (1849).
Ma torniamo all'impresa più importante, la conquista del Regno delle Due Sicilie: se l'arrivo di Garibaldi suscitò l'entusiasmo delle masse, il risveglio dopo l'unità fu amaro. L'economia del Sud fu letteralmente distrutta dalle imposte e dagli espropri dei nuovi governanti, gettando le premesse per l'immigrazione di massa. Il malcontento salì alle stelle e il brigantaggio assunse una dimensione di guerra di secessione. In effetti, i briganti all'inizio erano finanziati e supportati da clero e latifondisti, leali ai Borboni e timorosi di perdere i loro privilegi; successivamente però i vecchi potenti si misero d'accordo con i liberali piemontesi ed i briganti furono abbandonati al loro destino. L'esercito piemontese, per onor di cronaca, faticò non poco ad aver ragione del brigantaggio e la repressione che mise in atto fu più che feroce.
Non era certamente questa l'Italia che Garibaldi sognava: sulle macerie di un Sud umiliato e ferito nasce la "questione meridionale", espressione utilizzata nel 1873 dal deputato Billia per indicare la disastrosa situazione economica del Sud, questione che si trascina fino ai giorni nostri.
Un gruppo di studiosi, raccoltosi dietro Pasquale Villari, e che comprendeva anche Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti (la mia scuola elementare era a quest'ultimo dedicata)  cominciò presto a denunciare le responsabilità dell'Amministrazione, sin dal famoso articolo "Di chi è la colpa?" del 1866:

La colpa è del sistema che ci ha governati finora. Sono le consorterie, le malve, il piemontesismo, sono gli uomini che hanno sempre tenuto il mestolo in mano e sempre a danno del paese. Ora finalmente si vede chiaro dove ci hanno condotti...

Villari avrà modo di espandere questi concetti nelle sue "Lettere meridionali".
Aggiungo infine, a discreto della tesi che l'Italia si divide in "buoni" e "cattivi", che il Sud ha fornito con l'immigrazione al Nord un capitale umano di un valore di gran lunga maggiore dei trasferimenti finanziari fatti dal Nord al Meridione (vedere studio di De Meo).

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