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martedì 24 gennaio 2012

Mio fratello superuomo

Dopo aver introdotto Nietzsche va da sè che bisogna parlare di Dostoevskij. I rapporti tra i due sono complessi e, se da un lato Nietzsche lesse e ammirò  Dostoevskij, quest'ultimo, che non conosceva gli scritti del filosofo tedesco, ne anticipò le tesi (da quanto dicono i critici è abbastanza normale che i romanzieri arrivino sempre prima dei filosofi).
Come Cervantes, anche questo grande scrittore conobbe il carcere e questa esperienza influenzò i sui scritti, soprattutto "Delitto e castigo", uno dei miei preferiti.
Ma, a scanso di equivoci, il castigo del protagonista non è il campo di lavoro a cui è condannato alla fine, bensì il tormento che vive in ogni pagina del romanzo: egli ritiene di essere un superuomo e, per dimostrarlo, decide di uccidere una vecchia usuraia per utilizzare poi il suo denaro a fin di bene. Cercando mille motivazioni per la sua azione spregevole, in realtà testimonia ogni momento il suo fallimento: il superuomo, colui che è al di là del bene e del male, non ha dubbi e, soprattutto, non ha bisogno di dimostrarlo a se stesso. Ma questa verità Raskol'nikov la capirà solo dopo aver compiuto la sua azione.
Questi temi vengono ripresi nei "Fratelli Karamàzov", il romanzo più completo sotto il profilo della drammaticità e della moralità.
Anche in questo caso, alla fine c'è un omicidio: il capo famiglia viene ucciso da Smerdjakov, il figlio illegittimo (e trattato dal padre alla stregua di un servo). Smerdjakov nutre un'ammirazione smisurata per Ivan, l'intellettuale della famiglia, e passa dalla teoria ai fatti: basandosi sul principio che tutto è permesso, uccide il padre, fa incriminare Dmitrij, il primogenito, ruba il denaro e poi, deluso da Ivan dal quale sperava di ricevere l'approvazione del suo gesto, si suicida (e anche questo è, da un certo punto di vista, un atto di emancipazione). Si potrebbe quasi dire che l'unico "superuomo" è questo personaggio malato, tuttavia c'è nel romanzo un vero angelo, l'altro Karamàzov, Alëša, il contraltare di Ivan (i due hanno in comune la madre, mentre Dmitrij è figlio della prima moglie del padre e Smerdjakov è nato dalla relazione tra il padre e una donna demente): è lui il vero superuomo, colui che riesce a trasformare in luce il buio dell'odio.

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